Coronavirus, l’Europa si chiude: che cos’è l’area Schengen e cosa cambia ora
La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, ha annunciato il blocco per trenta giorni (rinnovabili) ai viaggi non improrogabili verso i Paesi dell’area Schengen. Da Bruxelles, von der Leyen ha annunciato: «Con i governi europei abbiamo deciso una restrizione temporanea dei viaggi non essenziali nell’Unione. Lo facciamo per non far diffondere ulteriormente il virus dentro e fuori il continente e per non avere potenziali ulteriori pazienti che pesano sul sistema sanitario Ue».
La serrata era stata confermata dal presidente francese Emmanuel Macron durante il suo discorso alla nazione. Dalle ore 12 di oggi 17 marzo in pratica l’Europa si isola dal resto del mondo. Per almeno un mese, in sostanza, non si potrà entrare nel nostro continente e nemmeno uscire dall’area Schengen.
Il blocco è soggetto ad esenzioni per cittadini europei che ritornano in patria, per i pendolari, ma anche per il personale sanitario e i ricercatori. La Commissione Ue oggi ne discuterà, sempre in videoconferenza, con i capi di Stato e di governo convocati per un Consiglio straordinario. Appena sei giorni fa gli Stati membri si erano assunti l’impegno di «coordinare» la risposta al Covid-19, ma il dilagare del virus ha portato a decisioni estreme.
Cos’è il trattato di Schengen?
Il trattato di Schengen è considerato il livello più avanzato del processo di unificazione europea e prevede la libera circolazione delle persone all’interno dei Paesi firmatari. In conseguenza del trattato sono stati aboliti i controlli alle frontiere interne. Lo stesso accordo prevede che la libera circolazione interna venga sospesa senza che ciò comporti l’uscita dal trattato: ciò può avvenire in caso di minacce per la sicurezza nazionale o del mancato funzionamento dei controlli alle frontiere esterne.
Gli Stati membri
Ad aver aderito a Schengen sono 26 Paesi, 22 facenti parte dell’Unione Europea e 4 extra Ue. I primi Paesi firmatari dell’accordo sono stati Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo: l’accordo prese forma a partire dal 1985, nella località lussemburghese di Schengen, da cui il trattato prende il nome. Nel 1992 aderirono Spagna e Portogallo, mentre l’Italia ha firmato l’accordo nel 1990, ma ha aperto le frontiere solo nel 1997. Seguirono Austria, Grecia, Danimarca, Finlandia, Svezia, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Malta, Slovacchia, Slovenia, Estonia, Lettonia e Lituania.
I Paesi comunitari che non fanno parte dell’area Schengen sono l’Irlanda, che non ha firmato il trattato e Cipro, Croazia, Romania e Bulgaria che vi hanno aderito, ma dove le frontiere sono ancora attive. I quattro Paesi extra Ue che hanno firmato l’accordo di libera circolazione sono Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein.
La cooperazione poliziesca e “l’inseguimento frontaliero”
Oltre alla sostanziale abolizione dei controlli alle frontiere interne, il trattato prevede anche, parallelamente, il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne. Altro elemento fondativo di Schengen è la cooperazione poliziesca: le forze di polizia dei Paesi aderenti sono chiamate a collaborare per combattere i rischi per l’area. Fra le norme più discusse c’è il cosiddetto “inseguimento frontaliero”, che consente alle polizie nazionali di valicare i confini fra gli Stati membri per inseguire un sospetto imputato di reati gravi.
La sospensione di Schengen per il coronavirus nei confini nazionali
Il terrorismo e il contenimento dei flussi migratori sono stati i principali argomenti per cui negli ultimi anni si è chiesta la sospensione di Schengen. Fra le più recenti, e discusse, chiusure dei confini quella operata dalla Francia dal 14 dicembre 2015 al 27 marzo 2016 a seguito degli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi e dalla Germania, dal 13 settembre 2015 al 13 febbraio 2016, per limitare l’immigrazione internazionale.
Ma è l’emergenza coronavirus a mettere a dura prova uno dei pilastri dell’Unione Europea. Otre alla chiusura verso l’esterno, sono otto i Paesi (Austria, Ungheria, Repubblica ceca, Danimarca, Polonia, Lituania, Estonia e Germania) che hanno notificato alla Commissione l’introduzione di controlli alle frontiere interne. Più Svizzera e Norvegia che, pur non essendo membri Ue, appartengono alla zona Schengen. Le misure attuate sono le più diverse: dai semplici controlli sanitari su chi entra, come il rilevamento della temperatura corporea, al divieto totale di ingresso per chi non è residente.
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