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Coronavirus. Il mistero del DPCM scomparso: la pessima gestione dello stop alle attività produttive

Una situazione gravissima, non degna della complessità e gravità dei problemi che stiamo tutti fronteggiando.

Questa mattina ci siamo svegliati con un nuovo incubo: dov’è finito il DPCM dei misteri? Dopo la “diretta Facebook” di sabato notte, nel corso della quale è stato annunciato il blocco di tutte le attività produttive, con eccezione dei “servizi essenziali”, ci si attendeva di conoscere i dettagli del provvedimento.

Subito dopo l’annuncio, hanno vissuto il loro momento di gloria  i “codici Ateco”, quei misteriosi numerini finora ignoti alla maggioranza dei cittadini che identificano, ai fini fiscali, contributivi e statistici tutte le attività economiche; sono fioriti file excel, tabelle, whatsapp provenienti da “ben informati”, ciascuno dei quali aveva la lista “giusta” dei codici Ateco.

A un certo punto, il momento di gloria dei codici Ateco ha subito una battuta di arresto, perché hanno iniziato a circolare delle bozze di DPCM, nelle quali erano misteriosamente scomparsi i numerini: le attività vietate verrebbero individuate, in queste bozze, anche con definizioni generali.

Il risultato di questa situazione è il caos: nel pomeriggio di domenica, mezza giornata dopo l’annuncio su Facebook e pochissime ore prima della riapertura dei siti produttivi (alcuni, per la verità, già aperti) nessuno è in grado di sapere cosa si può fare e cosa no.

Una situazione gravissima, non degna della complessità e gravità dei problemi che stiamo tutti fronteggiando. La prossima volta proviamo a invertire l’ordine: prima si fa il decreto, poi si pubblica il testo e, alla fine, si fa l’annuncio (magari anche con qualche giornalista presente).

Si prende qualche follower in meno, ma forse il sistema economico riesce a capire come si deve comportare senza dover passare la giornata su whatsapp.

Il parere degli esperti

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