Coronavirus, l’effetto dell’isolamento sui bambini: insonnia, ansia e sbalzi d’umore. Storie di famiglie durante la quarantena
La voce di Giuliana al telefono è in affanno. Ha appena finito di fare la spesa dopo un’ora di fila e ora si è messa alla guida per tornare a casa dai suoi figli il prima possibile. L’orologio della macchina segna le quattro meno un quarto. «Scusami tanto», dice al telefono. «Dobbiamo rimandare l’intervista di un’ora. Ho appena finito qui al supermercato e ora devo andare a casa a tenere un po’ occupati i bambini. Spero di trovare un momento».
È dispiaciuta, ma c’è poco da rimproverarle. Tra i grandi invisibili di questa emergenza ci sono proprio loro: i figli piccoli. Da quando è iniziata la stretta da Coronavirus, le sue giornate e quelle dei suoi bambini si sono complicate. Come tutti gli italiani e le italiane, segue con attenzione gli aggiornamenti ministeriali che circa una volta a settimana aggiungono qualche specifica e tolgono qualche concessione alle nostre giornate. Anche nell’ultimo Dpcm, che cita tra le altre cose gli animali domestici e sport all’aperto, non c’è traccia di eccezioni rivolte a una delle categorie più vulnerabili della società.
Niente ora d’aria. Nemmeno per i figli di Giuliana, un bambino di cinque anni e mezzo e una bambina di due, abituati a passare giornate intere a giocare nella natura. Lei e i suoi bambini sono tornati a Verona lo scorso 20 gennaio dopo un lungo periodo in Nuova Zelanda, dove ora è rimasto suo marito. «Purtroppo ci siamo trovati nell’occhio del ciclone», racconta. «A volte mi chiedono se possono uscire in cortile a giocare con gli altri bambini, ma con noi vive anche la nonna e io non me la sento di mettere in pericolo la sua salute».
L’iter dell’isolamento dei più piccoli è stato rapido. Prima sono state chiuse le scuole – decisione che ha provocato una comprensibile euforia tra tutti gli studenti. Poi sono state chiuse le piscine, le palestre e i campi sportivi più in generale. Poi sono state sospese le attività non essenziali, e con queste se ne sono andate le lezioni di musica, di disegno e qualsiasi altro momento extrascolastico che venisse fatto fuori casa in compagnia di altre persone. Vietato fare i compiti (fisicamente) insieme, andare ai concerti e allo stadio con i genitori. Vietato organizzare i doposcuola al parco o i compleanni nelle sale in affitto. La casa, qualunque essa sia, è diventata l’unico spazio possibile. Non è difficile immaginare come l’iniziale euforia si sia andata rapidamente a tramutare in «ansia e senso di smarrimento»
Sbalzi d’umore e insonnia: le conseguenze dell’isolamento
Irene Onnis è una psicologa clinica infantile e psicoterapeuta. Da quando l’emergenza coronavirus è iniziata, le chiamate di genitori preoccupati per i propri figli sono all’ordine del giorno. A preoccuparli sono soprattutto l’insonnia e gli sbalzi d’umore, così come l’eccessiva paura che alcuni di loro provano nei confronti della salute delle madri, dei padri e dei nonni.
«I bambini chiusi in casa rischiano di assorbire le ansie e le preoccupazioni dei genitori», spiega Onnis. E anche Giuliana assicura che la prima settimana di quarantena è stata più dura proprio perché era lei ad essere più in ansia. «I primi giorni sono stati difficilissimi, io non ero nell’idea mentale di rimanere a casa e anche il bambino mi chiedeva di poter uscire, vedere gli amici», racconta. «Poi, insieme, abbiamo trovato il modo di affrontare le giornate più serenamente».
«Arrivare a casa con una spesa enorme dà ancora più ansia. Così come aumenta la preoccupazione sentire continuamente il Tg parlare del coronavirus». Secondo la dottoressa, è importante che accanto alle spiegazioni – dovute – della situazione, resti del tempo per occupare la loro giornata diversamente. Inoltre, il rischio che interiorizzino questo periodo di de-socializzazione esiste. Per evitare che perdano l’abitudine a creare rapporti, la tecnologia può essere un buon alleato. «Usando videochiamate o messaggi si riescono a mantenere i contatti con gli amici», dice la dottoressa Onnis.
Lo spazio di una casa
La quarantena ci ha messi ancora una volta davanti alle differenze sociali che sembravano minime quando potevamo “vivere all’esterno”. Non tutti, ad esempio, possono garantire ai bambini lo spazio, il tempo o le possibilità per permettergli di farsi bastare l’ambiente domestico. Di decreto in decreto, il disagio aumenta. «È facile dire “sei a casa non sei in guerra” ma non si è tutti fortunati», scrive una mamma su Twitter. «E chi deve vivere in 2/3 stanze, magari con 3/4 bambini, e senza internet o play? Non è così semplice».
«La smette di dire che rimanere a casa è un sacrificio minimo?», scrive un’altra, citando Giuseppe Conte in un Tweet. «Ha una vaga idea di quanto sia difficile tenere i bambini chiusi in un appartamento, soprattutto per chi ne ha più di uno e magari deve anche lavorare da casa? Non tutti abitano in una villa, lo sa»?».
«Si può provare a fare degli esercizi fisici in casa, a fare dei lavoretti, a cucinare. La quarantena può essere un’occasione per scoprire delle attività nuove», dice la dottoressa Onnis. Giuliana, tra una riunione e una commissione per la famiglia, è riuscita a trovare il tempo per riscoprire qualche vecchia abitudine. «Sono andata nella mia vecchia soffitta e ho trovato tanti giochi di quando eravamo piccoli», racconta. «Giochiamo insieme ogni volta che si può».
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