“BoJack Horseman”, ovvero: come diventare se stessi. Princess Carolyn, Diane e l’elogio del fallimento
Se chiedete a qualunque appassionato quale sia la puntata più bella di BoJack Horseman, l’80% delle persone vi risponderà Churro gratis. Per i meno esperti – o per chi non ricordasse a memoria i nomi di ogni singolo episodio – , si tratta del monologo di Bojack al funerale della madre. Ventisei minuti di stand up perfetto, una performance da far impallidire Rami Malek, il vincitore dell’Oscar come miglior attore protagonista dell’edizione 2019.
Qualcun altro vi citerà Fish Out of Water della terza stagione: all’esatto opposto dell’altro episodio, è ambientato quasi interamente sott’acqua e contiene una limitata quantità di battute e dialoghi. Il risultato, anche in questo caso, è un’armonia perfetta di elementi che tiene incollati allo schermo fino all’ultimo minuto.
In ogni caso, qualsiasi siano le varianti della risposta, ognuno sa che lascia dietro la sua scelta una cascata di puntate dal livello e dalla qualità quasi imbarazzanti per una serie tv animata. Provare a dire quale sia il filo rosso che lega l’opera di Raphael Bob-Waksberg disegnata dalla fumettista Lisa Hanawalt è un’impresa non da poco. Ma arrivati all’atto finale – SPOILER -, seduti sul tetto insieme a Diane e BoJack, la sensazione è quella di una boccata d’aria dopo una lunga e faticosa corsa.
Al 76esimo atto della serie, fatta di tentativi, sforzi, battaglie e cadute, i due personaggi sembrano dirci che, alla fine, aver fallito è stato proprio un bel risultato. Una liberazione, quasi. E, messo da parte BoJack, chi rappresenta al meglio l’illusione e il declino dell’american dream se non due personaggi apparentemente agli opposti – e che si sono incrociati davvero solo in poche occasioni- , come Princess Carolyn e Diane Nguyen?
«Mi dispiace, le hanno solo raccontato una storia»
Esiste un sito, bojackhorseman.fandom.com, che è fondamentalmente la bibbia per gli appassionati di BoJack Horseman. Lo è, quantomeno, per chi ha bisogno di una ripassata ogni volta che inizia una nuova stagione dopo un periodo di digiuno dagli episodi della serie tv americana.
Nelle innumerevole pagine del sito, ogni personaggio della serie è descritto per filo e per segno: c’è il loro background, il loro modo di vestirsi (persino come è cambiato nei diversi stadi della vita), il loro carattere e la loro evoluzione nel corso delle 6 stagioni.
Alla voce Pincess Carolyn (nella versione adulta 2011-2018) c’è la perfetta descrizione della self-made-woman: intraprendente, ottimista, intelligente, lavoratrice instancabile e ossessionata dal successo. Per le prime stagioni della serie, Princess è un personaggio quasi mitologico.
Lo spartiacque arriva nella nona puntata della quarta stagione (Ruthie), dove una sua pronipote (immaginata da lei stessa) racconta la storia della giornata peggiore di Princess Carolyn. Il lavoro nella sua agenzia sta avendo parecchi problemi e la sua relazione sembra sull’orlo di una crisi irreversibile a causa di un aborto. Come se non bastasse, l’orefice le ha appena rivelato che la collana che le aveva regalato sua madre non è un gioiello inestimabile proveniente da oltreoceano, ma un mediocre pezzo di bigiotteria. «Le hanno solo raccontato una storia», le dice. «Mi dispiace».
È nella quinta puntata della quinta serie (The Amelia Earhart Story) che si scopre il background di Princess. Cresciuta in una famiglia con problemi economici, di alcol e di droghe, il suo futuro sembra correre lungo un vicolo cieco. Finché a un certo punto, inaspettatamente, le si apre una finestra sull’ignoto: è stata ammessa alla UCLA, l’Università di Los Angeles.
Mettendo in discussione tutto e giocandosi la vita su una roulette russa («La differenza tra me e te è che io so qual è il mio posto», le dice la madre), sceglie di emigrare. Princess porta con sé tutti i sensi di colpa e le paure di chi se ne va: passerà il resto degli anni a provare a se stessa di aver fatto la scelta giusta, vivendo la vittoria professionale come unica prospettiva di redenzione. Altrimenti – sembra chiedersi – a cosa è servito tutto? Il risultato arriverà impietoso all’apice della sua carriera: il burnout.
