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Coronavirus: sale a quota 2 mila il bilancio dei morti in Cina

19 Febbraio 2020 - 00:19 Redazione
«Abbiamo ancora la possibilità di prevenire una crisi globale più ampia», dice l'Oms

Le vittime del Coronavirus in Cina hanno raggiunto quota duemila: lo fanno sapere le autorità di Pechino, citate dall’Ansa. Nella provincia di Hubei, focolaio del Covid-19, si sono registrati 132 nuovi decessi nelle ultime 24 ore. Nel suo aggiornamento quotidiano, la commissione sanitaria
della provincia ha anche riferito di 1.693 nuovi contagi.

La Russia oggi ha deciso in queste ore di vietare ai cittadini cinesi l’ingresso nel Paese, mentre due settimane fa il premier russo Mikhail Mishustin aveva firmato un ordine per chiudere la frontiera in Estremo Oriente. «L’ingresso di tutti i cittadini cinesi attraverso le frontiere della Russia sarà sospeso dal 20 febbraio per i viaggi di lavoro, i viaggi privati, di studio e per turismo», ha spiegato Tatiana Golikova, responsabile della Salute.

L’Oms

«Entro la fine di questa settimana, 40 paesi in Africa e 29 nelle Americhe dovrebbero essere in grado di rilevare il COVID-19», dice Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità delle Nazioni Unite

Molti di questi paesi avevano già inviato in questi giorni campioni in altri paesi per i test, e sono rimasti in attesa dei risultati per diversi giorni. Ora possono procedere da soli, in 24 o 48 ore.

Nel frattempo, alcuni paesi in Africa, compresa la Repubblica Democratica del Congo, stanno effettuando test per il coronavirus sfruttando le capacità sviluppate per testare l’Ebola. «Questo è un ottimo esempio di come gli investimenti nei sistemi sanitari possono pagare dividendi per la sicurezza sanitaria», dice il capo dell’OMS.

Altri paesi, come Namibia, Nigeria e Timor Est, organizzano seminari con i media per garantire rapporti accurati e affidabili. Altri paesi stanno dando la priorità a sorveglianza e monitoraggio dei porti di entrata, dice ancora l’Oms: Bangladesh, Cambogia, Etiopia, Pakistan, Serbia e Sud Sudan.

«Stiamo anche lavorando con i partner in alcuni dei contesti più fragili, dalla Siria alla Repubblica centrafricana per preparare i paesi all’arrivo del virus», spiega Ghebreyesus. «Abbiamo ancora la possibilità di prevenire una crisi globale più ampia».

In copertina EPA/Alex Plavevski | Lavoratori nella fabbrica Galanz a Foshan, in Cina, 18 febbraio 2020

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