Il governo può veramente cadere sulla prescrizione?
Matteo Renzi sulla prescrizione ha lanciato il guanto di sfida con il “No” secco al lodo Conte bis. Si tratta dell’esito dell’ultimo consiglio dei ministri dopo l’accordo fra Pd, Movimento 5 Stelle e LeU che prevede lo stop solo per chi è condannato in primo grado. La partita si aprirà al prossimo Cdm di lunedì 10 febbraio, quando Italia Viva potrebbe astenersi o decidere di mettere a verbale la propria contrarietà alla riforma.
Renzi ha chiarito che il suo partito non voterà in Aula la soluzione di compromesso trovata dagli alleati di governo, ma assicura che l’esecutivo non è in pericolo: non ci sarebbe nessuna intenzione da parte di Italia Viva di ritirare i propri ministri né di sfilarsi garantendo un appoggio esterno da Prima Repubblica. Quel «non avete i numeri, soprattutto al Senato» dell’ex premier però pesa come un macigno sul futuro del governo giallorosso.
I numeri
La maggioranza a Palazzo Madama può contare sui 36 scranni residui del Pd (dopo la scissione) e dei 98 dei 5 Stelle. Poi c’è il gruppo Misto e quello delle Autonomie: fra le loro fila, fino ad oggi, i voti che hanno sostenuto l’esecutivo sono stati 21, fra cui quelli degli eletti con LeU e degli ex senatori del M5S. Senza i parlamentari renziani, i potenziali sì alla nuova prescrizione si fermerebbero a 155: cioè decisamente sotto la soglia di maggioranza di 161.
Sul fronte dell’opposizione Forza Italia (61), Lega (60) e Fratelli d’Italia (18) totalizzano 139 seggi. Ma se si sommano a questi quelli di Italia Viva (17) e quelli dei senatori di Misto e Autonomie che non hanno votato la fiducia fino ad ora (5, tra cui Gianluigi Paragone) si raggiunge quota 160: in pratica una maggioranza alternativa.
La sfida politica
L’esecutivo quindi rischia veramente? Molto dipenderà dalla modalità con cui il lodo Conte bis verrà portato in Parlamento. Si parla di un emendamento al Milleproroghe o, in alternativa, di un decreto ad hoc. E soprattutto se sul provvedimento verrà posta la fiducia: in quest’ultimo caso un voto contrario di Italia Viva la collocherebbe con un piede fuori dall’esecutivo giallorosso.
Al di là dei numeri, lo scontro sul tavolo è politico e comunicativo. Italia Viva, fuori dalle questioni di merito, gioca la sua partita di visibilità, così come sulle plastic e sugar tax. Mostrandosi non appiattita sulle posizioni del M5S e del Pd, cerca di aprirsi una spazio al centro (e magari al centrodestra) dove, almeno secondo i sondaggi, non è riuscita a sfondare.
I tempi del braccio di ferro
Per capire se veramente Matteo Renzi e i suoi sono disposti a mandare a casa il governo sulla prescrizione bisognerà però probabilmente aspettare. Nel consiglio dei ministri di lunedì verrà ufficializzata la loro contrarietà, ma passerà del tempo (difficile prevedere quanto, dipenderà molto dalle calendarizzazioni delle Aule).
Una data certa però c’è già ed è quella del 24 febbraio quando i renziani, se non ci saranno nuovi, imprevedibili sviluppi, alla Camera sembrano pronti a votare il ddl del forzista Costa che di fatto blocca la riforma del guardasigilli grillino Alfonso Bonafede sulla prescrizione. L’alternativa proposta da Renzi, cioè il cosiddetto “lodo Annibali” (un emendamento al Milleproroghe che sposterebbe dodici mesi più in là l’entrata in vigore della riforma) non avrebbe possibilità di superare il vaglio.
Il partito sotterraneo pro-governo (e legislatura)
Insomma, passata quella che può essere considerata come la tregua sanremese, da domani ricomincia il braccio di ferro. Come abbiamo visto, però, non sarà nell’immediato che si potrà capire se davvero l’esecutivo reggerà il colpo. Come sempre, sotto il cielo della politica romana, fare previsioni è altamente rischioso.
Cio che certamente si può rilevare è che, dopo lo scampato pericolo delle elezioni in Emilia-Romagna, con la vittoria di Bonaccini che ha bloccato – per il momento – la possibile scalata a Palazzo Chigi di Matteo Salvini, sono in pochi a credere davvero che Renzi, levatrice più di altri del governo giallorosso, voglia porre fine ai suoi giorni quando è, in sostanza, ancora in culla. Soprattutto visto che un ritorno alle urne – probabile, ma non certo, in caso di crisi – lo vedrebbe leader di una formazione decisamente minoritaria.
Di più: a suggerire che la fine dell’esecutivo non sia vicina, ci sono le voci che arrivano dai dem, ma non solo, che suggeriscono che ci sarebbero diversi (si parla di una ventina) senatori centristi (ma anche del centrodestra) disposti ad arrivare in soccorso del governo sulla prescrizione se Italia Viva dovesse far mancare i suoi voti.
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