Sondaggi, dove sono finiti i sogni dei millennial?
Sembra di osservare due Paesi diversi, lontanissimi nel tempo e nello spazio, quando si confrontano le aspettative di chi è stato giovane prima degli anni ’90 e i millennial di oggi. «La comparazione dei dati è agghiacciante», scrive Antonio Noto, direttore dell’omonimo istituto demoscopico che, per La Nazione, ha realizzato un sondaggio per misurare la fiducia nel futuro dei ragazzi di ieri e di oggi.
Interrogando gli under 25 dei nostri giorni, si scopre che solo il 20% ha ottime aspettative per il domani. Percentuale che scende al 15% per chi si vede con un lavoro stabile da qui a 10 anni. E il risultato di queste incertezze è che il 42% dei millennial immagina che sarà costretto a emigrare per lavorare. Percentuali decisamente più positive, invece, si ottengono interrogando chi è stato under 25 prima degli anni ’90.
«Ci si accorge che il sentiment collettivo era completamente diverso – scrive Noto – e che regnava, pur nella difficoltà di un Paese che è sempre stato borderline da un punto di vista di stabilità economica, una maggiore attesa positiva». Tradotto in numeri? Il 44% degli adulti di oggi, quando era giovane, aveva fiducia nel futuro, il 53% si vedeva con un’occupazione stabile entro 10 anni dall’ingresso nel mondo del lavoro e solo il 10% pensava di dover emigrare per cercare fortuna.
Tra 10 anni…
Il 57% dei millennial italiani, immaginandosi tra 10 anni, pensa che sarà costretto ad accettare un lavoro diverso rispetto alle competenze acquisite nel percorso di formazione. E se un 10% non ha un’opinione a riguardo, solo un giovane su tre, invece, ritiene che riuscirà ad avere un lavoro relazionato alle proprie competenze.
Quando si parla di benessere economico, invece, solo il 7% non ha un’opinione in merito. Un under 25 su quattro, oggi, pensa che la sua ricchezza tra 10 anni sarà in linea con quella dei propri genitori. Il 56% si immagina più povero di loro e solo il 12% ritiene che riuscirà a superare i propri genitori in quanto a ricchezza.
Tutta questa incertezza si riflette anche sul giudizio che i millennial hanno della classe politica attuale: il 67% ha un’opinione negativa, il 28% positiva e il 5% non ha un’opinione a riguardo. «In questo caso – conclude Noto -, la divergenza tra le diverse generazioni è forse anche nel fatto che negli anni ’70-’90 si contestava pubblicamente il potere politico. Oggi invece prevale una sorta di rassegnazione e quindi la critica alla classe politica non si trasforma in protesta giovanile».
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