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Il Coronavirus affonda il turismo: a rischio 4,5 miliardi. Veneto la regione più colpita

04 Febbraio 2020 - 19:01 Cristin Cappelletti
Turismo cinese in calo soprattutto a Venezia. Ma la colpa è anche dell'acqua alta

A fare le spese della psicosi per il diffondersi del Coronavirus è soprattutto il turismo. L’ultima indagine fatta dall’Istituto Demoskopika evidenzia come i Paesi con casi confermati di contagio potrebbero vedere una contrazione significativa dell’incoming turistico. L’Italia perderebbe ben 4,5 miliardi di entrate (alloggio, pasti, intrattenimenti, souvenir, regali), pari circa al 5% del prodotto interno lordo del settore.

Il 70% di questa, pari a 3,2 miliardi di euro, è concentrata in quattro sistemi turistici regionali: Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia. Sono quasi 5 milioni i turisti che nel 2020 potrebbero rimandare le loro visite in Italia generando una contrazione complessiva di 14,6 milioni di pernottamenti. Di questi il rischio più rilevante si registrerebbe dalla Cina con -1,3 milioni di arrivi e – 2,1 milioni di presenze.

«Se l’emergenza persiste – dice il presidente dell’Istituto Demoskopika, Raffaele Rio – il governo si attivi per lo stato di calamità turistica introducendo un sostegno economico per gli operatori turistici colpiti». Tra le regioni più colpite al primo posto c’è il Veneto su cui potrebbe pesare un calo di 971 mila arrivi, di oltre 3 milioni di presenze e, infine, con una contrazione della spesa turistica pari a circa 955 milioni di euro rispetto all’anno di riferimento individuato.

Venezia: Coronavirus e acqua alta

Ed è proprio Venezia, città simbolo del turismo veneto, che negli ultimi giorni ha visto ha visto crescere il numero delle disdette proprio a ridosso del Carnevale, un periodo in cui, più degli altri, la città lagunare diventa protagonista.

«Il Coronavirus – spiega il presidente degli albergatori lagunari – si riflette sul turismo cinese che sceglie Venezia solo per il 3%. La grossa fetta è invece rappresentata dal resto del mondo, specie degli Usa dove il pensiero principale è “restiamo a casa”. Dove ci si sente più sicuri, mentre mettersi in viaggio è un pericolo. La paura di viaggiare – osserva – ha messo in crisi qualsiasi paese, non solo l’Italia. È un problema planetario».

«Ma non è colpa solo del Coronavirus e della psicosi che l’accompagna», osserva Claudio Scarpa, presidente degli albergatori di Venezia che ricorda «la pubblicità negativa fatta dalla stampa estera scrivendo dell’acqua alta».

«Nelle settimane del Carnevale – spiega – il tasso di occupazione degli alberghi raggiunge il 100%, ora siamo ad una flessione del 30%”. Ma si ipotizza che la parabola continui». Una debacle che viene da lontano, dall’acqua appunto, con un meno del 50% del tasso di occupazione degli hotel nei primi due mesi dal quel nefasto novembre.

Tutta colpa, per Scarpa, di come la stampa estera ha restituito l’immagine dell’acqua alta «facendo palesare che qui ci sia stato una sorta di tsunami, trasferendo sui media l’immagine di una città inondata, sotto 1,87 centimetri di acqua che è il dato scientifico, quello registrato nel medio mare, quando in realtà era inferiore a un metro».

Calo di prenotazioni in tutta Italia

Ma ad essere preoccupate sono anche il resto delle regioni italiane. La Toscana potrebbe soffrire un calo di 695 mila arrivi, di oltre 1,8 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 778 milioni di euro; in Lombardia, con un calo di 673 mila arrivi, di oltre 1,6 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 685 milioni di euro.

Nel Lazio, con un calo di poco meno di 673 mila arrivi, di oltre 1,9 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 765 milioni di euro. A confermare la crisi nella Capitale Marco Misischia, presidente di Cna Turismo Roma: «Le disdette delle prenotazioni dei turisti cinesi, a cui si sommano anche quelle dei viaggiatori provenienti da paesi del Sud est asiatico e dai paesi adiacenti alla Cina, porteranno perdite significative per il settore ricettivo romano, stimate intorno al 30% del fatturato».

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