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Concorsi truccati: un ricercatore vince 8 anni fa ma ancora non ha il lavoro. La lettera aperta a Mattarella

30 Gennaio 2020 - 18:23 Redazione
L'episodio è accaduto nella sede della maxi inchiesta "Università bandita". Una piaga, quella dei concorsi truccati, che in Italia riguarda centinaia di ricercatori

«Avrei dovuto essere un ricercatore e docente universitario se in questo Paese l’Università rispettasse le leggi e premiasse il merito. Sono invece oggi, purtroppo, senza lavoro». Inizia così la lettera aperta a Sergio Mattarella di Giambattista Scirè, un ricercatore siciliano di 44 anni che da quando ne aveva 36 lotta per il proprio lavoro.

La stessa Università di Catania è stata la scorsa estate al centro di un’inchiesta per i concorsi truccati, che ha coinvolto 27 prove, 40 professori in tutta Italia e ha portato alla sospensione del rettore. La maxi indagine si chiamava “Università bandita“, e ha accertato come nell’Università nessuno spazio doveva essere lasciato a selezioni meritocratiche e nessun ricorso amministrativo poteva essere presentato contro le decisioni degli organi statutari.

Ma è una piaga, quella della validità dei concorsi, che riguarda centinaia di ricercatori ogni anno, e dalla quale sembra a volte non esserci via d’uscita: frasi come «è inutile provarci» e «si sa già chi vincerà» si sentono ancora troppo spesso tra i corridoi degli Atenei di tutta Italia. Quella di Scirè è solo la punta dell’iceberg di un problema comune tra i giovani che si apprestano a iniziare una carriera nel mondo accademico.

La lettera di Scirè

La lettera era stata inizialmente inviata via Pec lo scorso 20 gennaio, ma Scirè ha poi deciso di condividerla pubblicamente, dato che la vicenda «chiama in causa tutti i cittadini, giovani e meno giovani, e riguardano, più in generale il triste e drammatico destino di un Paese senza dignità».

«Ho chiesto al presidente della Repubblica – spiega – come può un cittadino o uno studente avere fiducia nelle istituzioni, nella politica e nell’università, quando chi ha dimostrato le proprie ragioni, con tanto di sentenze giudiziarie, viene isolato da tutto; invece, chi è accusato di condotte illecite viene premiato».

Il concorso di 8 anni fa

Otto anni fa, nel 2012, Scirè denunciò un concorso irregolare bandito dall’Università di Catania per un posto di ricercatore in Storia contemporanea nella sede di Lingue di Ragusa. La vincitrice, infatti, stando alla testimonianza di Scirè, era «una studiosa laureata in architettura, con un curriculum incentrato su titoli totalmente incongrui al settore disciplinare del concorso bandito e non in possesso del titolo di dottore di ricerca, oggi obbligatorio per legge».

Ci furono 3 sentenze del giudice amministrativo (2 del Tar Catania e 1 del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, l’omologo del Consiglio di Stato) e 1 sentenza del giudice penale, che stabilirono in forma ormai definitiva che il vincitore reale di quel concorso doveva essere lui.

Le sentenze hanno disposto un risarcimento economico in favore del ricercatore e hanno riconosciuto il danno cagionato dai commissari. Un danno non solo materiale, ma anche «psicologico ed esistenziale», alla «sua vita e alla sua carriera» («ipotecando il futuro, obliterando l’entusiasmo, rallentando il cammino professionale»).

Nessun contratto e carriera bloccata

«Nonostante le decisioni dei giudici e la condanna della commissione – scrive ancora il ricercatore – non ho potuto ottenere il posto a tempo determinato che mi spettava». A oggi, l’Ateneo di Catania non ha mai provveduto stipulare con Scirè un contratto regolare né, quanto meno, la sua proroga. La sua carriera accademica, di fatto, è stata bloccata 8 anni fa.

«Le chiedo di voler spendere una parola chiara e irremovibile di censura rispetto a certe azioni e a certi comportamenti – conclude nella lettera riferendosi a Mattarella – ristabilendo così la giusta misura in una vicenda che rappresenta un po’ la silloge dei tanti mali che affliggono la nostra Università e ristabilendo l’ordine delle cose in una società come la nostra, dove troppo spesso chi agisce con onestà, facendo il proprio dovere di cittadino e denunciando gli abusi di potere, viene messo inesorabilmente ai margini».

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