Siria, il conflitto entra nel suo decimo anno: 5 milioni di bambini nati sotto le bombe e 11 milioni di rifugiati
Quando la crisi in Siria è ormai entrata nel suo decimo anno, il popolo siriano continua a essere vittima di una tragedia immane. L’offensiva su Idlib iniziata a fine dicembre doveva essere la chiamata decisiva per mettere fine alle sofferenze causate dal conflitto, ma la situazione nel nordovest del Paese è ormai a un punto di non ritorno.
Secondo l’Unicef, sono quasi cinque milioni i bambini in Siria che a partire dal 15 marzo 2011 non hanno conosciuto altro che la guerra, e oltre 9 mila quelli uccisi nel corso del conflitto. Un altro milione di bambini siriani è nato fuori dalla sua terra, da genitori sfollati nei Paesi vicini. «Le famiglie raccontano che non hanno altra scelta che mandare i loro figli a lavorare – dice l’Unicef – o sposare le loro figlie presto. Nessun genitore dovrebbe essere costretto a prendere tali decisioni».
Un conflitto che, come ricorda l’Unhcr, ha causato un esodo di massa di dimensioni su vasta scala come non se ne vedevano dalla seconda guerra mondiale. Sono 11 milioni i profughi siriani costretti ad abbandonare le loro case e rifugiarsi chi in altre zone della Siria e chi costretto a viaggi disperati attraverso i muri e i confini europei.
Nella Siria nordoccidentale, da dicembre 2019 gli scontri hanno causato la fuga di almeno un milione di persone, che vivono attualmente in condizioni disperate. Allo stesso tempo, in altre aree del Paese, numerose famiglie e comunità cercano di ricostruire le proprie vite e andare avanti, nonostante la diffusa carenza di servizi, la distruzione delle proprietà e le difficoltà economiche, dimostrando grande capacità di resilienza.
Nove anni di crisi hanno lasciato il segno su tutta la regione. I Paesi di accoglienza, come Turchia, Libano e Giordania, continuano ad avere bisogno di finanziamenti per far fronte alle necessità di milioni di rifugiati siriani e assicurare il futuro di famiglie e soprattutto delle generazioni più giovani private del diritto all’educazione.
La carenza di aiuti e l’accesso limitato a servizi sanitari e istruzione generano un aumento dei costi giornalieri e rischiano di spingere le famiglie rifugiate in un’irreversibile spirale di vulnerabilità. Per la disperazione, alcuni rifugiati sono costretti a ritirare i propri figli da scuola per farli lavorare e contribuire al sostegno della famiglia. Altri riducono il numero di pasti giornalieri. Esposti a sfruttamento e abusi, altri ancora si danno alla prostituzione, contraggono matrimoni precoci, o cadono vittime di lavoro minorile.
Nessuno potrà restituire ai milioni di bambini nati sotto le bombe l’infanzia che non hanno mai avuto, ma si potrebbe almeno provare a riacquistare una umanità perduta dopo un decennio di indifferenza della comunità internazionale davanti alle sofferenze di un intero popolo.
Credits foto copertina: Unhcr
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