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Coronavirus, polemica sulle mascherine. Gallera: «Sembrano carta igienica», Borrelli: «Ci stiamo lavorando»

14 Marzo 2020 - 19:35 Giulia Marchina
Il problema è anche dato dal fatto che l'Italia non possiede stabilimenti per la produzione delle stesse

«A noi servono mascherine del tipo ffp2 o ffp3 o quelle chirurgiche e invece ci hanno mandato un fazzoletto, un foglio di carta igienica, di Scottex». Giulio Gallera, assessore al Welfare della Regione Lombardia, commenta così l’arrivo in regione da parte della Protezione civile di mascherine – utilizzate per proteggersi dal coronavirus – per i cittadini e i pazienti che ne hanno grande bisogno. L’assessore ha spiegato che le mascherine arrivate dalla Protezione civile «non sono marchiate Cee, i nostri operatori ci hanno detto: “come possiamo utilizzarle?”».

Ha proseguito dicendo di non voler entrare in polemica, «ma è evidente che non è possibile immaginare di usare queste mascherine da parte di sanitari che lavorano ore e ore. Questo non è consentito e accettabile per una persona che sta a contatto con pazienti infetti», perché «al massimo possono essere utilizzate da un volontario che le usa per portare la spesa a un anziano». «C’è un’emergenza mascherine che va risolta con i giusti presidi. Almeno dateci gli strumenti per giocare questa battaglia», ha chiosato l’assessore.

Le dichiarazioni dell’assessore non sono passate in sordina, tanto da aver richiamato l’attenzione del capo della protezione civile Angelo Borrelli che ha risposto a distanza a Gallera sulla situazione mascherine dalla consueta conferenza stampa delle 18: «In tutto il mondo c’è una chiusura delle frontiere all’esportazione, penso a Paesi come India, Russia e Romania, che rappresentano il mercato dal quale i fornitori avevano recuperato mascherine. Per questo il lavoro di recupero delle mascherine è molto faticoso. Ma è un problema non soltanto italiano».

Borrelli ha poi specificato – lanciando qualche dato – che il fabbisogno del Paese è di circa 90 milioni di mascherine. Per ora, l’Italia ha stipulato contratti per poterne ricevere oltre 55 milioni. Di queste, ne sono state consegnate 5 milioni. «Abbiamo anche registrato 20 milioni di mascherine che avevamo contrattualizzato e che per vari motivi non sono arrivate», ha aggiunto.

Il punto è che l’Italia non possiede stabilimenti per la produzione di mascherine, questo perché, data la bassa domanda, sarebbe troppo gravoso mantenere aziende di questo tipo. Eppure, per uno scherzo del destino, ora ci ritroviamo ad averne bisogno, e in gran quantità. Da ora in poi spetterà al super commissario Arcuri «razionalizzare e individuare strutture che possano essere riconvertite per la produzione, è un’ipotesi che si sta valutando».

Il capo della protezione civile conclude l’intervento invitando le istituzioni – con un riferimento dunque nemmeno troppo velato a Gallera – a mettere da parte diatribe varie, per creare coesione. «Siamo di fronte a una grande pandemia, dobbiamo lavorare tutti insieme senza polemiche».

Il parere degli esperti

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