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Chi è Salvatore Nicitra, il boss della Magliana che gestiva il racket dell’azzardo di Roma anche dal manicomio criminale

11 Febbraio 2020 - 09:54 Redazione
L'uomo, con una storia da "romanzo criminale", sarebbe il capo dell'associazione a delinquere colpita oggi da 38 arresti dei carabinieri

Un nuovo Re di Roma Nord. Dopo che si è eclissata la “stella” di Massimo Carminati un altro boss sembra avere preso il controllo della criminalità nella zona settentrionale della Capitale. Al centro degli affari di Salvatore Nicitra non ci sarebbero però la gestione delle cooperative, come nel caso del “Nero”, ma quella del settore del gioco d’azzardo. Il ruolo di primo piano di Nicitra è stato portato alla luce dopo il bliz dei carabinieri che oggi ha portato all’arresto di 38 persone, considerate a vario titolo legate in un’associazione a delinquere guidata appunto dallo stesso Nicitra, in una vasta operazione ha coinvolto le province di Roma, Viterbo, Terni, Padova, Lecce, oltre che Spagna e Austria.

Così come Carminati, che però rimase sempre una sorta di battitore libero, Nicitra, nato a Palma di Montechiaro (in provincia di Agrigento), inizia la sua carriera criminale fra le fila della banda della Magliana. L’uomo, che per gli investigatori avrebbe negli anni preso il controllo, con modalità mafiose, della distribuzione e gestione delle apparecchiature per il gioco d’azzardo (slot machine, videolottery, giochi e scommesse on line), nel 2018, era stato arrestato nell’ambito dell’indagine “Hampa” su un giro di estorsioni nella Capitale, e veniva definito dai pm, senza mezzi termini, «il controllore di tutta la criminalità di Roma Nord».

La banda della Magliana

A leggere le carte giudiziarie in cui è citato, Nicitra sembra essere una delle più importanti figure cresciute appunto all’ombra della banda della Magliana, un personaggio da “romanzo criminale”. Con alcuni misteri irrisolti, come in diversi casi per gli esponenti dell’organizzazione, che lo riguardano in prima persona: nel giugno del 1993, mentre è detenuto in carcere per mafia, il fratello Francesco e il figlio Domenico di 11 anni scompaiono e non verranno mai più ritrovati.

Lo zio Francesco e Domenico Nicitra in una foto del 1993, all’epoca della scomparsa. ARCHIVIO / ANSA

Nel processo alla banda della Magliana i magistrati descrivono Nicitra come «un esponente di primo piano della criminalità romana» e spiegano che« gli
elementi probatori raccolti nel procedimento» evidenziano «suoi ripetuti contatti con elementi della banda della Magliana».

Il giudice istruttore Otello Lupacchini nell’ordinanza-sentenza contro l’organizzazione traccia un ritratto significativo: «Salvatore Nicitra, siciliano, con trascorsi di rapinatore, già amico di Franco Giuseppucci e referente di Enrico De Pedis per la commercializzazione della droga nella zona di Pimavalle, il quale per la sua capacità di gestire il gioco, venne anch’egli arruolato nella banda per conduzione di circoli privati».

Nicitra, inoltre, avrebbe avuto anche una propria “batteria” (cioè una squadra di criminali di cui era a capo) «in confitto con Bebo Belardinelli, operante anch’egli a Primavalle e a sua volta nemico di Danilo Abbruciati», dichiara ancora Lupacchini.

Primavella, negli anni Ottanta, fu terreno di scontro di una guerra senza esclusione di colpi con attentati, ferimenti ed omicidi. In un rapporto operativo dei carabinieri del 16 giugno del 1990 si trova la descrizione del radicamento mafioso nella città e del ruolo di Nicitra in quel sistema.

«L’attività investigativa svolta dai Carabinieri – scrive l’Arma – al fine di stabilire connessioni tra criminalità organizzata ed altre organizzazioni criminose di tipo mafioso o camorristico, nei quartieri di Primavalle, Casalotti e Montespaccato, portava ad acclarare la presenza ormai affermata di specifici ed individuali episodi criminosi, ascrivibili ad un gruppo di persone che, aventi a fattor comune o la stessa terra d’origine o il luogo (borgata) di domicilio, incutono e riscuotono timore e rispetto fra la popolazione della borgata».

Salvatore Nicitra oggi

«I medesimi identificati, tra gli altri – scrivono ancora i carabinieri – in Salvatore Nicitra ed Eugenio Serafni, venivano indicati come successori dei Belardinelli nella gestione delle attività che a costoro facevano capo, dal gioco d’azzardo al toto nero, dalle scommesse clandestine all’usura, alle estorsioni, circondati da un’aura d’impunità, sia per la loro particolare scaltrezza nell’eludere le investigazioni di Polizia e sia perché molte persone che hanno subito prepotenze, soprusi e violenze nonché ricatti di ogni tipo, preferiscono non denunciare le loro malefatte per paura di più gravi rappresaglie».

Il “vizio totale di mente”

In particolare, Salvatore Nicitra è descritto come: «personaggio di spicco dell’organizzazione capace di esercitare e godere notevole ascendente nei confronti dei consociati, il quale non ha disdegnato, in passato, di ricorrere a minacce, intimidazioni e violenze nei confronti di quanti si siano opposti alla sua volontà, facendo anche leva sull’attestato «vizio totale di mente», riconosciutogli in passate sentenze penali di cui egli stesso si fa vanto».

Infatti Nicitra ha evitato per anni condanne per traffco armi, rapina e omicidio grazie a questo «vizio totale di mente». Come altri capi della banda della Magliana, come Colafgli, e di altre organizzazioni di stampo mafioso come Michele Senese, ha trascorso le sue detenzioni non in carcare ma in manicomi criminali.

Il grande vecchio

Diciotto anni dopo la condanna definitiva come membro della banda della Magliana, nel 2018 Nicitra viene arrestato appunto nell’ambito dell’inchiesta “Hampa” con l’accusa estorsione aggravata dal metodo mafioso. Oggi per i magistrati Nicitra è una sorta di “saggio”, un grande vecchio che controlla gli equilibri criminali di Roma Nord.

La Capitale apparirebbe in questo quadro suddivisa per aree e controllata, direttamente o indirettamente, da mafie locali e da gruppi autoctoni che usano il metodo mafioso operando in sinergia con tutte le mafie presenti a Roma: per il recupero credito, estorsioni, l’usura e il traffico di droga. Ma per evitare che i conflitti creino problemi agli affari, i boss romani devono rimanere in contatto costante e riconoscersi il rispettivo ruolo nei quartieri.

Gli inquirenti lo definiscono uno «scenario complesso» e non è chiaro chi stia alla regia degli equilibri fra il “mondo di sotto” e del “mondo di sopra”. Ma in caso di rischio di confitti armati si fa ricorso a mediatori, suddivisi per aree geografiche, che siano in grado, per la loro caratura criminale e il rispetto conquistato sul campo, di risolvere le controversie sorte. E Nicitra sembra essere proprio una di queste figure.

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