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Caso Regeni, i genitori: «Ambasciatore italiano al Cairo non ci risponde». L’avvocato: «L’Egitto ci spia»

04 Febbraio 2020 - 13:33 Redazione
«Al primo incontro Renzi ci chiese di venire senza il nostro legale», hanno detto i genitori del ricercatore ucciso in Egitto

Claudio Regeni e Paola Deffendi, genitori del ricercatore italiano ucciso in Egitto tra gennaio e febbraio del 2016, sono intervenuti davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso della morte del figlio Giulio.

In particolare, i genitori di Regeni si sono soffermati sulla decisione dell’ex ministro dell’Interno Alfano di rinviare in Egitto l’ambasciatore italiano e delle motivazioni addotte: «Si sono dimostrate fuffa velenosa. Chiedo che rapporti ha ora Alfano, che ora fa l’avvocato, col suo studio legale con l’Egitto», ha detto Paola Deffendi.

«L’ambasciatore italiano al Cairo Cantini da molto tempo non ci risponde, evidentemente persegue altri obiettivi rispetto a verità e giustizia, mentre porta avanti con successo iniziative su affari e scambi commerciali tra i due Paesi». Lo hanno detto i genitori di Giulio Regeni davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta all’uccisione del ricercatore friulano

Sui tentativi di depistaggio il legale della famiglia, Alessandro Ballerini, ha dichiarato: «Siamo spiati anche in Italia, costantemente. I nostri consulenti in Egitto vengono intimiditi. Se andiamo ai convegni come ieri sera c’è sempre qualche egiziano che fotografa. Il giorno della presentazione del docufilm su Giulio c’erano dei funzionari che ridevano impunemente».

I genitori del ricercatore hanno parlato dell’allora premier Matteo Renzi: «Abbiamo incontrato il presidente del consiglio per la prima volta il 7 marzo 2016 e ci ha detto di andare da lui senza legali. Una cosa molto strana. Ci ha detto che aveva una strategia per smuovere gli egiziani e subito dopo è apparsa un’intervista del presidente egiziano al Sisi a Repubblica», ha detto Claudio Regeni.

«Al secondo incontro- ha proseguito Claudio Regeni- Renzi ci ha fatto un discorso come se fossero già in Italia i famosi video delle telecamere di sorveglianza della metro del Cairo, cosa che a quel tempo ufficialmente non era ancora avvenuta».

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