«Giulio fa cose»: a 4 anni dalla sua scomparsa, i genitori di Regeni raccontano il figlio in un libro
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«Giulio fa cose». Esce oggi, edito da Feltrinelli, il libro dei genitori di Giulio Regeni, il ricercatore italiano di Cambridge assassinato il 25 gennaio del 2016 al Cairo, dove viveva e lavorava a una ricerca sul ruolo dei nuovi sindacati dopo le primavere arabe. Le circostanze della sua scomparsa non sono ancora state chiarite, a causa anche della scarsa collaborazione della procura egiziana e dei depistaggi delle autorità sotto il governo di al Sisi.
Quella di Paola Deffendi e Claudio Regeni è da allora una vera e propria lotta per la verità. Supportati e accompagnati in questo doloroso percorso dall’avvocata Alessandra Ballerini, hanno attraversato 4 anni senza indietreggiare di un millimetro. A due giorni dall’anniversario della scomparsa del figlio, Paola e Claudio hanno la stessa determinazione del primo giorno, e con la stessa discrezione e dignità che li ha sempre caratterizzati.
«Giulio era una persona cui piaceva il basso profilo», raccontano in un’intervista a la Repubblica. «Non amava parlare, mettersi in mostra, presentarsi per tutto quello che lo aveva visto impegnato. A lui piaceva stare con gli altri come persona. Per questo rimarrebbe stupito, oggi, a essere considerato un simbolo, ma una persona coerente, anche a costo di sembrare esigente».
Il bellissimo disegno di Massimiliano Riva.
— Verità Per Giulio (@GiulioSiamoNoi) January 19, 2020
Non occorrono altre parole.
Giulio fa cose.#veritapergiulioregeni pic.twitter.com/K6f8wgdXCk
«Giulio fa cose» è un libro che rappresenta una vera e propria dedica, un racconto di momenti familiari mirato a fotografare Giulio né come un simbolo, né tanto meno come una vittima: «La parola vittima ha una connotazione passiva che toglie identità e possibilità di espressione alle persone. Si contrappone alla parola cittadini che, invece, mantiene una connotazione attiva. Esprime quella facoltà di lottare per raggiungere un diritto: quello alla verità e alla giustizia».
«Siamo e ci sentiamo delle persone normalissime che si sono trovate, loro malgrado, in una situazione inimmaginabile», dicono. Inimmaginabile per il dolore che lascia la perdita di un figlio, e per la rabbia che deriva dall’impossibilità di avere risposte chiare da parte di un governo, quello egiziano, che non collabora, e da parte di un esecutivo, quello italiano, che non ha tenuto fermo il pugno come avrebbe dovuto.
Ma perseverare è un atto d’amore e, per questo, politico. E questo è il tempo di «fare cose», appunto: «Il governo italiano richiami l’ambasciatore dal Cairo (come avevano già chiesto nella lettera di giugno, ndr), coinvolga l’Ue e al Sisi risponda alla rogatoria della Procura di Roma», dicono. «Metta a disposizione i cinque ufficiali dell’intelligence accusati del sequestro di Giulio perché siano interrogati e perché vengano stabilite le loro responsabilità. Senza il solito mantra sugli sforzi di cooperazione per la verità e giustizia».
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