Fratture in carcere, una detenuta lancia l’appello: «Vivo un calvario, qui non mi curano»
«Vivo un calvario, qui non mi curano: aiutatemi». Non riesce a camminare da oltre un anno, da quando si è rotta due vertebre nel carcere di Reggio Calabria, scivolando dopo essersi fatta una doccia. Si tratta di Rosa Zagari, 44 anni, reclusa in stato di custodia cautelare con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Zagari ha affidato al suo legale un appello per chiedere di ricevere delle terapie adeguate in carcere. La sua vicenda, oggetto di una petizione nei mesi scorsi e segnalata dal garante nazionale dei detenuti, viene definita dall’avvocato che la assiste, Antonino Napoli, «un caso di violazione dei principi fondamentali della dignità e della tutela della salute che non si possono attenuare solo perché una persona è detenuta».
Stando al racconto del legale difensore e agli accertamenti dei periti nominati dalla difesa, la donna non è mai stata trattata in modo adeguato in nessuna delle tre strutture penitenziarie in cui è stata, né a Messina, né a Reggio Calabria, né a Santa Maria Capua Vetere – casa circondariale in cui si trova ora.
L’avvocato Napoli ha chiesto più volte che un gip si occupasse di nominare un medico legale in grado di fare una diagnosi non di parte, ma finora non ci sono stati riscontri.
I familiari hanno spiegato all’Agi che Zagari «ormai pesa 42 chili e la stiamo perdendo». «È ridotta malissimo – dice la sorella – mi ha detto che in carcere la prendono in giro sostenendo che finge. A gennaio è morta di dolore anche la mamma che si era spesa molto per farla curare».
Ai domiciliari una prima volta nel 2016 per l’accusa di favoreggiamento del latitante e compagno Ernesto Fazzalari, da cui poi è stata assolta, è finita poi in carcere nell’ambito di un’altra inchiesta. Dopo essere stata condannata in primo grado a 8 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso, è in attesa dell’appello.
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