Coronavirus. La vera storia dei 500 mila «test» spediti negli Stati Uniti e l’azienda bresciana Copan
La situazione ora è più chiara in merito ai «500 mila test» per il Coronavirus spediti negli Stati Uniti attraverso un volo militare decollato il 16 marzo 2020 dalla base americana di Aviano. La lettura di questa notizia aveva scatenato l’ira di molti, convinti che si trattassero dei kit completi per effettuare i test prodotti a Brescia mentre in Italia se ne sarebbero fatti appena un centinaio di migliaio nella popolazione.
Indice:
Potevamo farne di più avendo un’azienda che li produce in Italia? Qualcuno ha preferito pensare al denaro piuttosto che ai propri concittadini? Il Governo era a conoscenza di un fatto del genere e della possibilità di fare più test in Italia avendo chi li produrrebbe? Ecco, su questo bisogna far chiarezza.
Il volo c’è stato
Per prima cosa, è vero che dalla base militare di Aviano è partito un cargo con a bordo del materiale necessario per fare i test per il Covid-19. Ecco il post pubblicato il 18 marzo 2020 nella pagina Facebook ufficiale Air Mobility Command:
Through its Active, Reserve, and Air National Guard components, Air Mobility Command stands ready to do everything possible to mitigate the effects of COVID-19 and ensure we continue executing rapid global mobility operations.
Yesterday, as part of a U.S. Department of Health and Human Services-led, whole-of-government effort, AMC transported a shipment of 13 pallets containing 500,000 COVID-19 sampling swabs aboard a 164th Airlift Wing C-17 Globemaster III from Aviano Air Base, Italy, to the Memphis, TN, Air National Guard Base.
AMC and its #TotalForce mobility crews are postured to support additional requests from DHHS to deliver COVID-19 testing supplies in the coming days and weeks. This is why we serve.
Ecco le foto pubblicate nel post Facebook:
L’articolo di Repubblica e l’azienda bresciana
In un articolo di Repubblica del 18 marzo 2020 dal titolo «Coronavirus, mezzo milione di tamponi da un’azienda di Brescia agli Stati Uniti» vengono riportate delle evidenti critiche in merito alla spedizione dei tamponi:
Così gli Stati Uniti sono riusciti a comprare mezzo milione di kit per individuare il contagio a Brescia. E li hanno trasferiti a Memphis con un aereo militare.
Mercoledì l’America ha festeggiato per l’arrivo di un carico di tamponi, appunto mezzo milione di pezzi. Una scorta impressionante: nel nostro Paese dall’inizio dell’epidemia ne sono stati fatti poco più di 100 mila. Ma quella provvista sbarcata negli Usa proveniva dalla base americana di Aviano, poco distante da Pordenone. Sì, in Italia c’era una colossale riserva di test diagnostici, disponibile a poche decine di chilometri dall’epicentro del Covid-19: strumenti che le nostre regioni cercano in tutti i modi per arginare la diffusione del morbo ma che non riescono a trovare.
Repubblica cita un nome, la Copan Diagnostics di Brescia, facendo domandare agli utenti se questa abbia venduto agli americani qualcosa che poteva essere dato agli italiani:
E il mezzo milione di test è stato prodotto proprio in Italia. Da un’azienda di Brescia, la città che in queste ore è in prima linea nella battaglia contro il morbo: la Copan Diagnostics.
[…]
La notizia appare sorprendente. Una ditta lombarda aveva a disposizione una quantità di tamponi sufficiente per i bisogni di tutto il Nord ed invece è stata venduta oltre Oceano. Ci hanno battuto sul prezzo?
L’intero articolo punta contro gli americani e l’azienda bresciana, proponendo una situazione di «alleanze» che non tengono più e della corsa alla salvezza a qualsiasi prezzo. Soprattutto, il Governo ne era informato? Questa l’ultima domanda posta nell’articolo di Repubblica:
All’inizio si era pensato che i tamponi venissero dalle basi militari americane.
[…]
La realtà però è diversa. I tamponi erano pronti a Brescia, nel cuore dell’epidemia, dove medici e infermieri lottano per bloccare il morbo prima che travolga Milano, dove ogni giorno migliaia di persone rischiano il contagio. Il nostro governo ne era informato?
A fine dell’articolo c’è una breve replica di Copan Diagnostics, ma non cambia la sostanza dell’articolo:
La Copan Diagnostics replica che “tutto è avvenuto alla luce del sole. Non dovevamo avvertire le autorità italiane: sono prodotti in libera vendita. E noi siamo un’azienda leader che esporta in tutto il mondo. Non c’è carenza di tamponi: nelle scorse settimane in Italia ne abbiamo venduti più di un milione e possiamo soddisfare tutte le richieste. Il problema non sono i kit, ma i laboratori per analizzarli”. E precisa: “Quello stock non è stato acquistato dal governo statunitense, ma da società private e distributori americani. Lo hanno trasportato con un volo militare soltanto perché non c’erano aerei commerciali disponibili”.
