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Coronavirus, anche l’Isis teme i contagi: le «direttive religiose» contro la pandemia

Le istruzioni dello Stato islamico non sono diverse da quelle dell'Oms. «Stare lontano dalle persone malate ed evitare viaggi nelle zone colpite dall'epidemia». Poi coprirsi la bocca quando si tossisce o si sbadiglia e lavarsi le mani prima di mangiare e bere. Infine, «affidarsi ad Allah e cercare protezione in lui»

Anche l’Isis corre ai ripari per difendersi dal Coronavirus. In un articolo pubblicato sul suo settimanale, Al Naba, il sedicente Stato islamico fornisce «le direttive religiose» per proteggersi dal contagio. Nell’articolo il virus non viene mai nominato direttamente, si parla in generale di epidemia, ma le indicazioni non si discostano molto da quelle dell’Oms.

Prima fra tutte «stare lontano dalle persone malate ed evitare viaggi nelle zone colpite dall’epidemia». Poi coprirsi la bocca quando si tossisce o si sbadiglia e lavarsi le mani prima di mangiare e bere. Infine, «affidarsi ad Allah e cercare protezione in lui».

Ormai l’Isis controlla solo piccole sacche di territorio in Iraq, Afghanistan e Siria. Secondo i dati forniti dalla John Hopkins University in quell’area l’epidemia non si sarebbe diffusa come in altre aree del pianeta. In Iraq si segnalano 71 casi confermati di positività e 8 decessi. Soltanto 7 casi in Afghanistan. In Siria non si registrano positivi al coronavirus, ma certamente il conflitto in corso ostacola sia la diffusione delle informazioni che la verifica medica dei contagi.

A preoccupare i militanti dello Stato islamico però è certamente, per la vicinanza all’Iraq, la situazione in Iran, dove sono più di 10mila i contagiati dal virus e dall’inizio dell’emergenza sono morte 429 persone. I ricoverati sono quasi tremila.

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