“Il diritto di opporsi”, il film che ci ricorda perché i diritti non sono mai scontati
Qual è il valore di una vita umana? Chi ha il potere di deciderne l’entità? E qualora questo valore dovesse venire annichilito, esiste la possibilità di obiezione?
Tratto da una storia vera, Il Diritto di opporsi narra le vicende del giovane avvocato afroamericano Bryan Stevenson, interpretato da Michael B. Jordan (Black Panther, Creed) laureato ad Harvard e con una brillante carriera all’orizzonte nel Nord America.
Ma Stevenson, nel 1989, decide invece di dare una svolta alla propria vita, scendendo nel profondo Sud degli Stati Uniti, e stabilendosi a Montgomery, in Alabama, per occuparsi di diversi casi giudiziari di uomini condannati a morte, spesso incarcerati senza regolare processo e, nella maggior parte dei casi, neri.
Al proprio fianco, troverà il sostegno dell’attivista bianca Eva Ansley, interpretata dal premio Oscar Brie Larson (Room, Short Term 12 e Captain Marvel), che lo supporterà alla ricerca di prove ed evidenze che scagonino gli uomini ingiustamente condannati alla sedia elettrica. Una scelta, quella di Eva, che la porterà a ritrovarsi contro buona parte della comunità bianca della cittadina dell’Alabama, mettendo a rischio la propria vita e quella della sua famiglia.
Tra i diversi casi seguiti da Stevenson e Ansley c’è quello di Walter McMillian, interpretato dal premio Oscar Jamie Foxx (Ray, Baby Driver – Il genio della fuga, Django: Unchained). McMillian è un operaio nel settore del legname, senza alcun precedente penale, che improvvisamente arrestato, imprigionato senza un regolare processo e condannato a morte per l’omicidio di Ronda Morrison, una giovane 18enne bianca.
Ma l’avvocato Stevenson crede fortemente nella possibilità di scagionare il suo assistito, anche date le numerose prove raccolte a sua difesa. Un pensiero diametralmente opposto a quello di McMillian che, con un approccio ormai cinico, dimostra di aver perso ogni speranza.
«Lei non sa come funziona da queste parti. Sei colpevole sin da quando vieni al mondo», dice con voce rotta Walter McMillian durante un colloquio con l’avvocato, con lo sguardo rassegnato di chi non ha più speranze di uscire dal braccio della morte.
Un’oscura consapevolezza che ha dilaniato l’anima del detenuto, certo che il male da combattere sia troppo radicato nelle persone e nella società, e che non possa esistere una via d’uscita da un destino che lui ritiene già scritto sin dal momento in cui è nato. Perché lui è nero, e di conseguenza socialmente e umanamente aprioristicamente colpevole.
Oltre il legal drama: un film sulla ricerca della dignità di ciascuna vita umana
Nonostante Il Diritto di Opporsi si sviluppi sul classico modello cinematografico del legal drama, la narrazione giudiziaria lascia spazio all’espressione umana, sociale e culturale dei personaggi protagonisti della vicenda.
Il regista e sceneggiatore del film Destin Daniel Cretton (Il castello di vetro, Short Term 12) lascia invece ampio spazio alla rappresentazione del razzismo nelle sue espressioni quotidiane più velate e spesso silenti. Azioni che al contempo plagiano l’anima delle vittime, financo a renderle certe che non possa esserci alternativa al destino a loro assegnato, anche malgrado le evidenze d’innocenza.
Una vicenda che a più riprese richiama Il buio oltre la siepe del premio Pulitzer Harper Lee, sia sul fronte dell’abuso di potere a sfondo razziale perpetrato da alcune autorità bianche nei confronti dei membri della comunità afroamericana, sia per il ruolo chiave dell’avvocato nel processo, che ricorda il difensore Atticus Finch nella strenua difesa dell’imputato nero, anche in quel caso totalmente innocente.
Ma a differenza del romanzo di Lee, la vicenda di Walter McMillian è accaduta – e viene coerentemente ambientata cinematograficamente – a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, a decenni di distanza dalle vittorie contro la segregazione e la discriminazione razziale degli afroamericani.
Il Diritto di Opporsi: la memoria e la perseveranza nella difesa dei diritti umani
Il film di Cretton è una trasposizione cinematografica di un episodio giudiziario narrato nel libro best seller Just Mercy: a story of justice and redemption, scritto dall’attivista e avvocato Bryan Stevenson, specializzato in processi d’appello di imputati condannati alla pena di morte. Il testo uscirà in Italia il 30 gennaio con il titolo Il Diritto di Opporsi per Fazi Editore.
Un libro potente che, attraverso il racconto di processi reali, porta a riflettere sulla storia, sulla politica e sul sistema giudiziario statunitense, mettendo in luce anche inganni legali e insabbiamenti che hanno portato all’esecuzione di uomini e donne innocenti, solo perché vittime di razzismo e vulnerabili sul profilo economico, a tal punto da non potersi permettere una solida e duratura assistenza legale.
Il Diritto di Opporsi mette in luce quanto alcuni mali siano radicati nella società e siano difficilmente estirpabili, malgrado le leggi, malgrado le sentenze storiche, malgrado le evidenze. Ma soprattutto rammenta che sia necessario ricordare e difendere con perseveranza, ancora oggi, i diritti civili acquisiti in passato, per non dimenticare le vittime di tali soprusi e ripetere gli errori del passato.
© Warner Bros. Pictures | Il Diritto di Opporsi
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