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Come è stata raccontata l’epidemia di Covid-19 nella Stampa estera? – L’analisi

02 Marzo 2020 - 16:36 Juanne Pili
L'infodemia sul coronavirus denunciata dall'OMS non riguarda solo le fake news, ma anche la misinformazione e un uso poco accorto degli esperti, anche nella stampa estera più autorevole

Sicuramente qualcosa è andato storto nel modo in cui i media italiani hanno riportato le notizie che man mano emergevano sul nuovo coronavirus. Pochi hanno minimizzato. Spesso sono passati messaggi allarmisti. L’immagine degli esperti è stata intaccata, trasmettendo l’idea di una comunità scientifica in polemica, cosa che non corrisponde proprio alla realtà.

Il problema dipende soprattutto dalla scarsità di dati certi sul SARS-CoV2. L’emergenza ha portato a una corsa nel produrre articoli scientifici sull’origine del patogeno e sui riscontri epidemiologici, soprattutto dalla realtà cinese. Così in tutto il Mondo la Stampa deve assolvere un compito piuttosto spinoso.

Abbiamo dato un’occhiata agli articoli di diverse testate estere autorevoli, soffermandoci su quelli che descrivono l’epidemia e la sua entità, attraverso l’analisi delle news e le interviste agli esperti. Ecco cosa abbiamo trovato nei maggiori quotidiani del Regno Unito, della Germania e degli Stati Uniti.

Comunicazione da panico

Per il Regno Unito abbiamo esaminato 21 articoli dei quotidiani The Times, The Guardian e The Independent; per la Germania 13 articoli del Bild-Zeitung e del Farnkfurter Allgemeine; per gli Stati Uniti 12 articoli del Washington Post e del Wall Street Journal.

Potete trovare maggiori approfondimenti in un file Pdf alla fine dell’articolo, dove spieghiamo i criteri con cui abbiamo analizzato i testi, senza alcuna pretesa di scientificità. Il nostro scopo è quello di farci un’idea del modo in cui hanno trattato l’emergenza sanitaria all’estero.

Abbiamo tenuto conto anche di come negli articoli comparissero – direttamente o indirettamente – gli approfondimenti degli esperti, o degli enti competenti.

Così ci siamo accorti di almeno sette aspetti critici, che possono aver contribuito – anche in Italia – a dare un’immagine “ansiogena” dell’emergenza sanitaria, provocando forse episodi di “panico”, come la corsa ai supermercati o all’acquisto di mascherine, arrivando persino a determinare le quotazioni di Borsa. 

Sette punti critici sulla narrazione dell’epidemia nella Stampa estera:

  1. Non si spiega quasi mai che i morti correlati alla malattia non indicano una sua letalità intrinseca, sappiamo infatti che spesso le vittime soffrivano di altri disturbi, i quali probabilmente ne hanno pregiudicato il sistema immunitario, questo ovviamente non significa che dovrebbe importarci meno;
  2. Quando si parla di un “mortality rate” si tiene poco conto del fatto che al momento stabilire una mortalità generale è impossibile, molto probabilmente è minima, specialmente negli individui più giovani e in salute;
  3. Gli errori iniziali della Cina continuano ad alimentare sospetti sulla sua trasparenza e sulla gestione dell’emergenza, tutti elementi che però non possono essere sufficientemente dimostrati, mentre sappiamo che esistono robuste misure di contenimento in atto;
  4. A volte troviamo affermazioni che potrebbero essere fuorvianti, come «Gli uomini hanno un rischio maggiore di morire di infezione da coronavirus rispetto alle donne. Questo è stato il risultato di un’analisi da parte delle autorità cinesi di oltre 44.000 persone infette», oppure «più il paziente è anziano, maggiore è il rischio di morte! Dall’età di 50 anni aumenta in modo significativo, le persone di età superiore agli 80 anni sono maggiormente a rischio» (Bild-Zeitung);
  5. In alcuni articoli si fa ancora confusione tra i concetti di “mortalità” e “letalità”, oppure di “pandemia” ed “epidemia”, più banalmente non è sempre chiara la differenza tra SARS-CoV2 (il virus) e “Covid-19” (la malattia);
  6. Si riportano acriticamente I recenti casi di recidività, non sempre facendo notare che in mezzo potrebbero esserci errori durante i primi test;
  7. Si potrebbe evincere dagli articoli che trattano l’epidemia nel nostro Paese, che il virus circoli da mesi in Italia, ma questo significherebbe – data l’alta contagiosità – che pochissime persone avrebbero avuto il virus, non che l’epidemia sia iniziata con numeri elevati già a fine dicembre, tale aspetto – poco approfondito – potrebbe aver contribuito a dare una cattiva percezione del rischio, soprattutto per i cittadini esteri che volessero recarsi da noi.

