Coronavirus, il Nyt racconta la tragedia di Bergamo, il «cuore straziato» della pandemia
La premessa è facilmente intuibile: siamo a Bergamo, il focolaio più mortale della pandemia di Coronavirus. I decessi sono almeno 1.328 anche se si rincorrono le voci dei medici che raccontano di pazienti ricoverati a casa a cui non è stato fatto un tampone, morti mai registrate che potrebbero essere quattro volte di più delle stime ufficiali. Nelle ultime settimane hanno fatto il giro del mondo le immagini delle pagine di necrologi sull’Eco di Bergamo. Ed è proprio da qui che parte il racconto del New York Times «dal cuore straziato» dell’epidemia.
«Una volta conosciuta come una provincia tranquilla e ricca, Bergamo è ora un luogo dove i lavoratori della Croce Rossa vanno porta a porta, portando via gli afflitti […] Dove i pazienti si ammucchiano nei corridoi degli ospedali, esaurendo e infettando medici e infermieri. Dove le bare sono così numerose che l’esercito è stato chiamato a prenderle dai magazzini per la cremazione». Comincia così il long form del quotidiano americano: il linguaggio è fiabesco, ma i contenuti – come le foto – sono da incubo.
Bergamo, la città dove oggi si sentono soltanto le sirene, come durante la Seconda Guerra Mondiale, dove gli ospedali, le case di riposo e le camere mortuarie sono diventati focolai, diffondendo il virus con una velocità destabilizzante. Ne è una testimonianza la lettera di alcuni medici bergamaschi pubblicata sul New England Journal of Medicine, come avvertimento ai colleghi stranieri. Ma lo sono anche le storie e le testimonianze raccolte dai giornalisti del New York Times: come quella di Claudio Travelli, un uomo di 60 anni che di mestiere consegna frutta e verdura con il suo camion in tutto il nord d’Italia. Ha sviluppato i primi sintomi il 7 marzo, il giorno in cui è stato dichiarato il lockdown dell’intera regione.
Il signor Travelli e sua moglie non hanno preso sul serio la minaccia del virus allora «perché non era presentato come una cosa grave», ha detto la figlia. Il 19 febbraio, come ricorda il Nyt, circa 40mila persone di Bergamo, una provincia di circa un milione di abitanti nella regione Lombardia, hanno viaggiato per 30 miglia fino a Milano per assistere a una partita di calcio della Champions League tra l’Atalanta e la squadra spagnola del Valencia. (Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, questa settimana ha definito la partita “un forte acceleratore di contagio”, ndr).
Travelli è finito nell’ospedale Humanitas Gavazzeni, dove, dopo un falso negativo, è risultato positivo al virus. Lui è ancora vivo. «[…] gli ospedali sono come le trincee di una guerra», ha raccontato la moglie, attualmente in isolamento. Lo sono anche le camere mortuarie: «Prendiamo i morti dalla mattina alla sera, uno dopo l’altro, costantemente», racconta al Nyt Vanda Piccioli, che gestisce una delle ultime case funebri ancora aperte. Altri hanno chiuso a causa di direttori funebri malati, alcuni in terapia intensiva. «Di solito onoriamo i morti. Ora è come una guerra e raccogliamo le vittime ».
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Foto di copertina: Il longform del New York Times