«Poi è arrivato il Coronavirus». L’epica di Ascanio Celestini sull’epidemia che sta segnando la storia – Il video
Il regista, scrittore e drammaturgo Ascanio Celestini (vi ricorderete forse il libro diventato film, La pecora nera, del 2010) ha messo giù, nero su bianco – ma anche video-audio su web – alcune riflessioni sull’epidemia di Coronavirus e su come essa abbia travolto e stravolto la storia e le geografia, portando l’altrove – tutto ciò che è non soltanto fisicamente ma anche culturalmente lontano da noi: italiani europei, occidentali ricchi e privilegiati – a casa, sui balconi, per strada, nei supermercati vuoti e nei reparti di terapia intensiva stracolmi.
Il risultato è un racconto epico della storia della sua ma anche della nostra contemporaneità, delle generazioni cresciute dopo le privazioni e i dolori della Seconda Guerra Mondiale e dopo gli anni del miracolo economico in cui – grazie al Marshall Plan americano, alle politiche d’investimento dello stato, alle capacità della classi dirigente d’allora – gradualmente abbiamo allontanato la civiltà ma anche la povertà contadina, abbiamo debellato, grazie ai progressi della scienza alcune malattie infettive, e con esse anche la paura del contagio, della quarantena, dell’invasione batteriologica.
Il virus viaggia in business class, ma anche in bus
Li abbiamo allontanati da noi, «nell’Altrove», come scrive Celestini, dove «c’erano i poveri veri, quelli senza niente» che «tenevamo fuori dalla porta» grazie ai nostri Governi (anche se i poveri bussavano e bussano tuttora, eccome). Questo fino a ieri, nel secolo scorso che è «durato fino a qualche giorno fa». «Poi è arrivato il virus. Ha viaggiato in business class. È scivolato tra le dita delle strette di mano pacifiche. È stato in crociera». L’Europa, il regno dei ricchi, è diventata gradualmente il fulcro mondiale dell’epidemia, con il crollo dei casi in Cina. La geografia si è invertita e con essa – qui Celestini passa dall’epica storica alla profezia – rischia di farlo anche la storia.
Ma è vero, come scrive Celestini che «il parassita non fa differenze» che è indifferente «al denaro dei ricchi e alla miseria» e non solo alle «nostre leggi e ai nostri confini»? Sicuramente il virus colpisce più frequentemente i più deboli di salute e gli anziani e la ricchezza non ferma l’avanzare degli anni e non sempre può tutelare la salute. Ma è anche vero che le persone meno abbienti non sempre possono permettersi di stare a casa e di non lavorare durante l’epidemia anche perché la natura del lavoro manuale lo impedisce. Come scrive il New York Times, il virus ha più alte probabilità di colpire i poveri, tra cui il tasso di malattie croniche è più alto.
E poi ci sono i ricchi che volano via in jet privati o in elicotteri per trascorrere la loro quarantena in luoghi poco affollati, con tutti i comfort del caso. I politici in questo senso, rappresentano un’eccezione dovuta alla necessità di confrontarsi con il pubblico. Insomma, #iorestoacasa è più facile e più sicuro se la casa è una villa o uno chalet.
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