Coronavirus, la scuola alla prova della didattica a distanza. Gli studenti: «Fondi per tablet e computer, troppi stanno rimanendo indietro»
A un metro di distanza: quindi niente riunioni a scuola, niente incontri tra organi collegiali, didattica a distanza, supplenti ‘brevi’ per assicurare le lezioni e turnazione per il personale: così il mondo della scuola vive questa nuova settimana di epidemia di Coronavirus. Da due settimane le scuole delle regioni del nord Italia e da quattro giorni quelle di tutto il paese sono chiuse: per continuare le attività le scuole dovrebbero mettere in campo forme di didattica a distanza. Una circolare del ministero dell’Istruzione, la Nota n. 279, pubblicata la sera dell’8 marzo, dà alcune indicazioni essenziali di applicazione dell’ormai celebre decreto del presidente del consiglio di domenica scorsa e i suoi effetti sull’organizzazione scolastica e la gestione della didattica. «Nella consapevolezza di una situazione fluida e in continuo divenire», si legge nella nota di viale Trastevere.
I collegi dei docenti
Poche regole operative che dovrebbero rendere più chiara la gestione del settore dell’istruzione in questi giorni di confusione ed emergenza. A partire da questa settimana le scuole devono evitare di riunire gli organi collegiali, e quindi di convocare i collegi dei docenti: almeno fino all’inizio di aprile. Laddove l’impegno venga ritenuto non procrastinabile dai dirigenti scolastici, il ministero raccomanda un’organizzazione degli incontro a ‘piccoli gruppi’. In ogni caso, priorità alla didattica a distanza. Per assicurare poi la didattica a distanza, «nel caso di assenze dei docenti titolari nel corso della sospensione delle attività didattiche in presenza, dunque, i dirigenti scolastici si avvalgono dei supplenti, compatibilmente con quanto previsto dalla normativa vigente».
Personale Ata a turni
Nel nome della mobilità limitata e del contenimento del contagio, il personale amministrativo, tecnico e i collaboratori scolastici che non devono occuparsi della sanificazione dei locali – a lezioni sospese e con «la necessità di contenere il più possibile gli spostamenti fisici delle persone», constatata l’avvenuta pulizia degli ambienti scolastici, il dirigente scolastico – dice il Miur – «limiterà il servizio alle sole ulteriori prestazioni necessarie non correlate alla presenza di allievi, attivando i contingenti minimi stabiliti nei contratti integrativi di istituto ai sensi della legge 146/90».
«Siamo d’accordo con le disposizioni emesse da Viale Trastevere, ma per la salvaguardia della salute di tutti, che viene prima di ogni cosa, sarebbe bene disporre anche la chiusura totale di tutti i plessi scolastici e di protrarre le disposizioni fino a dopo Pasqua», rilancia Marcello Pacifico, presidente nazionale dell’Anief, associazione nazionale insegnanti e formatori. «Vale la pena ricordare che, sulla base delle indicazioni provenienti dai medici e dai virologi, la presenza nei plessi del personale amministrativo risulta inutile, se non pericolosa per il potenziale contagio, oltre a produrre uno spreco per i costi di funzionamento delle strutture scolastiche».
OPEN/Angela Gennaro | Intervista a Giulia Biazzo, coordinatrice nazionale UdS
Le richieste degli studenti
L’Unione degli Studenti ha condotto un’inchiesta nazionale, tramite un questionario che ha avuto più di 14mila risposte. Un report che gli studenti hanno presentato oggi in un incontro – rigorosamente telematico – con la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina.
«Dall’inchiesta emerge un’enorme confusione e carenza di informazioni sullo svolgimento della didattica online», spiega a Open la coordinatrice nazionale Giulia Biazzo. «Ogni professore la sta svolgendo con mezzi differenti, dalle videochiamate alla semplice assegnazione di compiti, nel 70% si sta facendo solo su alcune materie, mentre il 15% degli studenti non ha ancora iniziato nessun tipo di didattica a distanza». Non si usano le stesse piattaforme, e questo «determina una discontinuità dell’apprendimento», dice Giulia a Open. E poi non è detto che tutti abbiano computer, tablet, device o una connessione wifi idonea per collegarsi. «Un problema ancora più pesante nel caso delle famiglie numerose». Ma la garanzia del diritto allo studio, chiosa Giulia, «oggi è diseguale a prescindere dall’emergenza sanitaria».
Gli studenti chiedono un investimento in strumentazione, prima di tutto. Ma anche capire come verranno valutati in queste settimane, «visto anche l’appalto di contenuti e mezzi della didattica a ditte private».
L’esame di Stato
«Abbiamo chiesto di sapere per tempo se ci sono proroghe nella sospensione delle attività didattiche», dice ancora Giulia Biazzo. Ma ad oggi restano le date del 3 aprile per le zone rosse e del 15 marzo per tutto il resto d’Italia. «Il comitato tecnico-scientifico sta ancora valutando», dice la coordinatrice dell’Unione degli Studenti. «Ad oggi non sappiamo nemmeno se, dopo uno stop che in alcune regioni potrebbe essere superiore ad un mese, l’anno scolastico sarà prolungato in qualche modo, o se le prove INVALSI dovranno essere recuperate». Il Miur, dice Biazzo, «si è messo a disposizione per rimodulare i programmi didattici relativi all’esame di Stato». Preoccupa soprattutto la seconda prova, «la più complessa».
Gite scolastiche
Secondo l’Unione degli Studenti, sarebbe in preparazione al ministero dell’Economia un decreto per i rimborsi delle gite scolastiche, bloccate per l’emergenza coronavirus e però già, in moltissimi casi, pagate dalle famiglie. «Si parla di voucher, ma non abbiamo ancora certezze nè sul come nè sul quando», spiega Giulia Biazzo.
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