Il calcio saluta Gaucci: da Tony Bin a Gheddafi, tra alti e bassi col suo Perugia
Istrionico, discusso, chiacchierato. Comunque un personaggio divenuto, nel bene e nel male, storia del nostro Paese. Luciano Gaucci, presidentissimo del Perugia, è morto oggi a Santo Domingo dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. Sregolata e folle, come una corsa dei cavalli che tanto gli piacevano.
Cavalli da corsa e scaramanzia
Uno, Tony Bin, gli ha cambiato la vita. Comprato per poche lire, vincitore addirittura sotto l’Arco di Trionfo, fu rivenduto per 7 miliardi di lire in Giappone. Cavalli di razza, cavalli di troppo. Come il quadrupede da corsa che Gaucci avrebbe regalato all’ arbitro Senzacqua con conseguente retrocessione del Perugia dalla B (appena conquistata) alla C1. Non il massimo come biglietto da visita.
Passionale, vulcanico, scaramantico, Luciano Gaucci è stato in sella al Perugia dal 1992 al 2004. Lo ha portato dalla C alla partecipazione alla Coppa Uefa attraverso le tappe più disparate. Lui, che in principio aveva chiamato la sua ditta di pulizie ‘La Milanese’ perché ‘Se l’avessi chiamata La Romana non avrei lavorato al Nord‘, aveva un conto aperto con i numeri. Il ’13’ del centrocampista Baronio era diventato una ossessione. Gaucci arrivò a dargli dello ‘jettatore’ in ragione del numero di casacca, costringendolo dopo battaglia legale a scrivere sul retro 1+3 al posto di 13.
Pepite e brocchi
Genialità, esagerazioni. Colpi più o meno mirati. L’acquisto di Nakata, che fece doppietta all’esordio contro la Juventus, fu un ‘botto’ sensazionale. Con Perugia invasa da sponsor e giapponesi, Gaucci si sentì fautore di una internazionalizzazione che presto diventò, però, forzata. Col tempo arrivarono anche i vari Kaviedes e Hilario, pescati su internet e rimasti nell’anonimato. Un po’ come Ma Mingyu e Ahn, anche se lo sconosciuto coreano ci giustiziò poi al Mondiale 2002.
Gheddafi e la bomber
Era invece conosciutissimo e giocò pure un quarto d’ora contro la Juventus Saadi Gheddafi, figlio del dittatore libico. Nessuno squillo di tromba, ma una squalifica per doping in curriculum. Nell’era gaucciana spazio anche a un’offerta per la bomber Birgit Prinz, la migliore calciatrice dell’epoca. Un miliardo di lire d’ingaggio rifiutato: Lucianone voleva farla giocare contro i pariruolo maschile. In panchina, qualche anno prima, era andata alla Viterbese (altra squadra del patron assieme a Catania e Sambenedettese) anche la brava Carolina Morace per guidare il club del presidentissimo. Autonomia? Due giornate. Con Gaucci, esperto in litigi e amante dei ritiri, era così: prendere o lasciare. Un terno al lotto, una puntata sui cavalli. C’erano quello vincente e quello perdente.
Foto di copertina Ansa