Coronavirus, l’Ue tentenna e in Italia cala la fiducia dei consumatori. Torna lo spettro della recessione – I dati e le stime
Mentre in Europa si discute dell’opportunità o meno di creare dei “coronabond” e si negozia – o meglio, si rimandano i negoziati – sulle condizioni alle quali concedere i finanziamenti raccolti nel fondo Salva Stati (Mes), in Italia si cominciano a misurare le ricadute economiche del Coronavirus. Certo, per il momento siamo ancora lontani dai 3 milioni di posti di lavoro persi in una settimana negli Stati Uniti. Ma i dati – prevedibilmente – sono preoccupanti. Ed è calzante parlare di “psicologia da crisi”. Secondo l’Istat le ultime misure di contenimento adottate dal governo per limitare il contagio hanno «pesantemente influenzato» gli umori dei consumatori e delle imprese: l’indice di fiducia sarebbe sceso di circa dieci punti per i primi (da 100,9 a 101,0) e di ben sedici punti per i secondi (da 97,8 a 81,7).
Il calo più ampio si registra nei servizi (l’indice passa da 97,6 a 79,6), nel commercio al dettaglio (da 106,9 a 97,4) e nella manifattura (da 98,8 a 89,5) dove «peggiorano i giudizi sugli ordini» e «le attese di produzione subiscono un drastico ridimensionamento». Se all’estero ci dicono che in Italia stiamo vivendo nel futuro – facendo riferimento all’avanzata precoce del coronavirus nel nostro Paese – l’Istat ci dice che siamo tornati ai livelli del 2013 o del 2015.
Per Prometeia, un’azienda di consulenza, in realtà ci troviamo nel 2008-2009. Ci aspetta, in altre parole, una recessione di portata simile a quella avvenuta dopo che la crisi dei subprime americani ha scatenato una crisi finanziaria globale. Le stime sono nefaste: per «due trimestri dell’anno una riduzione del Pil superiore al 10% rispetto alla situazione pre-crisi, con differenze settoriali molto ampie: dal -10% della manifattura al -27% dei servizi legati al turismo, fino al -16% dei servizi di trasporto e delle attività legate all’intrattenimento». Complessivamente, il Pil italiano nel 2020 dovrebbe diminuire del 6,5%.
A differenza della Grande Recessione dovrebbero essere i cinesi, sempre secondo Prometeia, a “salvarci”, trainando i Paesi industrializzati fuori dalla crisi entro la fine dell’anno. Non prima che l’economia mondiale registri un -1,6% (nel 2009 l’attività economica era diminuita dello 0,4% globalmente). L’eventuale ripresa non arriverà prima del 2021 (si parla di un balzo a +4,6%).
Ovviamente, a pandemia ancora in corso, è difficile prevedere quale sarà la durata delle misure di contenimento, quali i loro effetti sui consumatori e produttori e infine quale sarà il reale costo economico della pandemia. Molto dipenderà anche dalle politiche della Banca Centrale Europea (Bce). Nel frattempo, dopo il nulla di fatto del Consiglio europeo, le borse sono tornate a perdere punti. L’eurostoxx 50 ha perso il 2%, Londra -3,6%, Parigi -2,7%, Francoforte -1,37% e Milano -1,39%.
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