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Oltre 20 esperti scrivono al gruppo Le Scienze «per una divulgazione responsabile»

27 Gennaio 2020 - 12:12 Juanne Pili
I gatti sono tra le principali minacce per la biodiversità. Una verità scientifica difficile da accettare, anche per alcuni divulgatori

Un gruppo di esperti ha scritto una lettera aperta al gruppo Le Scienze, preoccupati per il contenuto di un articolo intitolato «Disgattamento globale», firmato da Lisa Signorile, che minimizzerebbe l’impatto dei gatti vaganti sulla micro-fauna selvatica, soprattutto in Italia.

L’articolo è stato pubblicato nel blog L’Orologiaio Miope, ospitato dal gruppo Le Scienze, precedentemente ospitato dal National Geographic.

Trovate il testo integrale della lettera alla fine dell’articolo, con le firme degli oltre 20 scienziati che vi hanno aderito e il loro fact checking delle affermazioni di Signorile – con relativa bibliografia delle fonti – allegata in file pdf.

Proprio perché fornisce dati controllati sui fatti, la scienza, emendando pregiudizi e bias, è la cifra di un sano dibattito. Di fronte ai gatti però ogni certezza viene meno, anche se si è divulgatori scientifici.

Bias animalista su «Le Scienze»?

Signorile riconosce quanto emerso dagli studi, i gatti infatti «sono considerati una delle specie invasive peggiori che si conoscano – continua la divulgatrice – e sono responsabili, soprattutto in Australia e nelle piccole isole, di vere e proprie stragi di piccoli mammiferi, rettili e uccelli e partecipano attivamente alla loro estinzione».

Fa riferimento soprattutto alle affermazioni del responsabile australiano per le specie a rischio, Gregory Andrews. Si chiede però se «questi tentativi di controllo ed eradicazione dei felini di casa» abbiano effettivamente senso. «Sono davvero la sola causa di estinzione delle specie australiane?», domanda Signorile.

L’articolo, datato 2018, ha ottenuto notevole attenzione dopo che il gruppo di ricerca condotto dal dottor Emiliano Mori pubblicò dei risultati interessanti, riguardo all’impatto dei gatti vaganti sulla fauna selvatica in Italia.

«Sono oltre 200 le specie che possono essere uccise dai gatti domestici liberi di muoversi fuori dalle mura di casa», affermano gli scienziati citando l’articolo di Mori.

«Sebbene non siano noti effetti a livello di popolazione – continuano i firmatari – 34 di queste specie sono considerate minacciate o quasi minacciate». La fonte sono le liste Iucn (International Union for Conservation of Nature), la più autorevole istituzione scientifica internazionale in merito alla conservazione della natura.

Signorile, anche alla luce delle più recenti evidenze, cerca di minimizzare l’impatto del gatto libero sulla fauna selvatica, ma «esiste un grande consenso scientifico sul grave impatto che ha il gatto domestico sulla biodiversità», contestano gli scienziati.

Il fact checking sottoscritto da oltre 20 scienziati

Il senso delle argomentazioni di Signorile, in sostanza, sarebbe che i gatti non sarebbero il principale problema. I firmatari della lettera sembrano di ben altro avviso.

«Tutti i dati mondiali (compresa l’analisi dello scorso anno di BirdLife International, 2018), confermano infatti che i gatti uccidono addirittura molto più dei fucili.

Potrebbe essere dunque che il termine “ferale”, [usato dalla Signorile] riferito ai gatti inselvatichiti, non sia un refuso dovuto ad una inappropriata traduzione dall’inglese, “feral”, ma letteralmente “portatore di morte”».

Esistono poi delle imprecisioni contestate dagli esperti che hanno firmato la lettera. Per esempio, considerare i gatti domestici in Italia come autoctoni, ovvero originari del territorio.

«In termini ecologici, anche le specie introdotte dall’uomo in tempi antichi devono essere considerate alloctone (che provengono da un altro ecosistema) – continuano gli esperti – Effettivamente, si definisce alloctona ogni specie presente in un’area per azione dell’uomo.

Questo implica che nessuna specie alloctona diventi mai autoctona, neanche dopo 10.000 anni. Il nostro gatto domestico, inoltre, non è originata da Felis silvestris, ma si è originato per domesticazione del gatto selvatico del Mediterraneo orientale, a cui spetta il nome di Felis libyca».

Secondo gli scienziati il negazionismo dell’impatto del gatto sulla biodiversità risulterebbe dal fatto che «il gatto rappresenta un animale d’affezione legato perlopiù a sentimenti positivi».

A parole non è facile farsi un’idea. Ci può venire in aiuto una infografica della US Fish and Wildlife Service, inserita alla fine della lettera. Mostra le principali cause di morte «antropogeniche» degli uccelli.

Di una ci eravamo occupati anche noi, riguarda la collisione contro le vetrate dei grattacieli: è al secondo posto; al primo posto troviamo i gatti; al terzo ci sono gli scontri coi veicoli.

US Fish and Wildlife Service | I gatti sono la principale minaccia per gli uccelli.

Conclusioni – l’importanza di difendere la biodiversità

Nella conclusione i ricercatori criticano anche il dubbio sollevato secondo loro dalla Signorile, a proposito dell’eventualità che anche in Italia i gatti possano essere oggetto di controllo, tramite uccisione. Questo però sarebbe in contrasto con la Legge 281/91. 