Come sono stati usati gli esperti

Tutta la Stampa estera autorevole analizzata si è spesso avvalsa della consultazione di esperti, come virologi e rappresentanti di istituzioni sanitarie.

All’estero come in Italia potrebbe passare l’immagine di una comunità di virologi in disaccordo, in realtà le cose non stanno proprio così: in buona parte sono intervenuti sulla base dei dati disponibili sul momento, cambiati poi nell’arco dell’ultimo mese, così alcune ipotesi si sono rivelate errate oppure obsolete.

Se c’è stata qualche incomprensione, questo sembra dovuto all’approccio utilizzato negli articoli o nei servizi televisivi. In generale si è preferito procedere preferendo sbagliare per eccesso di prudenza, piuttosto che minimizzare un fenomeno la cui conoscenza è ancora in divenire.

Anche la recente disputa riportata in Italia tra Roberto Burioni e Maria Rita Gismondo, su quanto e in che senso andrebbe considerata l’epidemia di Covid-19, sembra più un episodio ingigantito sui giornali, come si può evincere dalle recenti affermazioni della stessa Gismondo.

«Molti hanno riportato questo diverbio tra me e Burioni, ma io non ho avuto alcun diverbio, solo dal confronto esce fuori un’analisi completa. Guardate i numeri pubblicati dal Ministero della Salute. Il virus sta circolando, dando pochi sintomi o confusi con l’influenza da qualche mese».

In certi casi le affermazioni degli esperti sono state confezionate in maniera discutibile. Un esempio lampante potrebbe essere un articolo del Guardian intitolato «Top story: Virus has ‘attack rate’ of up to 80%». Si intervistava il virologo di fama mondiale Gabriel Leung.

L’esperto parlava del potenziale rischio che il nuovo coronavirus possa diffondersi in tutto il Mondo infettando dal 60 all’80% della popolazione.

Ma Leung spiega che questo non avverrebbe tutto in una volta. Inoltre le sue affermazioni sarebbero valide solo nel caso in cui non venissero prese contromisure:

«Is 60-80% of the world’s population going to get infected? Maybe not. Maybe this will come in waves. Maybe the virus is going to attenuate its lethality because it certainly doesn’t help it if it kills everybody in its path, because it will get killed as well».

Giochiamo a fraintendere gli esperti

Supponiamo però che una significativa parte dei lettori difficilmente possa trarre il corretto senso delle affermazioni di Leung. Questo è solo un esempio tra tanti in cui i giornalisti hanno fatto un uso poco accorto degli esperti che consultavano, facendo pesare interamente a loro la responsabilità di come certe affermazioni – destinate agli addetti ai lavori – potevano essere percepite dall’opinione pubblica. 

Gli stessi esperti possono essere stati categorizzati superficialmente come “allarmisi” o “minimizzatori”, fraintendendo il senso delle loro affermazioni, estrapolate senza contesto, o giudicate sulla base di pregiudizi pregressi.

Proponiamo di seguito alcune parole prese da recenti affermazioni decontestualizzate. Per ogni affermazione lasciamo la possibilità di approfondire, andando a vedere il video o l’articolo da cui tali frasi sono state pescate.

Senza tener conto del periodo in cui tali affermazioni sono state pronunciate e del discorso generale in cui vengono sviluppate, un lettore potrebbe ritenere che Burioni tenda a minimizzare, mentre Ilaria Capua tenderebbe ad allarmare.

Riteniamo che questo genere di misinformazione, unito a pregiudizi vari, possa aver contribuito a montare negli ultimi mesi un’immagine poco accorta del fenomeno in corso. 

«Dobbiamo organizzarci in modo da non far crollare l’economia. Invece di parlare di quarantena – se l’infezione è a Voe Uganeo da almeno venti giorni – quale quarantena vogliamo fare?» (Ilaria Capua, YouTube, minuto 04:09);

«Niente panico, niente paura, continuiamo a fare la nostra vita normale, frequentiamo piazze, strade e ristoranti (anche cinesi). Preoccupiamoci del virus influenzale che circola, mentre il coronavirus fortunatamente ancora non circola» (Roberto Burioni, YouTube, minuto 00:08);

«Il sistema è frammentato, è in mano alle Regioni e lo Stato ha solo ruoli limitati. In tempi normali questo è anche accettabile ma in tempi di epidemia come questo può avere effetti letali» (Walter Ricciardi, Repubblica).

  • La nostra analisi con link agli articoli esaminati: file.pdf

Foto di copertina: Schermata di un articolo del Guardian.

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