Coronavirus, il sindaco di Sesto San Giovanni: «Fermiamo tutto, qui tanti ex operai con problemi respiratori: rischiamo il collasso»
«Bisogna fermare tutto per 10 giorni, una serrata totale con l’Esercito sulle strade a bloccare uno per uno tutti quelli che passano. Stop anche al trasporto pubblico che è diventato un connettore di trasmissione del Coronavirus. Al governo, invece, dico che serviva più coraggio. La stretta è arrivata con due settimane di ritardo, mi stupisco che non l’abbiano fatta prima». A parlare a Open è Roberto Di Stefano, sindaco di Sesto San Giovanni, comune di 82mila abitanti, nell’hinterland settentrionale di Milano, ben collegato al capoluogo lombardo, e dunque tra i più esposti al virus.
«Abbiamo 89 contagiati, circa 50 persone in rianimazione e 12 decessi. Se i numeri dovessero continuare a crescere, se a Milano città dovesse esserci un focolaio, noi rischiamo il collasso, a quel punto non ci saranno ospedali che tengano. Abbiamo anche aggiunto 8 posti letto di rianimazione, solo per malti di covid-19, ma sono stati occupati subito». Per il governatore della Lombardia, che ieri ha anticipato il governo e ha emanato una nuova ordinanza ancora più restrittiva, «più di così non si può fare. I dati sono in linea con gli scorsi giorni».
«Attenzione agli ex operai anziani e con problemi respiratori»
Il primo cittadino, dunque, non nasconde preoccupazione soprattutto per due ragioni: l’età media dei suoi concittadini e il mancato rispetto delle regole. «A Sesto San Giovanni abitano moltissimi over 65, si parla del 35% dei residenti. Si tratta di ex operai che hanno lavorato negli anni ’70 e ’80 in fabbriche, acciaierie e fonderie e che adesso hanno diverse criticità come problemi respiratori legati all’esposizione all’amianto. Non hanno i polmoni “sani” e, se dovessero contrarre il virus, rischierebbero di non farcela».
«Non è un gioco, non è un telefilm»
E non è finita qui: «Qualcuno ancora si ostina a non rispettare il decreto. Abbiamo beccato un signore a spasso con il cane a 6 km da casa sua, una signora che nella busta aveva solo una zucchina e che vagava da tre ore per la città. Insomma fare la spesa come un pretesto, come una scusa per non essere denunciati. E no, non va bene, questo non è un gioco, non è un telefilm. Non possono andare in giro a parlare con chiunque, rischiando di infettare e di essere contagiati».
Infine c’è anche il problema dei controlli: «Ho colleghi sindaci di piccoli comuni che hanno solo 8 agenti della polizia locale. Come dovrebbero garantire il rispetto delle regole con forze così esigue? Non hanno nemmeno una caserma dei carabinieri. Per questo ben venga l’Esercito: proprio ieri da noi sono arrivate due camionette con 6 militari».
Call center, supporto psicologico e medici di base in pensione
«Ce la stiamo facendo grazie al volontariato – ci confessa – le educatrici dei nidi e delle materne (adesso chiusi, ndr) sono state spostate al servizio di call center messo a disposizione dal mio comune. Tantissimi, invece, sono i volontari che portano la spesa agli anziani, abbiamo attivato anche l’assistenza psicologica per tutti coloro che sentono la necessità di parlare con qualcuno, a causa della quarantena a casa, oltre a 14 medici di base in pensione che stanno affiancando i colleghi di medicina generale».
Fontana: più di così non possiamo fare
«I dati non sono definitivi, ma sono in linea con quelli dei giorni scorsi. Più di così non possiamo fare. Questa è l’ordinanza più restrittiva che si possa emanare nell’ambito delle competenze regionali», ha detto Fontana durante la conferenza stampa. «L’unica strada è far capire alla gente che deve rimanere a casa, al di là dei singoli provvedimenti, è il principale messaggio che dobbiamo lanciare», ha aggiunto.
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