Caso Regeni, l’ambasciatore italiano al Cairo: «Progressi giudiziari anche senza accordo Italia-Egitto. Dobbiamo continuare a fare pressione» – Video
Una relazione composta sul proprio ruolo nell’ambito del caso (diplomatico) più intricato, delicato e ostile degli ultimi tempi in tema di diritti umani. Giampaolo Cantini è ambasciatore d’Italia al Cairo dal 14 settembre 2017: stamane, 5 marzo, è in audizione a Palazzo San Macuto a Roma, alla commissione parlamentare d’inchiesta della Camera sulla morte di Giulio Regeni.
Difende il suo operato, l’ambasciatore. Lo rivendica, e rivendica l’impegno istituzionale. «Tra le tante anomalie e il carattere unico del caso Regeni», dice Cantini, «va ascritta anche quella di un ambasciatore che ha interloquito con l’autorità giudiziaria del proprio paese e di quello di accreditamento». Un ruolo, il suo, da intermediario ancora più significativo, sostiene, perché la «collaborazione tra le procure di Roma e quella generale egiziana si svolge in assenza di un trattato bilaterale». Ora per arrivare alla verità «si dovrà continuare a fare pressione in ogni sede».
Cantini è stato recentemente accusato dalla famiglia Regeni proprio qui, a palazzo San Macuto. «L’ambasciatore italiano al Cairo Cantini da molto tempo non ci risponde, evidentemente persegue altri obiettivi rispetto a verità e giustizia, mentre porta avanti con successo iniziative su affari e scambi commerciali tra i due Paesi», hanno detto i genitori Paola e Claudio davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta all’uccisione del ricercatore friulano.
Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev | Caso Regeni, le immagini dell’audizione dell’ambasciatore al Cairo Cantini
Il racconto dell’ambasciatore
«La mia missione al Cairo è iniziata in un contesto politico particolare», rivendica Cantini nella sua relazione trasmessa dal circuito di Palazzo San Macuto. Le successive domande e relative risposte, invece, vengono secretate, come l’audito ha diritto a richiedere passando a circuito chiuso. «In Italia finiva la legislatura, poi c’erano le elezioni del 4 marzo, infine un nuovo governo dopo una lunga gestazione. Da quel momento il caso Regeni è stato una priorità anche a livello politico», sostiene Cantini.
Lo dimostrerebbe, dice, la successione di visite istituzionali al Cairo. L’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini il 18 luglio del 2018. Poi, ad agosto, prima il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e dopo l’allora ministro allo Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Infine, a settembre, il presidente della Camera Roberto Fico. «Mentre il premier Giuseppe Conte faceva del caso Regeni l’oggetto prioritario dei suoi nove – ad oggi – incontri col presidente egiziano. E voglio registrare le forti prese di posizione dell’Egitto in quelle occasioni», dice l’ambasciatore.
Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev | Caso Regeni, le immagini dell’audizione dell’ambasciatore al Cairo Cantini
Il ritorno
Giulio Regeni, si sa, viene rapito il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, e poi ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani. «Sul suo volto ho visto tutto il male del mondo», aveva detto mamma Paola dopo aver visto il cadavere torturato e sfigurato del figlio ventottenne.
L’Italia aveva ritirato l’allora ambasciatore in Egitto, Maurizio Massari. Salvo poi decidere, con il governo Gentiloni, «nell’afa pomeridiana della vigilia di Ferragosto del 2017», di rimandare l’ambasciatore in Egitto, nel frattempo cambiato rispetto a quello rientrato in Italia nel 2016. E quindi, accusa Amnesty International Italia, «di annullare l’unica azione di inimicizia diplomatica che l’Italia aveva intrapreso nei confronti dell’Egitto a seguito dell’assassinio». In una data, quella del 14 agosto, «oltretutto, scelta nella totale inconsapevolezza che quel giorno, dal 2013, è nella storia egiziana ricordato come quello del massacro delle piazze, la “Tianamnen del Cairo”».
