Le ricercatrici precarie che hanno isolato il ceppo del coronavirus a Open: «1400 euro al mese con l’ansia del rinnovo di contratto»
«Al lavoro da domenica, 12-13 ore al giorno, il nostro obiettivo era solo uno: isolare il ceppo italiano del Coronavirus. Alla fine ce l’abbiamo fatta, siamo felici e soddisfatte, è stato un lavoro di squadra e abbiamo analizzato i campioni di quattro pazienti italiani, tutti di Codogno, focolaio dell’epidemia nel nostro Paese», a parlare sono Alessia Lai e Arianna Gabrieli, le due ricercatrici del Sacco di Milano che hanno contribuito, insieme alla professoressa Claudia Balotta (a capo del team), ad Annalisa Bergna, al collega polacco Maciej Tarkowski e al professore associato Gianguglielmo Zehender, a isolare il ceppo italiano del coronavirus.
«Apre la strada al vaccino»
Una notizia importante che «apre la strada a nuovi farmaci e più avanti a un vaccino» che possa essere in grado di curare un virus che ha messo in ginocchio tutto il mondo e negli ultimi giorni anche l’Italia.
Alessia, Arianna, Annalisa e Maciej, però, sono tutti lavoratori precari così come lo era Francesca Colavita, la ricercatrice poi stabilizzata allo Spallanzani di Roma dopo aver isolato il virus dei due turisti cinesi.
Arianna, 1400 euro al mese sognando l’indeterminato
Arianna Gabrieli, ricercatrice, ha 37 anni, viene da Galatina, in provincia di Lecce, e «guadagna 1400 euro netti al mese con partita Iva», ovvero 28mila euro lordi l’anno. Ha dovuto lasciare la sua terra perché «non ci sono strutture e fondi per la ricerca»: prima ha studiato a Roma, poi si è trasferita a Milano. «Sono rassegnata, so che al Sud è impossibile fare questo lavoro. Poi è anche vero che a Milano con 1400 euro sopravvivi, ho sempre l’ansia che non mi venga rinnovato il contratto» ha raccontato a Open. «L’indeterminato? Sarebbe il mio sogno», confessa.
Alessia, da supplente a ricercatrice
Alessia Lai, invece, ha 40 anni, fa la ricercatrice, è di Milano, anche per lei una partita Iva e 28mila euro lordi all’anno «indipendentemente dalle ore di lavoro che fai». «Purtroppo in Italia la ricerca è sottovalutata, ci sono sempre meno finanziamenti», racconta. Lei che in passato ha fatto la supplente in un istituto superiore e che oggi è una delle ricercatrici di cui si parla in tutto il Paese: «Mi ha scritto persino un mio ex studente facendomi i complimenti, dicendomi che è orgoglioso di me. Che piacere che mi ha fatto! Questo mi ha ripagata di ogni sforzo», ha dichiarato a Open.
Annalisa Bergna è la più giovane
Infine, nel team tutto al femminile del Sacco di Milano c’è anche Annalisa Bergna, la più giovane delle tre ricercatrici. Ha 29 anni, è di Paderno Dugnano, nel Milanese, ama lo sport ed è anche lei precaria. Diversamente dalla collega Alessia Lai, ha avuto la fortuna di non dover emigrare altrove per fare ricerca.
Foto in copertina di Open
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