Università, il progetto iniziato da tre Millennials per rendere accessibili i migliori atenei del mondo
Gli atenei britannici e americani figurano regolarmente in vetta alle classifiche mondiali delle migliori università – per citarne una recente, the QS World University Rankings dà una sola università europea tra le prime dieci, l’ETH di Zurigo. Hanno però un grande problema: tendono ad essere elitarie e non soltanto dal punto di vista accademico.
A testimoniarlo sono le rette proibitive delle università americane (non è un caso che tra le proposte di Bernie Sanders ci sia quella di cancellare il debito studentesco), e anche quelle del Regno Unito non scherzano da quando il governo conservatore dell’ex premier britannico David Cameron ha deciso di triplicarle. Come fare dunque per allargare l’accesso alle migliori università del mondo da parte delle fette di popolazione meno avvantaggiate che troppo spesso finiscono per rimanere escluse in attesa che la politica cambi rotta?
Nasce proprio per far fronte a questo problema la rete di volontari Project Access, fondata nel 2016 da tre ragazzi dai 24 ai 27 anni e attiva anche in Italia. Volontari, appunto, perché il servizio è gratis. È soprattutto questo che lo distingue dai tanti servizi di tutoring privato che esistono, in Italia come altrove, per preparare gli studenti a sostenere gli esami di ammissione nelle università straniere e a redigere le famose “application” le cui componenti scritte, come il “personal statement”, una sorta di lettera di presentazione, gettano nella confusione studenti italiani visto che nel nostro Paese le procedure di domanda all’università sono radicalmente diverse.
«Cerchiamo sopratutto di colmare un vuoto di informazioni», ci spiega Irene Germani, studentessa al terzo anno di università al King’s College di Londra, ma anche tra i “mentori” di Project Access e parte della sua squadra italiana.
«Ho deciso di collaborare con Project Access per esperienza personale, perché nel mio liceo classico in Italia non avevo mai sentito parlare dell’opportunità di studiare all’estero. Sono finita in Inghilterra quasi per caso, grazie a un amico che era andato a studiare fisica qui e che mi ha molto aiutata, spiegandomicome fare il personal statement, ad esempio. Non sono cose difficili, ma possono mettere in crisi perché non esistono in Italia», racconta.
In totale sono più di 3.500 i giovani come lei che lavorano suddivisi in venti squadre internazionali. Sono più di tremila invece gli studenti che fino ad oggi sono riusciti ad aiutare: secondo le statistiche di Project Access, nel 2019 oltre il 60% di loro ha ricevuto offerte da una delle tre università di loro scelta.
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Foto di copertina: javier trueba su Unsplash