Una decisione poi, ricostruisce ancora Amnesty, «presa sulla base di due valutazioni: una falsa (la magistratura egiziana aveva mostrato maggiore disponibilità a collaborare con quella italiana) e una del tutto indimostrabile e poi, a sua volta, rivelatasi falsa: il ritorno dell’ambasciatore avrebbe accelerato e facilitato la ricerca della verità».
Oggi Cantini rivendica il lavoro svolto in questi due anni. E il «dialogo costante, che si è sempre svolto nella cornice di una funzione più ampia» con la famiglia Regeni, a cominciare dall’accoglimento della richiesta di deporre un mazzo di fiori gialli sul luogo del ritrovamento del corpo martoriato di Giulio.
«Ora tocca a Prestipino»
«I colloqui con Pignatone (procuratore di Roma andato in pensione poco tempo fa, ndr) e con il sostituto Colaiocco mi hanno fornito un quadro dei nodi da sciogliere per favorire un dialogo più costruttivo con le autorità giudiziarie», dice Cantini. «Fino a settembre 2017 non si erano infatti registrati significativi scambi tra le procure». Da allora invece, rivendica ancora, «si è avuto accesso al fascicolo istruttorio chiesto dalla famiglia e dalla procura di Roma. Ho incontrato il procuratorie generale egiziano il secondo giorno di lavoro al Cairo, Nabeel Sadek. Il 14 dicembre 2017 hanno consegnato il fascicolo»
Da settembre 2019 c’è un nuovo procuratore egiziano. E da ieri c’è un nuovo procuratore a Roma, Prestipino. «Ora sta a loro», dice l’ambasciatore. «Il nuovo procuratore egiziano mi ha detto il 12 ottobre che intendeva esaminare con il suo omologo quello che è stato fatto, inclusi gli errori, ed elaborare agenda e strategia comuni. Il 14-15 gennaio scorso c’è stato un incontro tra i due team investigativi. Ora, spazio a Prestipino. Alla verità si deve arrivare per via giudiziaria, attraverso una cooperazione che ha avuto fin qui fasi altere e che rimane inedita tanto più in assenza di un trattato bilaterale. Andrò avanti, lo dobbiamo a Giulio, alla sua famiglia, al concetto stesso di giustizia».
In copertina ANSA/Giorgio Onorati | Giampaolo Cantini alla Farnesina, Roma, 17 maggio 2016
Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev | Caso Regeni, le immagini dell’audizione dell’ambasciatore al Cairo Cantini
Leggi anche:
- Bologna, l’università e la città in piazza per Patrick Zaki. La sorella: «É meraviglioso» – Foto e video
- Caso Zaki, l’Egitto risponde alle pressioni europee: «Abbiamo più libertà di qualsiasi altro Paese sviluppato»
- «Mi tengono in un posto terribile. Siamo in 35 in una cella con una sola latrina»: le parole di Zaki prima di tornare in carcere
- Patrick Zaki rischia la condanna perché è gay. Ecco la spiegazione del giornale ufficiale egiziano
- Roma: «Zaki libero», il canto commosso di Imagine alla fiaccolata al Pantheon – Video
- A Roma, Raggi e Zingaretti dondolano su una montagna di rifiuti: nuovo murale in città
- Caso Patrick Zaki, oggi la decisione sul prolungamento della carcerazione in Egitto
- Caso Regeni, Di Maio: «Lavoriamo per la verità». Fico: «Il 2020 deve essere l’anno di Giulio»
- Egitto, nel carcere di Zaky muore un regista: Shady Habash era in prigione per un videoclip satirico su al-Sisi
- Via libera del governo alle navi all’Egitto? Orfini bacchetta il Pd: «Inaccettabile, ma c’è tempo per intervenire»
- Suicida l’attivista egiziana Sarah Hegazy. Era stata arrestata per una bandiera arcobaleno
- Conte sotto pressione sul caso Regeni, domani in Commissione. I sindacati sulle navi all’Egitto: «Stop per noi sarebbe lavoro perso»
- Caso Regeni, Di Maio scrive al ministro egiziano: «Tempo scaduto: dateci i dati degli indagati». Il testo della lettera