Modena, basta con i voti. Per le classi di prima elementare arrivano le emoticon
Andare «oltre le discipline». È così che l’istituto comprensivo Rodari di Modena ha deciso di andare oltre i voti per sperimentare un nuovo metodo di valutazione: le emoticon. Saranno i bambini stessi delle classi 1A e 1D, coinvolte nella sperimentazione, a compilare una scheda con le emoticon in base alla loro percezione dell’argomento in questione. Il giudizio sarà integrato con quello dei docenti che parallelamente compileranno un’altra scheda.
«Ai genitori di queste due classi pilota di prima abbiamo presentato fondamentalmente il modello di pagella per l’autovalutazione», ha detto il dirigente Daniele Barca alla Gazzetta di Modena. «Ma è solo la punta dell’iceberg, perché l’intento di questo progetto abbraccia tutto il “sistema scuola”: vorremmo infatti arrivare a proporre questa sperimentazione in maniera interdisciplinare dai 3 ai 14 anni».
Una rivoluzione partita già dal registro elettronico dove la scuola ha deciso di non rendere i voti visibili alle famiglie per «costringere la famiglia a un maggiore dialogo con l’istituzione e anche con i figli stessi». «Il tutto – spiega Barca – avverrà tenendo in considerazione gli aspetti legali e burocratici, partendo dall’articolo 1 del DL 62/2017 che pone come oggetto della valutazione il processo formativo e le acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze con le finalità educative e non sommative della valutazione stessa».
Ma per Maddalena Gissi della Cisl le emoticon come valutazione è «proprio l’ultimo problema che abbiamo». In un commento all’Ansa, Gissi ha sottolineato che «sono esperienze che vanno rispettate, rientrano nell’autonomia scolastica e spero siano state debitamente condivise con i genitori, ma mentre il palazzo brucia pensare alla fontanella dell’acqua non è certo di grande aiuto».
Più drastico il segretario della Uil scuola: «Sono basito – ha detto – le emoticon si trovano nei servizi pubblici degli aeroporti per valutarne la pulizia: scimmiottare il mercato è pericoloso; la scuola dovrebbe decondizionare i messaggi della società e non omologarsi a quelli».
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