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In difesa del diritto alla Scienza e della libera ricerca – L’intervista a Marco Cappato

22 Febbraio 2020 - 06:53 Juanne Pili
Beneficiare del progresso scientifico è un diritto umano. Ideologia e pseudoscienza rischiano di farne un privilegio per pochi

Addis Abeba in Etiopia ospiterà il sesto Congresso per la libertà della ricerca scientifica, previsto dal 25 al 26 febbraio. L’evento è stato organizzato dall’Associazione Luca Coscioni assieme a Science for Democracy e all’Unione africana.

Tra i principali promotori dell’iniziativa troviamo anche l’attivista per la difesa dei diritti civili Marco Cappato, il quale spiega a Open quali saranno i principali temi del Congresso, che verteranno principalmente attorno alla difesa del diritto alla scienza, spesso calpestato, anche a causa di pressioni ideologiche e religiose.

La battaglia per la ricerca libera comincia in Africa

Diritto alla scienza significa soprattutto poter beneficiare della ricerca scientifica, specialmente per i membri più deboli della società. L’Africa è un continente che forse più di tutti necessità di accedere alla conoscenza tecnica e scientifica.

«L’Africa è da molti punti di vista il continente del futuro – continua Cappato – In termini di crescita demografica sarà molto presto il più popoloso della Terra, e ha la più veloce crescita economica. Quindi sarebbe tempo di guardare all’Africa non più con gli occhi dell’assistenzialismo o di quelli che si devono difendere dai migranti. 

Rappresenta invece un’enorme opportunità, in termini di alleanza per la scienza e per la tecnologia. Tutto quello che stiamo facendo riguarda proprio il diritto alla scienza, quindi alla libertà di ricerca e a quello dei cittadini a beneficiare del progresso scientifico e tecnologico. Porsi il problema di come questo possa essere fatto in (e con) l’Africa è centrale, anche per il futuro del nostro Paese».

Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e co-fondatore di Science for Democracy.

Il ruolo della pseudoscienza e del complottismo

Nell’articolo scritto assieme a Marco Perduca per Il Sole 24 Ore, dove presentate l’iniziativa, toccate diversi temi attuali, ma che hanno radici profonde anche nella Storia del nostro Paese.

Parlate ad esempio dell’emergenza del nuovo coronavirus, ricordando quanto sia stato importante rendere pubblici i dati raccolti dai virologi nei loro studi. Eppure proprio la virologa che ha dato un contributo importante a risalire alle origini del patogeno, Shi Zhengli, è stata oggetto di una macchina del fango, dove viene dipinta come l’untrice dell’epidemia.

Diversi anni prima, la virologa di fama mondiale Ilaria Capua, che contribuì a rendere pubblici i dati sui virus, fu oggetto di una pesante campagna mediatica, dove venne accusata di complottare per favorire la vendita di diverse partite di vaccini. Sono solo alcuni esempi di quanto possa essere difficile – addirittura pericoloso – fare ricerca scientifica.

«C’è un bellissimo libro di Gilberto Corbellini – spiega Cappato – Nel paese della pseudoscienza, dove spiega quali sono i bias cognitivi – che potremmo definire “tare mentali” – le quali alimentano i complottismi. Sono un risultato di paure e reazioni istintive createsi con l’evoluzione decine se non centinaia di anni fa.

L’essere umano in molti aspetti non è affatto razionale. Il metodo scientifico aiuta le persone a ragionare anche in modo controintuitivo, a diffidare dalle facili associazioni di idee o dal trasmettere le paure. La paura della malattia, del contagio del virus, è uno degli aspetti che colpiscono di più anche emotivamente, facendo alzare delle vere e proprie barriere che bloccano il ragionamento.

Siamo fatti così. Proprio per questo c’è bisogno di uno Stato e di istituzioni che investano nella scienza, rivendicandone la centralità per la democrazia, il benessere e il futuro delle persone. Altrimenti imperversa la reazione istintiva e il complottismo».

La Legge 40 «andrebbe abolita»

A proposito di bias, forse gioca un ruolo anche quello religioso. Pensiamo per esempio alla questione della ricerca sugli embrioni e i limiti posti dalla Legge 40. Questo l’Italia lo sta già pagando in termini di ricercatori che fuggono all’estero, e il dover importare dagli altri paesi il frutto degli studi basati sugli embrioni.

«Non a caso – conferma Cappato – al Congresso ci saranno anche Malin Parmar (Professoressa associata presso il Dipartimento di neurobiologia rigenerativa e dello sviluppo alla Lund University) e Pete Coffey (Professore di  Psicofisica Visuale presso l’Istituto di Oftalmologia al University College di Londra). La prima lavora contro il Parkinson, il secondo contro la cecità.

