Egitto, l’incubo di Zaki dal carcere: «Perché sono tra questi criminali?». Domani l’udienza per tornare libero
Ventiquattro ore separano Patrick George Zaki dalla possibile scarcerazione. In queste giornate interminabili, pochi generi di conforto: latte, cibo in plastica e qualche sigaretta da contrabbandare con gli altri detenuti. Il 15 febbraio un giudice del tribunale di Mansura dovrà dare una risposta ai legali dell’ong Egyptian initiative for personal rights (EIPR) che hanno chiesto il rilascio immediato dello studente. Il magistrato avrà l’ultima parola: liberare l’attivista 27enne, oppure condannarlo a mesi di detenzione senza processo. Funziona così in Egitto, basta essere indagati per dover restare in carcere a tempo pressoché illimitato, che viene prolungato ogni volta di altri 15 giorni senza particolari tutele per i cittadini.
Il peggioramento delle condizioni
Senza particolari motivazioni, Zaki è stato spostato dalla stazione di Polizia Mansura II a quella di Talkha: adesso è rinchiuso in un carcere con altre 210 persone e condivide la cella con altri cinque uomini, tutti accusati di reati comuni e non politici. «Che ci faccio io in mezzo a questa gente? Perché sono qui con questi criminali?», ha detto Zaki alla madre, parlandole per un minuto scarso attraverso una grata. Il giovane vive una condizione di isolamento mentale e, nel nuovo carcere, la madre e la sorella hanno potuto vederlo solamente a distanza. Il cibo che gli hanno portato e i pacchetti di sigarette sono arrivati al ragazzo passando da una grata.
La famiglia è disperata
Il padre, l’ultimo baluardo di forza per la madre e la sorella di Zaki, disperate, è crollato. Dopo la visita del 13 febbraio, scrive la Repubblica, ha avuto un crollo: «Non capisco che cosa sta succedendo. C’è qualcosa di misterioso in questo caso», ha ripetuto più volte a se stesso nel salotto di casa. Pare che le preoccupazioni dell’uomo siano relative alle ingerenze esterne all’Egitto, proprio quelle che, secondo l’ong dove lavora Zaki, dovrebbero rivelarsi decisive. Tra tutte le dichiarazioni degli altri Stati, sono le parole del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, a esercitare una certa pressione su Al Sisi: «L’Egitto deve liberare immediatamente Zaki, i rapporti con l’Unione europea dipendono dal rispetto dei diritti umani».
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