La Cassazione su Rackete: «Agì correttamente». Salvini contro: «Quindi si può speronare una nave militare?»
«Correttamente», in base alle disposizioni sul «salvataggio in mare», la comandante della Sea Watch 3 Carola Rackete è entrata nel porto di Lampedusa perché «l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro» . Lo afferma la Cassazione nelle motivazioni depositate oggi sulla conferma del «no» all’arresto di Rackete con l’accusa di aver forzato il blocco navale della motovedetta della guardia di finanza per impedirle l’accesso al porto.
«Non può essere qualificato luogo sicuro, per evidente mancanza di tale presupposto, una nave in mare che, oltre ad essere in balia degli eventi meteorologici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse», come quello di fare «domanda per la protezione internazionale», dice ancora la Cassazione. Gli ermellini ricordano che «la nozione di ‘luogo sicuro ‘ non può essere limitata alla sola protezione fisica delle persone ma comprende necessariamente il rispetto dei loro diritti fondamentali».
La reazione di Salvini
Non si fa attendere la reazione del leader della Lega Matteo Salvini. «Voglio leggere bene questa sentenza della Cassazione perché se è vero quello che leggo, che si può speronare una nave della guardia di finanza con a bordo cinque militari della guardia di finanza, è un principio pericolosissimo per l’Italia e per gli italiani», dice il leader del Carroccio da Chieti, a margine di una conferenza stampa elettorale commentando la sentenza della Cassazione sulle motivazioni al no all’arresto di Carola Rackete.
«Un conto è soccorrere dei naufraghi in mare – ha aggiunto Salvini – che è un diritto dovere di chiunque, un conto e giustificare un atto di guerra. Se io in Germania speronassi una nave militare tedesca, penso che giustamente sarei messo in galera. Quindi me la leggerò. Se così fosse sarebbe un pericoloso precedente perché da domani chiunque si sentirebbe titolato a fare quello che non va fatto».
Il soccorso
Ieri nel frattempo la Sea Watch 3, di nuovo in mare, ha salvato 121 persone, 19 donne, 8 minori ieri al largo della Libia. Le persone soccorse si trovavano a bordo di un gommone bianco partito da Zawiya e hanno contattato Alarm Phone. La piattaforma, ricevuto l’sos, ha avvisato le autorità e le navi presenti in zona.
Video Tim Wagner/Sea-Watch.org
La SeaWatch 3, spiegano dalla ong, «nave attrezzata per il soccorso e vicina all’ultima posizione nota, si è immediatamente diretta verso l’imbarcazione». I naufraghi arrivano principalmente dalla Somalia (75 persone) e tra loro ci sono 8 minori (quattro accompagnati e quattro non accompagnati). La Somalia, ricorda Sea Watch, «rappresenta oggi la base di uno dei gruppi jihadisti più attivi e violenti, al-Shabab (movimento affiliato ad al-Qaeda). Le aggressioni del gruppo armato si verificano un po’ ovunque nel Paese, compresa la capitale Mogadiscio. Solo ieri si sono registrati gli ultimi sanguinari attacchi verso la popolazione civile».
🔴 #SeaWatch ha appena concluso il soccorso di 121 persone da un gommone in difficoltà che imbarcava acqua, a circa 24 miglia dalla #Libia.@alarm_phone aveva raccolto il loro SOS e avvisato le autorità competenti.
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) February 19, 2020
I naufraghi si trovano ora al sicuro a bordo della nostra nave. pic.twitter.com/bUHXnYoEgD
In copertina EPA/Clemens Bilan | La capitana Carola Rackete a Berlino, Germania, 7 ottobre 2019.
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