Sono gli scienziati più all’avanguardia nel Mondo nel loro campo. Entrambi lavorano sulle cellule staminali embrionali. Se facessero quel lavoro in Italia, verrebbero arrestati e si farebbero fino a sei anni di carcere. Ho detto tutto. La Legge 40 sulla fecondazione assistita – che ha stabilito questa pena e divieto – è sopravvissuta a governi di Destra, Centro e Sinistra.

Evidentemente non c’è stata la volontà politica di resistere a tutto questo, e rimane una questione: questa legge è ancora in vigore. Bisognerebbe abolirla naturalmente, infatti l’Associazione Luca Coscioni sta lavorando a un nuovo pacchetto di proposte referendarie. Devono essere raccolte cinquemila firme, oppure cinque consigli regionali dovrebbero proporre dei referendum. 

Ci sarebbe anche il Parlamento, ma ormai in pratica non si riunisce più, i parlamentari sono ostaggio della rissa tra i loro capi, quindi di fatto non hanno nulla da fare. Però non dobbiamo scoraggiarci. Sul Fine vita il Parlamento non ha mosso un dito, eppure abbiamo conquistato la Legge sul testamento biologico e la sentenza sull’aiuto a morire».

Diritti degli animali e Sperimentazione animale

Ci sono anche altre pressioni subite dai ricercatori, come quelle dovute al bio-terrorismo o a vari gruppi di pressione, in grado persino di portare a sospendere ricerche importanti, nonostante poche riescano a ottenere fondi e riconoscimenti anche a livello europeo.

Pensiamo al progetto LightUP che prevede la Sperimentazione animale sui macachi, per studiare un tipo di cecità invalidante per le persone. Uno di questi ricercatori, Marco Tamietto, ha persino ricevuto un proiettile per posta e vive sotto scorta.

«Ci sono delle norme europee – continua Cappato – l’Italia dovrebbe limitarsi a seguire quelle, invece ha adottato leggi più restrittive, tanto che si discute in Ue di una procedura di infrazione che viene di volta in volta bloccata da proproghe annuali.

Il risultato è che i nostri ricercatori non riescono a presentare delle domande per i finanziamenti europei, perché ovviamente non puoi sapere ogni anno se potrai continuare il tuo studio. I progetti finanziati dall’Ue possono durare anche cinque anni. 

Personalmente ho a cuore anche i diritti degli animali. Ritengo infatti che questo atteggiamento sia controproducente per loro. L’Unione europea è l’area del Mondo dove i diritti degli animali sono maggiormente garantiti, come è giusto che sia.

Se però si fanno delle norme ancora più punitive il rischio è che la ricerca si sposti in zone del Mondo dove queste garanzie per gli animali non esistono per nulla.

La quantità di animali utilizzati in laboratorio è meno di un millesimo rispetto a quelli destinati alla macellazione industriale. Penso che questi numeri debbano anche far riflettere il mondo animalista di come lì stia la priorità di intervento, non nelle minacce violente nei confronti degli scienziati».

Macaco, ISS | Sperimentazione animale.

Godere dei benefici della Scienza è un diritto umano

A proposito di norme controproducenti: noi non possiamo allevare i macachi destinati alla Sperimentazione animale (un “successo” di cui alcune associazioni animaliste si fregiano), questo significa che dobbiamo importarli, facendo subire loro il trasporto dall’Olanda all’Italia, cosa che ovviamente causa loro delle sofferenze. Anche per queste ragioni rischiamo una procedura di infrazione. 

«Anche questo rientra nella logica dell’andare all’estero – conferma Cappato – che riguarda tutto: la fecondazione assistita; il Fine vita; la cannabis; la gestazione per altri; l’estrazione delle cellule dagli embrioni. Sono tutti temi di portata globale che tratteremo nel Congresso di Addis Abeba.

È inutile pensare di avere un modello autarchico in un paese come l’Italia. Ecco perché stiamo facendo un tentativo che riguarda la dimensione del diritto internazionale. La grande rivoluzione che sta per accadere con l’approvazione di un documento alle Nazioni Unite [la bozza del Commento generale sulla scienza] è considerare la Scienza come un diritto umano.

Nei dibattiti alle Nazioni Unite quando si parla dei diritti umani classici, come quello di non essere torturati, si dovrà iniziare a dover parlare anche di scienza, conoscenza, accesso alle terapie e alle tecnologie.

Tutto questo può diventare una vera e propria rivoluzione politica, nell’ambito di cosa significano i diritti umani e del ruolo della Comunità internazionale. Farlo in Africa, assieme all’Unione Africana, con le caratteristiche di quel continente, significa cercare di fare un vero e proprio salto di qualità nei confronti di questa governance globale: far godere a tutti i benefici della scienza».

Pixabay | La Scienza è un diritto umano.

Intelligenza artificiale ed editing genetico: tra nuove sfide e vecchie paure

Uno dei maggiori ostacoli da superare è anche il timore suscitato dalle nuove tecnologie, specialmente se influiscono pesantemente nella vita di tutti i giorni, o quando portano a potenziare la nostra capacità di influire sulla Natura.

