Omicidio Marco Vannini, la nota della procura sui rilievi fatti nell’abitazione in cui è stato esploso il colpo di pistola
Il procuratore di Civitavecchia Andrea Vardaro, rispondendo alla notizia dell’avvio di un’azione disciplinare del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede nei confronti del pm che ha seguito il caso Vannini – il ragazzo di 20 anni ucciso a Ladispoli il 17 maggio del 2015 a casa della fidanzata – ha spiegato che «sono stati effettuati i rilievi necessari per l’accertamento dello stato dei luoghi».
«Dagli atti risulta che circa 30 minuti dopo il decesso, ufficiali di Pg del Nucleo operativo della Compagnia dei carabinieri di Civitavecchia si sono recati presso l’abitazione della famiglia Ciontoli, ove era stato esploso il colpo di pistola che aveva colpito Marco Vannini e hanno effettuato un capillare sopralluogo, nel corso del quale sono stati sequestrati oggetti e indumenti, nonché un bossolo esploso e due pistole. Personale specializzato del Nucleo investigativo dei carabinieri Ostia ha proceduto, quindi, al prelievo di sostanze ematiche rinvenute all’interno del immobile, poi trasmesse al Ris di Roma per le indagini di laboratorio. Subito dopo il decesso pertanto sono stati effettuati i rilevi necessari per l’accertamento dello stato dei luoghi» ha spiegato il procuratore in una nota.
«Si è proceduto inoltre al prelievo dei residui di polvere da sparo» su Antonio, Martina e Federico Ciontoli e sui loro indumenti. E nella stessa giornata «è stato emesso un decreto urgente per intercettare le conversazioni di Antonio Ciontoli, dei figli e della fidanzata del figlio (tutti presenti nell’abitazione al momento dei fatti), mentre attendevano , nel corridoio della stazione dei carabinieri di Civitavecchia il loro turno per essere sentiti dal pm. Le intercettazioni ambientali hanno contribuito in maniera determinante all’accertamento della dinamica dei fatti» si legge.
Nel corso delle indagini «è stata disposta una consulenza medico-legale collegiale e l’acquisizione dei tabulati telefonici relativi a numerose utenze, sono state sentite numerose persone informate sui fatti» tra le quali anche due vicini di casa, e «sono stati acquisiti i file riguardanti le chiamate al 118 effettuate da componenti della famiglia Ciontoli». Gli elementi di prova raccolti, ha concluso il procuratore, «hanno consentito di richiedere rinvio a giudizio di Antonio Ciontoli e dei suoi familiari per il delitto di omicidio (doloso), rinvio a giudizio che è stato successivamente disposto dal Gup».
La procura ha poi impugnato la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Roma che ha condannato per omicidio doloso il solo Antonio Ciontoli e non anche i suoi familiari.
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