Effetto coronavirus sulle borse: Spread supera i 310 punti, Piazza Affari in calo. Male le asiatiche: crollo di Seul
Il blocco delle vendite allo scoperto della Consob per tutti i titoli a partire da oggi non riesce più a contenere il calo di Piazza Affari. L’indice Ftse Mib (-2,8%) peggiora, pur rimanendo al riparo dalla tempesta delle altre borse europee. Il rialzo dello spread a 310 punti affossa Intesa (-6% teorico) e Unicredit (-2,3% teorico), congelate al ribasso. Giù Ubi (-1,5%), mentre Fca cede l’8% dopo le vendite in Europa e Cnh il 10%. Prosegue la corsa di Tim (+4,3%), rallenta Prysmian (+1,7%), giù Eni (-0,7%).
Il calo del 4% dei futures Usa e il nuovo ribasso del greggio (Wti -6,9%) colpiscono i listini europei nonostante l’annuncio della Bce «pronta a nuove misure». Parigi (-5,8%) è la peggiore, nonostante il blocco alle vendite allo scoperto. Sotto pressione Londra e Francoforte (-5%) insieme a Madrid (-4,4%), mentre resta positiva Bruxelles (+1%). Bene i telefonici Proximus (+12,7%), Orange (+5,45%) e Tim (+4,6%), crollano Airbus (-14%), Total (-6,3%) e Volkswagen (-9%).
Stop per tre mesi delle vendite allo scoperto
Dalla seduta di oggi scatta il divieto annunciato dalla Consob ad effettuare vendite allo scoperto su tutti i titoli di Piazza Affari per 3 mesi. Il provvedimento, che aveva interessato solo alcuni titoli nel corso delle sedute dello scorso 13 marzo e di ieri, riguarda tutte le cosiddette «posizioni corte», utilizzate per guadagnare in Borsa anche quando i listini scendono, tramite la compravendita di titoli presi a prestito.
A questo si aggiunge l’introduzione di un regime di “trasparenza rafforzata” per i 48 titoli a maggior capitalizzazione e ad azionariato diffuso, che prevede la comunicazione di variazioni sull’azionariato a partire dall’1% per le società più grandi e dal 3% per le Pmi, in luogo rispettivamente del 3 e del 5%. Provvedimenti contro le vendite allo scoperto sono stati adottati anche dalle Autorità finanziarie in Spagna, Francia e Belgio.
Le Borse asiatiche
Nuova giornata difficile per i listini di Asia e Pacifico, ancora una volta legata agli effetti della diffusione del coronavirus. I listini orientali hanno scontato il calo delle esportazioni dalla Cina al Giappone, che in febbraio si sono dimezzate, bloccando di fatto le attività manifatturiere. Tokyo ha ceduto l’1,68%, Shanghai l’1,83% e Taiwan il 2,34%. Più pesanti Seul (-4,86%) e Sidney (-6,43%), legata al prezzo delle materie prime, che a parte l’oro e il minerale di fatto hanno segnato nuovamente il passo.
Le Borse cinesi, dopo un buon avvio al rialzo, limano i guadagni nella seconda metà della seduta fino a chiudere con forti perdite in scia ai timori sulla pandemia e di una recessione globale, nonostante i proposti di stimoli all’economia che stanno aumentando a livello mondiale: l’indice Composite di Shanghai cede l’1,83%, a 2.728,76 punti, mentre quello di Shenzhen perde l’1,55%, a 1.678,25.
Leggi anche:
- Bufala su Ronaldo: la notizia che volesse trasformare i suoi hotel in ospedali è stata smentita
- Spagna e Austria come l’Italia. Francia al voto con i bar chiusi. E la Germania ferma solo le scuole – Come funziona la lotta a coronavirus nel resto d’Europa
- Coronavirus, licenziata per aver chiesto di lavorare da casa. «Posso capire, ma se domani non vieni per noi non sei confermata»