Brunori Sas: «Il futuro? Non cambierà se non abbiamo il coraggio di ribellarci alle urla»
Si chiamava “Brunori Sa” e parlava di «giovani quarantenni» che faticavano a uscire dall’impasse. A quasi due anni dalla fine di quel programma, in onda su Rai 3, Dario Brunori, in arte Brunori SAS, è tornato a dare la sua visione del mondo contemporaneo con il nuovo album Cip!.
Un disco che esce alle porte delle elezioni regionali in Calabria, sua regione d’origine, che è forse il simbolo (insieme alla Sicilia) della difficoltà a riprendersi dalla stagnazione. Ma perché è così difficile anche solo immaginare che le cose possano cambiare?
«Secondo il mio produttore tutto è finito quando hanno messo il casco obbligatorio per i motorini», dice ironico in un’intervista a il Manifesto a firma di Claudio Dionesalvi e Silvio Messinetti.
«Ora non voglio dire che sia questa la ragione primaria, ma vedo che tutto nel nostro mondo attuale tende a tenere sotto controllo le persone, a spaventarle, a reprimerne il naturale anelito all’esplorazione, alla scoperta, all’uscire dal cortile e guardare il mondo con i propri occhi».
«La tecnologia poi fa il resto – continua – alimentando l’illusione che le rivoluzioni si possano fare in poltrona, fra una serie tv e l’altra. E poi ci abbiamo sbattuto il muso troppe volte. Genova 2001 è uno spartiacque, da allora in molti hanno iniziato a pensare che lo scontro diretto non fosse la soluzione più intelligente. Non giustifico, ma comprendo».
Video Credits: Open | Brunori Sas a Milano presenta il nuovo album Cip!
E le Sardine possono essere un passo avanti? «Non so se mi ritrovo del tutto nel loro linguaggio, ma penso capiti a tutti noi “vecchi”», dice. «Però sono convinto che è tempo di dare priorità alle cose che ci uniscono piuttosto che a quelle che ci dividono. Spero solo che l’ingenuità, insita in questo tipo di movimenti giovani, sia un valore aggiunto e non un’arma a favore di ciò che si vuol combattere».
Il canto e le urla: due linguaggi politici
«Questo disco nasce anche dall’amarezza, dal disincanto e dalla mortificazione che provo ogni giorno di fronte ai toni esasperati, alle urla, alla violenza e all’arroganza di una parte di umanità spaventata che reagisce al naturale mutamento della vita arroccandosi e mostrando i denti», spiega ancora Brunori nell’intervista.
«Avrei potuto scrivere usando lo stesso tono, urlando anch’io, ma non è nella mia natura e soprattutto mi sembrava ancor più forte rispondere alle urla con il garbo di un «Cip!», delicato ma anche cazzuto, come il pettirosso dipinto in copertina», dice. «Il mio non è un inno alla moderazione, ma uno sprone a non cadere nella trappola della baruffa che fa il gioco di chi a quel tipo di toni è più allenato».