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Bufale e tesi cospirazioniste sul Coronavirus – Il fact checking

25 Gennaio 2020 - 16:33 Juanne Pili
Analizziamo i due principali filoni complottisti sul coronavirus cinese

Sono principalmente due le tesi complottiste sul nuovo coronavirus proveniente da Wuhan, in Cina. Una di tipo no-vax: il virus in realtà sarebbe già noto a una stretta cerchia di esperti, pronto per essere diffuso, allo scopo di obbligarci a comprarne il vaccino. La seconda presume una fuga di patogeni da un vicino laboratorio di ricerca, già oggetto di preoccupazioni quando venne costruito, per studiare le malattie infettive emergenti.

Un virus creato per obbligarci a comprare il vaccino

Si parla soprattutto di un virus creato in laboratorio, con tanto di brevetto, per imporre la vendita del relativo vaccino. Il brevetto sarebbe stato depositato nel 2015 e concesso nel 2018. Ma la fonte a cui si fa riferimento riguarda un diverso tipo di coronavirus.

Quello comparso in Cina è stato classificato come 2019-nCoV, il suo genoma è stato reso noto dalle autorità sanitarie cinesi, e reso pubblico in un database internazionale (cosa che invalida la tesi del brevetto); tanto che studi preliminari hanno potuto fare parzialmente luce sulle sue origini: risulta imparentato con un coronavirus del pipistrello e un altro ancora ignoto.

Il documento a cui fanno riferimento i cospirazionisti, pubblicato sul portale di Justia patents, riguarda invece il coronavirus attenutato della bronchite aviaria (Ibv), facente parte del genere «Gammacoronavirus». Si tratta di un patogeno che colpisce i polli domestici.

Dal testo capiamo anche, che non si tratta di un virus creato in laboratorio, ma «attenuato» (lavorato in laboratorio per renderlo innocuo). Chi diffonde questa fonte in rete, evidentemente non si è nemmeno preoccupato di leggerla.

Un tweet cospirazionista sul presunto brevetto del nuovo coronavirus.

Lo hanno creato i cinesi in laboratorio

Come recita un post pubblicato su Facebook da una pagina di troll, «nel 2017 la comunità scientifica internazionale lanciò un allarme sul laboratorio di Wuhan sospettando che non fosse in grado di poter gestire la sicurezza rispetto a materiale tanto pericoloso».

Si tratta del Wuhan National Biosafety Laboratory, progettato per studiare la prevenzione e il controllo delle malattie infettive emergenti.

Si fa riferimento a un articolo di Nature del 2017, dove «gli scienziati avevano avvertito che un virus pericoloso poteva sfuggire al laboratorio … alcuni scienziati al di fuori della Cina erano preoccupati per la fuga di agenti patogeni e per l’aggiunta di una “dimensione biologica alle tensioni geopolitiche” tra la Cina e altre nazioni».

L’articolo presenta però una sola firma, ed è una news, non un documento scientifico. Lo scrisse David Cyranoski, il quale accennava a «alcuni scienziati al di fuori della Cina», preoccupati per l’eventuale fuga di agenti patogeni. Il laboratorio è costato l’equivalente di 44 milioni di dollari e i criteri di sicurezza non mancano.

«Per dissipare le preoccupazioni sulla sicurezza -continua Cyranoski – è stato costruito molto al di sopra della pianura alluvionale e con la capacità di resistere a un terremoto di magnitudo 7». L’autore riporta anche dei precedenti nella Capitale: «il virus SARS è fuggito dalle strutture di contenimento di alto livello a Pechino più volte».

L’ipotesi che il coronavirus provenga da un laboratorio di ricerca nelle vicinanze.

L’ipotesi del virus sfuggito da un laboratorio viene ripresa anche da diverse testate italiane. Questo presume che sia stata creata – più o meno accidentalmente – a partire da un coronavirus già noto, come quello della Sars.

David Cyranoski è anche il co-autore di un recente articolo di Nature, dove si critica l’ipotesi che i serpenti possano aver fatto da tramite tra un coronavirus mutato dei pipistrelli e l’uomo, dando origine all’epidemia attuale. Nessun accenno all’ipotesi di una fuga di patogeni dal laboratorio di Wuhan.

Il resto dello studio, pubblicato sul Journal of Medical Virology, si avvale comunque di premesse accertate, basate sullo studio del genoma:

«I risultati ottenuti – spiegano i ricercatori – suggeriscono che il 2019-nCoV sia un virus ricombinante tra un coronavirus di pipistrello e un coronavirus sconosciuto. La ricombinazione si è verificata all’interno della glicoproteina virale S, che riconosce il recettore sulla superficie cellulare».

Le cose si complicano: il National Biosafety Laboratory nasce per occuparsi dei virus che colpiscono di sicuro gli umani, come quello della Sars, mentre gli esperti che studiano il genoma del 2019-nCoV si chiedono ancora come sia avvenuto il salto dai pipistrelli alle persone.

Inoltre, in mezzo hanno trovato tracce di un altro ceppo sconosciuto, che si suppone sia stato usato dai ricercatori cinesi, usando come “incubatore” un’altra specie animale. Siamo nella fantascienza.

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