«Sarebbe dunque fuorviante – continuano gli esperti – introdurre il dubbio che questo possa essere fatto anche in Europa. Il pericolo è che possa portare alcune persone ad infrangere la legge in tal senso la quale, invece, riflette una sensibilità elevata del pubblico nei confronti degli animali da compagnia».

Certo, non è facile accettare questa realtà, ma anche la difesa della biodiversità è importante. Per questo i sottoscrittori della lettera aperta si offrono disponibili per analizzare questioni complesse e delicate quali la conservazione, per cui è necessaria una divulgazione professionale e imparziale.

Essendo Le Scienze una buona rivista di divulgazione scientifica, nell’ospitare alcuni articoli fuorvianti in ambito conservazionistico c’è il rischio di dare autorevolezza a tesi controverse, che promuovono atteggiamenti sbagliati o scorretti da parte dei lettori.

Per esempio una persona che avesse letto l’articolo “Disgattamento Globale” potrebbe credere che lasciare liberi i propri mici di vagare fuori dalle mura domestiche abbia minimo o nullo impatto sulla fauna selvatica, quando è esattamente il contrario.

Il rischio potrebbe essere quello di fare più danni di quanti se ne volessero evitare.

La lettera aperta dei ricercatori a «le Scienze»

«Gentile direttore,

Ci sentiamo in dovere di chiarire alcune questioni relative all’articolo “Disgattamento Globale” pubblicato sul blog “L’Orologiaio Miope” redatto da Lisa Signorile e ospitato sul sito della rivista di divulgazione scientifica “Le Scienze” (già presente sulla precedente versione del sito del “National Geographic” nel gennaio 2018) e salito alla ribalta dopo l’uscita di alcuni articoli scientifici riguardanti le predazioni del gatto domestico sulla fauna in Italia, considerando che la pubblicazione della rettifica è un obbligo di legge (art.8 Legge 47/1948 sulla stampa).

Siamo sicuri che in tematiche complesse e sensibili quali ambiente e conservazione, il gruppo “Le Scienze” possa mantenere elevati standard divulgativi, qualora decidesse di rivolgersi agli scienziati esperti nella tematica in discussione oltre che ai cultori della materia. Riteniamo altresì che in problematiche così complesse e che toccano non solo la sfera conoscitivo- razionale ma anche quella affettivo-emozionale, sia necessaria una grande cautela, al fine di non indulgere a facili sotto- o sopravvalutazioni delle problematiche di gestione faunistica. 

Nell’offrire la nostra disponibilità, nel caso fossero necessarie delucidazioni su queste tematiche, e fine di chiarire alcuni dubbi, imprecisioni e lacune presentatisi, sottolineiamo la nostra attenzione nel formare un’opinione pubblica responsabile, nel rispetto delle evidenze scientifiche più recenti e nell’interesse della salvaguardia della biodiversità.

Cordiali Saluti».

Hanno sottoscritto la lettera:

  • Dr. Amori Giovanni, CNR – Institute of Research on Terrestrial Ecosystems, Roma
  • Dr. Ancillotto Leonardo, Università di Napoli “Federico II”
  • Dr. Balestrieri Rosario, Presidente Associazione ARDEA
  • Dr.ssa Bandini Margherita, Consigliere WWF Italy
  • Dr. Battisti Corrado, ‘Torre Flavia’ LTER (Long Term Ecological Research) Station, Città Metropolitana di Roma Capitale, Servizio Aree protette – Parchi regionali, Roma
  • Dr. Battiston Roberto, Conservatore dei Musei del Canal di Brenta, IUCN SSC/ Grasshopper Specialist Group
  • Prof. Bogliani Giuseppe e Consiglio Direttivo CISO, Centro Italiano Studi Ornitologici
  • Dr.ssa Corsini Giulia, Medico Veterinario, consigliere Patto Trasversale Per la Scienza
  • Dr.ssa Fazzi Paola, Wildlife Biologist
  • Dr.ssa Franzetti Barbara, ricercatrice Ispra
  • Dr. Genovesi Piero, ISPRA, Roma, Italia
  • Gippoliti Spartaco, IUCN/SSC Primate Specialist Group, Socio Onorario Società Italiana per la Storia della Fauna “Giuseppe Altobello”, Roma
  • Dr. Lapini Luca, Museo Friulano di Storia Naturale, Udine
  • Dr. Lucchesi Marco, Wildlife Biologist, Independent Researcher
  • Prof. Luiselli Luca, Rivers State University, Port Harcourt, Nigeria
  • Dr. Menchetti Mattia, Università di Firenze
  • Dr. Milana Giuliano, Wildlife Biologist
  • Dr. Milardi Marco, Ministry for Primary Industries, Aquatic Environment and Biodiversity, Wellington, New Zealand
  • Dr. Monaco Andrea, Regione Lazio
  • Dr. Mori Emiliano, Università di Siena
  • Dr. Peloso Francesco, Medico Veterinario e Tecnico Faunistico
  • Dr. Perco Franco, già Direttore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e Direttore dell’Osservatorio Faunistico di Pordenone
  • Dr. Puglisi Luca, Centro Ornitologico Toscano
  • Prof. Russo Danilo, Università di Napoli “Federico II”
  • Prof. Scandura Massimo, Università degli Studi di Sassari
  • Dr.ssa Scillitani Laura Ph.D. Wildlife Biologist
  • Dr. Zaccaroni Marco, Università di Firenze

Il fact checking sottoscritto dai firmatari, con tutte le fonti:

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