Coronavirus, la storia di Carlo: «Io, in quarantena in Cina, internato in una camera d’albergo di 13 mq» – Il video
Una piccola camera d’albergo, pagata dalle autorità cinesi: «un letto, due cuscini e nient’altro». Quando è arrivato mancavano persino carta igienica, sapone e asciugamani senza considerare che il water non è provvisto di sciacquone. A parlare a Open è Carlo Dragonetti, italiano di 27 anni che vive e lavora in Cina e che, per pura coincidenza, a fine gennaio aveva pensato bene di tornare in Italia, approfittando delle vacanze per il Capodanno cinese, così da riabbracciare la sua famiglia. Non sapeva, però, che il Paese dove vive presto sarebbe diventato “zona rossa” e che il Coronavirus lo avrebbe messo letteralmente in ginocchio.
Le visite dei medici due volte al giorno
Carlo, con grande coraggio, una settimana fa, ha deciso di ritornare a Shanghai, dove sapeva che si sarebbe dovuto sottoporre a «una quarantena centralizzata», ovvero a un periodo di isolamento di 14 giorni (più uno, il cosiddetto “giorno zero”) all’interno di una struttura alberghiera scelta dal governo cinese. Lì viene visitato due volte al giorno da due dottori che «gli misurano la temperatura corporea, che gli chiedono come sta e se ha sintomi». L’appuntamento fisso è alle 8.30 del mattino e tra le 14 e le 15 del pomeriggio.
Colazione, pranzo e cena pagati dal governo cinese
Carlo, racconta che non ha fornelli, non ha cucina, non può uscire a fare la spesa: «Mi lasciano i pasti – colazione, pranzo e cena – su una sedia davanti alla porta della mia stanza. Tutto a spese del governo cinese. L’unica cosa che pago di tasca mia sono le consegne a domicilio, ne è ammessa una al giorno. Oggi, ad esempio, ho preso la frutta».
In quella piccola stanza «a stento riesce a muoversi»: «In 13-14 mq trovate zona notte, sala da pranzo, ufficio, armadio, bagno e dispensa». Un sacrificio necessario per tornare il prima possibile alla quotidianità.
L’appello agli italiani
L’appello di Carlo è forte e chiaro ed è rivolto agli italiani: «Non dobbiamo essere uniti solo quando c’è la nazionale. Noi siamo la nazionale, noi dobbiamo combattere questo virus e dobbiamo farlo con serietà. State a casa, questo è il nostro unico vaccino».
Foto e video di Open
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