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Coronavirus, i numeri in chiaro. La ricercatrice Colaiori: «In Lombardia rallentano i contagi. I casi a Milano? Ancora troppi contatti» – La videointervista

22 Marzo 2020 - 09:40 Olga Bibus
«Il dato più importante della Lombardia riguarda l'aumento del numero dei tamponi e la relativa diminuzione del tasso di positività», spiega la ricercatrice dell'Istituto dei sistemi complessi del Cnr

Quasi 800 morti in un giorno, 4821 nuovi contagi, di cui 3251 soltanto in Lombardia: la regione che preoccupa di più, con Milano che vede aumentare i nuovi casi con una rapidità sopra alla media regionale. Ma per Francesca Colaiori, ricercatrice dell’Istituto dei sistemi complessi del Cnr, il dato della Lombardia non va guardato nel complesso giorno per giorno: «Nella regione ci sono tanti contagi, perché ci sono stati sin da subito tanti casi. Viene da sé: una persona ne infetta altre e i casi si moltiplicano. Il dato della Lombardia va guardato nel tempo, va guardato il tasso di incremento dei nuovi casi che negli ultimi tempi sta rallentando in termini percentuali. Ci sono regioni in Italia che hanno un tasso di nuovi contagi più alto, sono quelle le regioni di cui ci dobbiamo preoccupare anche se ora hanno un numero complessivo basso».

«Un dato importante per quanto riguarda la Lombardia è relativo al numero dei tamponi: il campione oggi è passato da poco più di 4mila a 9mila e si è abbassata la percentuale dei positivi: dal 60% al 33%. Questo è un dato positivo, perché significa che la regione sta riuscendo a mantenere il controllo. È importante infatti che la percentuale dei positivi sul campione sia contenuta: se tutti i tamponi che testo sono positivi significa che ne sto facendo pochi e non monitoro la situazione», spiega Colaiori, fondatrice del gruppo Facebook physicists against sars-cov-2, dove scienziati e ricercatori condividono dati e analisi sulla diffusione del coronavirus.

Per quanto riguarda i contagi a Milano, è difficile capire le ragioni di un aumento che portano il capoluogo sopra la media regionale. «Le grandi città sono più soggette all’aumento per la grande densità di popolazione, conseguenza che però dovrebbe essere azzerata dalle misure di contenimento, quindi è possibile che ci siano ancora troppi contatti: troppe persone che lavorano, che si spostano». La soluzione, per la ricercatrice, potrebbe essere «bloccare tutte le attività produttive non strettamente necessarie, così si limitano i contatti e gli spostamenti». Questo però non passa per la chiusura domenicale dei supermercati: «È un’arma a doppio taglio, potrebbe portare a eccessivi assembramenti nei giorni precedenti o successivi».

Per quanto riguarda il dato nazionale, in Italia c’è un tasso di letalità più elevato rispetto la Cina, ma la percentuale va letta in rapporto al numero dei contagiati e dei tanti casi sommersi: «È possibile che non vengano identificati tutti i casi, quindi dividendo per un numero più piccolo si aumenta il tasso di letalità». Non è ancora possibile, per la ricercatrice, individuare una data del picco dei contagi, potrebbe essere vicina visto che in Cina ci sono voluti 12 giorni per vedere gli effetti del lockdown. «Raggiunto il picco, dovremmo cominciare a vedere un rallentamento». Ma sarà solo il primo passo, mette in guardia Colaiori, «il ritorno alla normalità è ancora lontano».

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