«Questo non va bene, lo sistemo dopo»
Nel ventunesimo secolo “redenzione” significa “realizzazione individuale”, che a sua volta significa avere successo sul lavoro. Che sia un’azienda da mandare avanti o un grande romanzo da scrivere, poco importa: la performance perfetta che dà senso alla vita passa attraverso l’ossessione per i propri risultati.
E Diane, proprio come Princess Carolyn, sa bene di cosa si parla. Ritiratasi a Chicago con il suo nuovo ragazzo, passa le giornate a mangiare cibo spazzatura e mandar giù antidepressivi per riuscire a scrivere finalmente il libro di saggi che darà un senso alla sua infanzia, spesa in una famiglia ostile e in un contesto sociale difficile.
Dopo aver scritto la biografia di Bojack come ghost writer (rinunciando di fatto alla gloria) e aver lavorato in un giornale frivolo e “acchiappa click” che non rispecchiava le sue ambizioni, Diane è finalmente faccia a faccia con il momento perfetto della sua vita per scrivere il suo libro. Ma qualcosa ancora non va: l’aspettativa e la realtà non sembrano riuscire a incontrarsi nemmeno stavolta.
«Se non puoi scrivere quel libro.. scrivi quest’altro»
(Attenzione: molti, molti SPOILER). Sono passate 6 stagioni e i loro percorsi sono andati avanti quasi parallelamente, unite solo dalla figura di BoJack che le fa incontrare ai margini di qualche episodio e in qualche rapida telefonata di lavoro.
Ora Diane vive nella east coast e sta provando a scrivere il suo libro di saggi. Mangiata dalle aspettative e dalla paura di deluderle, non riesce a fare nessun progresso. Fino a che non riceve una telefonata da Princess Carolyn: si può pensare a un adattamento cinematografico del suo libro, ma a patto che glielo mandi nel giro di qualche giorno (meglio se ore).
Diane non ha nulla in mano, se non un abbozzo di una storia inventata su due piedi, che vede come protagonista una detective dalle sembianze di una commessa del centro commerciale. Princess Carolyn è estasiata: la trama è divertente, originale, leggera. Perfetta da vendere. Ma per Diane quel libro rappresenta la concretizzazione del suo fallimento: non ha raggiunto lo standard a cui si è aggrappata per tutta la vita.
Nella decima puntata (“Good Damage“), Diane e Princess Carolyn, sedute su una panchina, ci regalano quella che forse è la parte migliore del secondo capitolo della sesta stagione. «Se non scrivessi il mio libro di saggi significherebbe che tutti i traumi che ho avuto sarebbero solo traumi», dice Diane. «Non ne avrei ricavato nulla e per tutto il tempo sarei stata infelice per niente. Avrei potuto essere felice e scrivere libri su ragazze detective ed essere allegra, popolare, avere dei bravi genitori. A cosa è servito tutto?».
«Non lo so Diane», risponde Princess Carolyn. «Tutto quello che so è che questo libro sulla ragazza detective è divertente. […] E allora, forse… Scrivi quest’altro libro. Forse avrà lo stesso effetto». Diane sorride. Ma non è un sorriso di resa: è un sorriso di liberazione.
Leggi anche:
- One Piece diventerà una serie tv, con attori veri. Ma c’è chi trema pensando a Death Note
- Torna la banda di ladri più amata dello streaming: è in arrivo “La Casa di Carta 4” – Il trailer
- Netflix, la classifica di fine anno con i film e le serie tv “più viste” del 2019 in Italia
- Star Trek Picard promette di restituire profondità alla serie. Soddisferà le aspettative?
- Habemus “The New Pope”. Sorrentino celebra il suo rito nei peccati del Vaticano
- “Il fiuto di Sherlock Holmes” di Miyazaki è un buon motivo per iniziare a usare RaiPlay come Netflix
- Boom di ascolti per le ultime due puntate dell’Amica Geniale: Lila e Lenù conquistano 7 milioni di telespettatori
Immagine copertina: Netlfix | Princess Carolyn e Diane in un fermo immagine dall’episodio 06×10