Pensiamo alla tecnica di editing genetico nota come Crispr: modificare porzioni di Dna può portare a benefici, si parla anche di rendere le persone immuni da pericolose malattie, ma sappiamo ancora poco delle implicazioni collaterali che potrebbero avere queste pratiche.

Anche l’Intelligenza artificiale suscita preoccupazioni, tanto che l’Unione europea ha auspicato un codice etico, visto che gli algoritmi possono “assorbire” i nostri pregiudizi (detta in maniera approssimativa), persino quelli razziali e di genere.

«Anche queste cose servono alla Ricerca – continua Cappato – perché deve essere affidabile, fatta coi dovuti criteri. Non significa che si può fare tutto e tutto è libero. Tutto deve essere regolamentato e controllato all’interno di procedure. Proibire tutto significa lasciare che la ricerca si faccia là dove non ci sono controlli. 

Regolamentare invece significa che gli scienziati sono tenuti a esplicitare i loro obiettivi, spiegare quello che stanno facendo, rendere conto dei risultati – innanzitutto davanti alla Comunità scientifica – ma anche al resto dell’opinione pubblica. Le mutazioni genetiche ci sono già in Natura. Tutti noi siamo frutto di mutazioni genetiche. 

Quindi l’idea che il genoma sia qualcosa di sacro e inviolabile non corrisponde nemmeno a ciò che la Natura stessa realizza e produce. In più bisogna uscire da questo pregiudizio per cui ciò ch’è Naturale va bene e ciò ch’è artificiale non va bene. Altrimenti dovremmo rinunciare a tutta la medicina, alla scienza e alla tecnologia. 

L’editing del genoma è un’enorme occasione. Qual è il problema? Nel momento in cui gli scienziati troveranno delle possibilità di miglioramento genetico dell’Essere umano, per esempio con la Crispr, questa andrà a beneficio di tutti o solo di chi ha abbastanza soldi da permettersela?

Se si realizzasse questa seconda ipotesi, significa che nel giro di un paio di generazioni hai una umanità geneticamente migliorata e una no. Ecco perché il diritto alla scienza è importante: per portare equità in questi settori di frontiera.

Lo stesso vale per l’Intelligenza artificiale. Oltre alla questione etica dobbiamo chiederci chi ne avrà beneficio: le aziende nel loro business? gli Stati che ci controllano?

E l’Intelligenza artificiale a beneficio del cittadino, ovvero per rafforzare il cittadino nelle sue scelte? Chi è che investe su questo? Ecco perché è necessario il diritto a godere dei benefici del progresso scientifico.

Deve essere riconosciuto come un diritto umano fondamentale, altrimenti queste tecnologie, se non sono garantite anche nel senso dell’uguaglianza di possibilità dei cittadini, rischiano di aggravare in modo non rimediabile le differenze, le disuguaglianze e le ingiustizie.

Questa è la partita politica che si apre. Farlo in Africa significa farlo nel continente che oggi è più debole sul piano economico, quindi dove è più importante intervenire, per evitare che queste ingiustizie si espandano su scala globale».

Quanti voti portano i ricercatori?

L’Italia continua a essere ultima in termini di finanziamento della ricerca e dell’istruzione. Pensiamo alla protesta di studenti e giovani medici per chiedere l’aumento delle borse per accedere alle specialistiche. Persino per ottenere le competenze necessarie alla ricerca i ragazzi sono costretti a fuggire all’estero.

«Andando a monte qual è la causa di tutto questo? – si chiede Cappato – Una politica che non prende in considerazione e tiene ai margini il tema della ricerca e della scienza. Questo perché il dibattito politico, per come è organizzato nella raccolta del consenso, è sempre concentrato al brevissimo termine; peggio ancora “al giorno per giorno”. Di fatto il dibattito politico è assorbito dalla polemica di giornata. 

Evidentemente, le politiche per la Scienza riguardano quel che avverrà tra cinque e trent’anni. Per avere un dibattito serio e degli investimenti seri nella materia, bisogna avere un confronto che riguarda il lungo termine. Questo è esattamente ciò che in Italia non accade. Ogni legge di bilancio si concentra sulle mance elettorali da fare a questa o quella categoria. 

Quindi la scienza è tanto decisiva sul piano del futuro, quanto inconsistente in termini di corporazione e categoria. Gli scienziati sono pochi se confrontati coi pensionati, il dipendente pubblico, ecc. Le corporazioni sociali che vengono considerate nel decidere la distribuzione delle risorse sono solitamente più estese e organizzate. 

Non c’è la lungimiranza da parte del decisore politico – ma anche di chi organizza i dibattiti – di accendere i riflettori su questioni che riguardano quel che accadrà nei prossimi anni, non nei prossimi giorni».

Foto di copertina: Associazione Luca Coscioni | Manifesto del sesto Congresso per la ricerca scientifica libera.

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