Giovanni Maria Flick: «Coronavirus, attenzione a quegli arresti, potrebbero essere illegittimi»
L’ex presidente della Corte costituzionale, ex ministro e professore di diritto costituzionale, Giovanni Maria Flick è una persona prudente. E spiega subito che il suo giudizio sui primi arresti collegati all’ultimo “Dpcm anti-coronavirus” non punta certo ad «invitare a crearsi una via di fuga, una scappatoia per una disobbedienza incivile»: «Dico solo che questa interpretazione così restrittiva rischia di essere respinta da un giudice e dunque il governo farebbe meglio ad intervenire, semmai, per legge».
Professor Flick, a Roma sono state arrestate sette persone perché avevano dichiarato il falso in relazione all’ordinanza Covid. In sintesi, non perché hanno violato l’indicazione di non uscire di casa, ma per aver detto il falso ai carabinieri che li hanno fermati. È legittimo questo arresto?
«Mi lascia perplesso. Le false dichiarazioni all’autorità a cui fanno richiamo le dichiarazioni del presidente del consiglio e la circolare del ministero dell’Interno e che, a quello che leggo, sono state applicate in questa circostanza, citano l’articolo 495 del Codice penale. Ovvero, la falsa attestazione ad un pubblico ufficiale sulla propria identità, qualità o stato: un reato pesante punito con la reclusione fino a 6 anni».
E violando il dpcm si commette una falsa attestazione?
«Non credo. Non si dice il falso sulla propria identità, sulle proprie qualità o sul proprio stato, cioè i casi previsti dall’articolo 495. Per stato, infatti, la legge intende lo stato civile (coniugato o celibe e così via); e la menzogna sulle ragioni per cui sono fuori di casa non riguarda né l’identità, né lo stato, né la qualità della persona a meno di attenersi a una interpretazione abbastanza ardua, in contrasto con le indicazioni tassative della legge sulle dichiarazioni sostitutive».
Si può configurare qualche altro reato?
«Il magistrato chiamato a convalidare l’arresto, potrebbe configurare questo comportamento come un falso ideologico del privato in atto pubblico, articolo 483 del Codice penale. Saremmo comunque su un terreno, a mio avviso, illegittimo. L’obbligo di verità non si applica a colui che ha compiuto un fatto costituente reato. Ovvero, come sappiamo, il colpevole ha diritto di mentire».
Ma contravvenire al decreto resta reato?
«È reato trasgredire all’ordine dell’autorità, come prevede l’articolo 650 del codice penale che però non contempla la possibilità dell’arresto in flagranza di reato. Dunque sì, è reato ed è anche costituzionale prevedere norme di questo tipo perché la salute è un interesse fondamentale, tutelato come tale dalla Costituzione anche rispetto alla libertà di circolazione. L’articolo 117 prevede in questo caso la necessità di una legge e non anche il provvedimento del giudice che è necessario per limitare la libertà personale».
Il Dpcm non è una legge però…
«Può essere ricollegato al decreto legge o alla legge delega con cui è stato affidato al governo il compito di affrontare questa situazione di emergenza. Sul piano penale c’è forse un ulteriore punto che è utile chiarire».
Ovvero?
«Il soggetto che in quarantena, consapevole di essere portatore del virus, circola lo stesso può essere chiamato a rispondere, per colpa, nel reato di epidemia, ma solo se c’è la prova che abbia contagiato qualcuno, secondo recente sentenza della Cassazione».
Qualcuno potrebbe dire che in questo momento di emergenza serve una stretta, per il bene di tutti
«La salvaguardia della salute è importantissima ma affidarla al piano penale pone degli interrogativi che non sono semplicemente una ricerca del pelo nell’uovo. Abbiamo da tempo la tendenza di chiamare in causa il diritto penale per qualunque problema. Ma per farlo ci vuole una legge e una riflessione seria. Non voglio certo vanificare gli sforzi del governo, ma il rispetto della legge è necessario per tutti. E, in ogni caso, mi lascia perplesso l’idea di modificare le leggi penali in un momento emozionale come questo».
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