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Coronavirus, ecco cosa dice la legge in merito alla sospensione degli allenamenti – Parla l’esperto

15 Marzo 2020 - 23:08 Daniele Miceli
L'avvocato giuslavorista Giampiero Falasca chiarisce cosa prevede l'ordinamento giuridico

La diatriba è nata e esplosa dopo l’ultima assemblea di Lega in videoconference: alcuni club vorrebbero riprendere gli allenamenti (la Lazio, ad esempio), altri (Agnelli in primis) preferiscono sospenderli sino a fine emergenza, spalleggiati dalle mozioni dei medici della Serie A e dall’Aic capeggiata da Damiano Tommasi.

Sospensione giusta o no?

Sul punto fa chiarezza l’avvocato giuslavorista Giampiero Falasca, esperto di settore e anche autore di un noto manuale di Diritto del Lavoro. «La risposta alla diatriba si trova nel dpcm del 9 marzo – sottolinea l’avvocato Falasca -. Lì si dice che gli allenamenti possono continuare, a patto che avvengano a porte chiuse e siano rispettate tutte le misure di prevenzione fissate per contenere il contagio. Pertanto, nella diatriba tra calciatori e società di calcio non si può dire a priori chi ha ragione e chi no: bisogna andare a vedere, caso per caso, come la società intende riprendere gli allenamenti».

Insomma, ci si può allenare, ma a patto che vengano rispettate condizioni tali da rendere idonei e sicuri l’attività e gli ambienti in cui si svolge. Sedute di allenamento diverse dall’ordinario, ma cerchiamo di capire come: ‘Ad esempio – dice l’avvocato Falasca -, si potrebbe pensare di riorganizzare gli spazi comuni (spogliatoi, docce), evitando ogni tipo di contatto ravvicinato tra gli atleti, così come si potrebbero evitare tutte quelle forme di allenamento che presuppongono il contatto fisico.

Un ruolo importante nella gestione del rischio per gli atleti lo svolge il medico sociale, in quanto deve definire procedure e controllo idonei a contenere la diffusione del virus’.

Perché altri lavoratori non si fermano?

L’avvocato Falasca, che ovviamente rimarca la necessità di sospendere gli allenamenti in presenza di casi conclamati di tesserati positivi al Covid 19 (o comunque di fondati sospetti su presunti contagiati), evidenzia anche i motivi per cui, a differenza di altre categorie di lavoratori dipendenti che stanno regolarmente operando, i calciatori possono fermarsi: «I calciatori dal punto di vista giuridico sono lavoratori dipendenti come tutti gli altre, a parte alcune regole specifiche. E come lavoratori devono essere tutelati dalle società di calcio, che devono applicare scrupolosamente tutti i protocolli di tutela definiti in questi giorno dal governo. La differenza sta nel tipo di attività che svolgono, che presuppone il contatto fisico, cioè proprio quel tipo di contatto che agevola la diffusione del virus».

Il motivo per il quale i campionati sono sospesi e gli allenamenti, come spiegato dal giuslavorista Falasca, possono riprendere ma con metodologie ad hoc e in assenza di casi di contagio.

Foto di copertina Ansa

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