Cosa fa (e cosa non fa) TikTok per proteggere la sicurezza dei suoi utenti. Anche sul coronavirus
236 video pubblicati al minuto, solo in Italia. I dati del 2019 sulla piattaforma nata dall’evoluzione di Musical.ly rendono bene l’idea di quanto sia diventata virale. Sempre nel 2019 ha raggiunto, in tutto il mondo, 1,5 miliardi di download.
Un po’ Instagram, un po’ YouTube, TikTok è una piattaforma in cui è possibile caricare brevi video, della durata di 15 o 60 secondi. Si possono seguire gli utenti oppure si può semplicemente girovagare tra la pagina principale e quelle degli hashtag cercando nuovi video.
Il suo pubblico, come spiega la stessa azienda, è composto soprattutto da ragazzi e ragazze. Certo, negli ultimi mesi colossi dei social come Chiara Ferragni o Matteo Salvini hanno fatto il loro sbarco sulla piattaforma, ma sembra che ci vorrà ancora un po’ di tempo prima di alzare in maniera netta l’età media degli utenti. La sicurezza dei dati, l’attenzione all’hate speech e alla disinformazione diventano quindi temi fondamentali su cui puntare per salvaguardare questa community. Temi che in parte l’azienda, controllata dalla cinese ByteDance, sta cercando di affrontare.
L’età minima, forse troppo facile da evitare
Come per Instagram, l’età minima per avere un profilo social su TikTok è 13 anni. Non serve molto per aggirare questa barriera: basta inserire una data di nascita fasulla nella fase di registrazione. Così è possibile accedere a qualsiasi contenuto senza alcuna limitazione.
L’unico modo per impedire che i minori di 13 anni usino la piattaforma è quello di inviare una segnalazione. Per farlo bisogna scrivere a privacy@tiktok.com. Dal 2019 è stata inserita anche la “modalità limitata” che impedisce a certi contenuti di raggiungere il nostro feed.
L’app è compatibile per la modalità parental control: nei dispositivi in cui è attivato il controllo da un account esterno è possibile quindi rimuovere dall’esterno l’app e impedire che venga installata.
I commenti, e il modo per bloccarli
Mark Zuckerberg lo sta imparando molto bene, soprattutto dopo le accuse rivolte ai suoi social per le elezioni negli Stati Uniti: la moderazione dei contenuti è uno dei punti più importanti da controllare nello sviluppo di una piattaforma basata sulla condivisione.
Quella di TikTok funziona con due passaggi. Una prima cernita dei video, ma anche dei commenti, viene fatta da algoritmi in grado di rilevare parole o immagini che violano le norme della community.
Una seconda selezione viene poi conclusa da un team di moderatori. Stando a quanto riporta l’azienda, questi controlli vengono fatti in ogni Paese da operatori diversi: ciò che in India può essere considerato offensivo, in Italia può non esserlo. Esattamente come per le dirette Facebook, anche qui ogni profilo può inserire delle parole chiave che, se usate, impediscono all’utente anche solo di pubblicare il commento. Non è possibile vedere quali parole sono state inserite in questo filtro dai singoli utenti.
Le fake news, e quello che si può fare per arginarle
Non solo balletti, non solo lip sync non solo prank. Su TikTok cominciano a esserci molti video con approfondimenti e guide su diversi argomenti. Medici, scienziati, avvocati e tecnici informatici offrono consigli o racconti sulle loro professioni. Molti di questi si possono trovare con gli hashtag #edutok o #edutokita.
Ma non solo. Come nelle altre piattaforme di condivisione, anche qui le fake news hanno trovato un loro canale di diffusione.
Un esempio, attuale, è quello del Coronavirus. A fine gennaio Fanpage ha riportato il caso di un adolescente del Canada che su TikTok ha finto di aver contratto il coronavirus. In Italia l’utente @jingherly ha fatto un video, abbastanza allarmista, in cui spiega quali sono i rischi del Coronavirus in Italia. Tutto con una mascherina sulla bocca, misura preventiva che molti esperiti hanno già definito eccessiva.
Cercando su TikTok l’hashtag #coronavirus si arriva a una pagina che ricorda agli utenti di informarsi dalle fonti ufficiali, come il portale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità o i ministeri della Salute di ogni Stato. In questo alert, simile a quello che si trova cercando lo stesso hashtag su Twitter, si chiede anche di segnalare eventuali contenuti che riprendono notizie false. Il primo video però che compare nell’hashtag – e anche quello con più interazioni – è proprio quello di @jingherly.
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