Anoressia, la storia di Alba che sta sconfiggendo la malattia: «Ai ragazzi come me dico di lottare. La vita è bellissima, se le diamo l’occasione di essere vissuta» – L’intervista
Alba Toninelli ha 21 anni, vive da sola a Narni, in Umbria, dove sta frequentando l’Università. Studia, esce con le amiche, viaggia, ogni tanto torna a casa a Firenze, mangia. Alba finalmente ha ripreso a mangiare. E questa sarà una delle vittorie più grandi della sua vita. Fino a un anno fa, Alba non aveva le forze per alzarsi dal letto, era arrivata a pesare 37 chili, non riusciva più a studiare, ad amare, a ridere con gli amici. Aveva solo un pensiero fisso: perdere peso, non mangiare. Ha avuto però il coraggio di chiedere aiuto, di affidarsi a un centro, di iniziare un percorso per lei all’inizio «spaventoso». Un viaggio verso la guarigione che ancora non ha concluso, ma che sta raccontando in un video-diario dalle migliaia di visualizzazioni. Il suo video sull’amenerrea, l’assenza di mestruazioni che può verificarsi in caso di disturbi alimentari (e non solo), ha collezionato più di 121mila visualizzazioni. Sul suo canale YouTube racconta la sua storia. «Per essere d’aiuto ad altre ragazze», dice a Open.
Alba, quando ti sei ammalata?
«Mi sono ammalata circa due anni fa. Stava per arrivare l’estate e ho pensato “ora mi riguardo un po’, cerco di non mangiare schifezze”. Non volevo nemmeno fare una dieta, solo stare più attenta. Poi piano piano la situazione mi è sfuggita di mano. In estate ho perso tantissimi chili e quando sono tornata a Narni in autunno a volte non avevo nemmeno le forze di alzarmi dal letto».
Quando ti sei decisa a chiedere aiuto?
«Dopo diversi mesi. Non capivo cosa avessi. Non l’ho subito collegato a un disturbo alimentare. L’anoressia è subdola, quando si impossessa di te nemmeno te ne accorgi. Ma i miei genitori si erano accorti che qualcosa non andava, mi stavano addosso, litigavamo spesso. Poi durante un ennesimo litigio sono scoppiata a piangere e ho detto: “Mamma forse ho bisogno di una mano”».
Poi cosa avete fatto?
«All’inizio non sapevamo come muoverci. Siamo andate semplicemente da un medico di base che ci ha consigliato uno psichiatra che però non era specializzato in disturbi alimentari. Infatti nei primi mesi ho continuato a perdere peso e dopo un po’ ho smesso di andarci. Mia mamma nel frattempo si era informata e poi mi ha portata in un centro a Empoli dove sono stata un paio di mesi».
In uno dei tuoi video hai detto che ricoverarsi è «come cadere da un grattacielo», perché questa associazione?
«Perché fa paura. Perché in realtà quando sei malato non pensi che stai facendo qualcosa di sbagliato, anzi farsi aiutare ti sembra sbagliato. La tua mente è divisa e prevale l’ossessione per il peso, per il cibo. Chiunque vuole distoglierti dal tuo obiettivo, che è “non mangiare”, lo vedi come un nemico».
Qual è stata la parte più difficile del percorso?
«Ricominciare a mangiare e vedere aumentare il peso. All’inizio nel centro facevo i pasti assistiti con gli altri ragazzi ed ero seguita da un équipe multidisciplinare che mi aiutava a finire il mio pasto preparato sulla base della mia dieta».
In uno dei tuoi video, mentre sei ricoverata, dici «è da gioni che la testa ha iniziato a dirmi tutte le cose orribili che dice l’anoressia», quali sono queste «cose orribili»?
«Non mangiare, non farsi aiutare, fare di tutto per non aumentare di peso. Però ho cercato di non mollare perché una parte di me sapeva che poteva succedermi quello che è successo a Lorenzo: andare a letto e non svegliarmi più».
Com’è nata l’idea di realizzare un video-diario sul tuo percorso verso la guarigione?
«L’idea è nata per caso. Sono sempre stata una che scriveva diari, ma nell’ultimo periodo prima del ricovero non avevo le forze di scrivere, non riuscivo a concentrarmi. Allora ho pensato di fare dei mini-video. In realtà non dovevano essere pubblicati. Poi una volta dimessa, li ho riguardati e ho deciso di pubblicarli, magari potevano essere d’aiuto a qualcuno. Non mi aspettavo però tutto questo seguito: ogni giorno mi scrivono decine, a volte centinaia, di persone per chiedere consigli, sia ragazzi che stanno affrontando il problema che persone a loro vicine».
Adesso come va?
«Adesso sto continuando il percorso di cure e anche ora mi capitano i momenti no. È come se la mente fosse divisa in due. In alcuni momenti non mangiare sembra la soluzione. Sei stressata da un esame? “Studia, non mangiare” ti dice la mente. Poi però c’è la parte razionale che mi mette in guardia. Adesso per esempio esco e vado a mangiare fuori con gli amici, ma dopo i sensi di colpa ancora si fanno sentire».
Perché secondo te i ragazzi sentono tutta questa pressione addosso?
«Un po’ è una questione caratteriale, ma è anche in un certo senso “colpa” di una società che va troppo di fretta, dove se sbagli sei fuori, se non stai al passo sei fuori. Questo aumenta ed esaspera la pressione».
A volte dietro all’anoressia c’è un eccessivo perfezionismo? È stato così nel tuo caso?
«Nel mio caso è stato un cocktail di fattori. Tanta insicurezza accumulata negli anni delle superiori, tanto stress, pretendevo molto da me sia a scuola che all’università».
Se avessi conosciuto Lorenzo cosa gli avresti detto?
«Ci penso spesso. Mi chiedo se abbia mai visto uno dei miei video, se magari qualche volta gli sono stata d’aiuto. Gli avrei detto di lottare perché ne vale la pena. La vita è bellissima se le diamo l’occasione di essere vissuta».
E ai genitori di Lorenzo cosa diresti?
«Di non sentirsi in colpa. Che i genitori quando si trovano in queste situazioni fanno il massimo. Che purtroppo è una malattia di cui si muore. È come sentirsi in colpa perché a un figlio è venuto un tumore. Non è colpa loro».
Credit video copertina: Alba Toninelli | YouTube
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