Non erano «test diagnostici»
Repubblica parla di «test diagnostici», ma questo è un errore dal punto di vista comunicativo. I test sono composti da vari elementi, tra questi i tamponi. Quello che è stato trasportato negli Stati Uniti, e prodotto dalla Copan Diagnostics, era solo questo strumento di raccolta. Bastava andare nel sito ufficiale dell’azienda nella sezione «i nostri prodotti» per capire di cosa si sta parlando:
Quando sentiamo parlare del «tampone» non possiamo pensare che questo basti per individuare il virus, c’è bisogno di fare il test vero e proprio in laboratorio, dovremmo saperlo dopo aver sentito più volte i medici addetti ai lavori che si lamentano delle lunghe ore di lavoro per controllarli uno ad uno.
La replica della Copan Diagnostics
Ecco la replica pubblicata nel sito ufficiale dell’azienda bresciana:
Brescia, 19/3/2020
Leggiamo con stupore e vivo rammarico l’articolo appena pubblicato da Repubblica a firma del vicedirettore, Gianluca di Feo, intitolato: ”Coronavirus, mezzo milione di tamponi da un’azienda di Brescia agli Stati Uniti”. Riteniamo sia doveroso puntualizzare quanto segue, a tutela del buon nome di Copan, dei nostri dipendenti e concittadini.
Copan Italia è un’azienda bresciana, ed è il principale produttore al mondo di sistemi di prelievo e conservazione per la microbiologia. Da anni serviamo il mondo intero con i nostri dispositivi e, in questa fase di pandemia globale, stiamo lavorando incessantemente per fornire i famosi “tamponi”, in Italia e ovunque servano. Va chiarito che il tampone è solo il dispositivo di prelievo del campione; altre aziende nel mondo si occupano di produrre e commercializzare i test diagnostici a cui i tamponi sono sottoposti in laboratorio. Nelle ultime settimane abbiamo consegnato agli ospedali italiani oltre 1 milione di tamponi; dall’inizio dell’epidemia, ad oggi, 19 marzo 2020, in Italia sono stati effettuati circa 200.000 test. È evidente che in Italia i tamponi non scarseggiano, tanto che non sono soggetti ad alcuna restrizione all’export, diversamente da altri articoli per uso medicale. Copan da decenni esporta negli Stati Uniti mediante distributori, che servono sia il settore pubblico sia il privato. A causa della scarsità di aerei-merci e dell’acuirsi della crisi Coronavirus, il governo USA ha recentemente organizzato un ponte aereo con un cargo militare per trasportare urgentemente i nostri tamponi. Altre spedizioni sono state programmate nella stessa modalità, anche perché la quantità inviata non è certo “impressionante” rispetto alla popolazione e soprattutto al numero di test che possono essere effettuati settimanalmente nei laboratori Nordamericani. Non c’è stata nessuna operazione in sordina, la merce è stata regolarmente sdoganata e ceduta a prezzo di mercato, Copan non ha venduto ad alcun governo. E, soprattutto, nessun tampone è stato tolto ai bresciani, ai lombardi, agli Italiani o agli Europei. L’articolo di Repubblica contiene una serie di inesattezze ed allusioni e sta arrecando un grave danno all’immagine di Copan: basta dare un’occhiata alle reazioni di sdegno suscitate dallo stesso sui social media a poche ore dalla pubblicazione. Ci risulta, inoltre, che il contenuto sia già stato ripreso da altri organi di stampa e mezzi di comunicazione, ad aggravarne ulteriormente l’impatto.Per avere risposta ai tanti interrogativi sollevati sarebbe bastato consultarci. Il contraddittorio avrebbe anche consentito di comprendere quanto il ritratto a tinte fosche che emerge dalla lettura dell’articolo sia distante dall’etica che contraddistingue il nostro gruppo di persone che, con sacrifici enormi, sta dando il suo contributo alla corretta diagnosi del Covid-19, ovunque nel mondo. Copan si riserva di agire nelle sedi giudiziarie competenti per tutelare la propria immagine.
Stefania Triva
Amministratore Delegato Copan Italia S.p.A.
Conclusioni
Un aereo cargo è veramente partito da Aviano per gli Stati Uniti con a bordo un carico di materiale utile per i test Covid-19. Non si è trattato dei test veri e propri, ma soltanto del tampone come strumento di raccolta del materiale da analizzare in laboratorio. Si parla, dunque, di strumenti utili al prelievo e alla conservazione per la microbiologia.
Questo strumento, a quanto dichiara l’azienda, non è mancante in Italia e la stessa è capace di produrne in quantità necessarie per effettuare la raccolta del materiale da controllare nei laboratori specializzati.
In mancanza di altri mezzi di trasporto, l’esercito americano – attraverso un ponte aereo organizzato dal Governo USA – si è messo in moto per il lavoro di spostamento della merce dall’Italia agli Stati Uniti.
L’azienda bresciana fornisce questi tamponi agli ospedali italiani e a chiunque ne faccia richiesta, aziende e ospedali americani ed esteri in generale inclusi. Tra le altre cose, Copan è presente anche negli Stati Uniti e Giappone.
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