Coronavirus, un manager toscano sblocca un cargo di 1,4 milioni di mascherine dalla Cina. Ferme in Turchia 200 mila per gli ospedali di Emilia e Marche
Sono 200mila in tutto. Mascherine Ffp2 e Ffp3 con valvola, tra le più richieste in un momento in cui le riserve sono scarse con i casi di Coronavirus che continuano a salire in tutto il paese e i decessi che, purtroppo, fanno altrettanto (33.190 i contagiati e 3.405 le vittime secondo i dati di ieri). Le aveva comprate la società Comitec a fine febbraio, per rifornire gli ospedali in Emilia-Romagna e le Marche, dall’azienda turca Ege Maske. Acquistate e pagate per un costo totale di 670mila euro. Ma le maschere per il momento rimangono bloccate lì, in Turchia.
L’epidemia del coronavirus sta ridisegnando la geopolitica della solidarietà. Mentre la Cina manda una delegazione di medici ed infermieri in Italia e Jack Ma, miliardario fondatore di Ali Baba, la compagnia di e-commerce cinese, ha donato 1 milione di mascherine e 100mila kit di rilevamento all’Italia, la Turchia, paese membro Nato, prende tempo, ignora le sollecitazioni del Governo e blocca il trasferimento di equipaggiamento medico regolarmente acquistato dal nostro paese.
Lo stallo in Turchia
Il premier Giuseppe Conte avrebbe telefonato il suo omologo turco, Recep Erdogan, come scrive Milena Gabanelli sul Corriere della Sera, martedì Sea per chiedere spiegazioni e sollecitare la consegne delle mascherine bloccata con un decreto del governo turco il 4 marzo. Non è l’unica azienda italiana a trovarsi in balia di Ankara: anche la Sol Group di Monza, un’azienda che fornisce assistenza domiciliare ai malati di coronavirus, aspetta una consegna di mascherine che è stata bloccata alla dogana turca. Per il momento non si muove nulla. Difficile spiegarlo soltanto in base alle necessità effettive del sistema sanitario turco di fronte alla nuova epidemia. Per il momento i casi confermati nel Paese sono 359 e le morti 4 in totale.
Come ha spiegato il capo della protezione civile Angelo Borrelli, il fabbisogno mensile in Italia al momento è di circa 90 milioni di mascherine (comprese quelle chirurgiche). Sono circa 19 milioni le mascherine attualmente bloccate all’estero, in alcuni casi sequestrate dai paesi in cui sono transitate o nelle quali sono state fabbricate. Come la Turchia, anche se il paese di Erdogan – in lite con l’Europa per il mancato appoggio nella Guerra civile in Siria che vede la Turchia schierata contro il Governo di Bashar al-Assad, a sua volta appoggiato da Vladimir Putin – non è l’unico ad aver bloccato le consegne. Ci sono anche l’India, la Romania e la Russia, per esempio. Per superare lo stallo il decreto “Cura Italia” ha disposto la produzione in deroga delle mascherine da parte di aziende italiane, ma ovviamente i tempi non sono brevissimi. Nel frattempo, si aspetta un segnale anche da Ankara.
Imprenditori e piccoli comuni si danno da fare
Mentre la diplomazia non riesce a sbloccare lo stallo, ci pensano i piccoli comuni alleati con il settore privato. È il caso di un’azienda del Bresciano grazie alla quale arriveranno circa 1,4 milioni di mascherine in Toscana già da lunedì prossimo, rispondendo all’appello delle comunità cinesi nella Regione che avevano chiesto aiuti da Pechino. A San Genesio ed Uniti, piccolo comune di 3.950 abitanti alle porte di Pavia, ci ha pensato il primo cittadino: insieme a un concittadino, amministratore delegato di una multinazionale import&export (FormaItaliana), il Sindaco è riuscito a reperire 8mila mascherine da Shanghai. Verranno destinate a tutte le famiglie del comune, appena superato il blocco alla dogana che però, in questo caso, è all’aeroporto milanese di Malpensa.
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