Bologna, «Dopo la citofonata di Salvini mi chiamano Yaya lo spacciatore». In 300 al Pilastro con il 17enne
Dopo la citofonata di Matteo Salvini lo scorso martedì a casa di una famiglia tunisina del quartiere Pilastro di Bologna, la vita del 17enne ha già subito i primi effetti, come lui stesso racconta. «Fino a 3 giorni fa mi chiamavano Yaya la ‘cartola’ (espressione bolognese che significa personaggio simpatico e brillante, ndr), adesso mi chiamano Yaya lo spacciatore, è stata una brutta botta».
Il ragazzo ha partecipato a un presidio spontaneo organizzato da residenti e associazioni del rione bolognese: «per reagire all’odio che si è scatenato», dicono gli organizzatori. Assieme al 17enne c’era il suo legale, Cathy La Torre.
In strada, davanti al cippo che ricorda i tre carabinieri uccisi nel 1991 dalla banda della Uno Bianca, sono scesi in tanti, oltre 300 persone. Tra loro anche il sindaco Virginio Merola, il presidente del quartiere San Donato-San Vitale, Simone Borsari, e il senatore di Leu, Vasco Errani.
«La nostra comunità è stata ferita – ha detto Borsari – da uno che è venuto qui e ha esposto a pericoli una famiglia, con un minorenne, che è stato messo alla gogna, e ha fomentato l’odio tra vicini di casa. Noi vogliamo dire che il Pilastro è altro, è diverso».
Non ci sono bandiere di partito, né slogan elettorali, ma non mancano i cartelloni contro Salvini. Uno di questi, il più fotografato, recita: «Al Papetee hai perso il Governo, al Pilastro hai perso le elezioni. Salvini grazie».
«Non ci facciamo strumentalizzare da nessuno – ha detto Merola – a questo ospite (Salvini ndr) noi diciamo che non ci faremo dividere, andiamo avanti uniti per fare il bene della nostra comunità».
Foto copertina: Lorenzo Tosa/Twitter |Manifestanti al presidio al quartiere Pilastro di Bologna