Quando ai tempi della pandemia di Spagnola si parlava di “arma biologica” trasportata dai sommergibili tedeschi
Anche la Spagnola si rivelò presto non essere “poco più che una influenza”, ma come per Covid-19, il termine gli è rimasto addosso. E i paralleli non si fermano qui. A distanza di quasi un secolo, tornano anche le teorie di complotto, volte ad appagare la dissonanza cognitiva di chi subisce l’emergenza sanitaria.
Nel giugno 1918, alle soglie della fine del primo grande conflitto mondiale, il giornalista e scrittore Yosef Haftman racconta dei tram che smettono di funzionare, e delle industrie e scuole chiuse nella Madrid colpita dalla «strana e meravigliosa malattia», che non faceva sconti a nessuno, tanto da colpire anche alcuni membri della famiglia reale. «Centomila persone giacciono ammalate nei letti», scriveva l’autore.
L’articolo apparve nella rivista in lingua ebraica Hatsfira nell’appena dissolto Impero russo. Ma non ci interessa solo per gli affascinanti paralleli con la pandemia attuale. Si parla anche di teorie di complotto dove la Spagnola diventa una «terribile arma di guerra». Lo riporta la testata israeliana Haaretz il 26 marzo, in un articolo firmato da Ofer Aderet.
La dissonanza cognitiva, madre di tutti i complottismi
L’epidemia apparsa in Spagna, da cui prese il nome, si trasformò presto in pandemia, infettando ben più di un terzo della popolazione mondiale, arrivando addirittura ai più remoti villaggi eschimesi, placandosi solo nella primavera del 1919. Anche allora distinguere tra vittime della malattia e altre patologie pregresse non era facile. Oggi le stime vanno dai 20 ai 100 milioni di morti.
Naturalmente doveva essere difficile da accettare. Da una parte l’Occidente del primo conflitto mondiale si vedeva all’apice del progresso, persino nelle sue coniugazioni più distruttive, dall’altra il Mondo tornava a conoscere un nemico invisibile di cui non si sapeva niente, ed era difficile capire come affrontarlo, come ai tempi delle epidemie di peste. Com’era possibile?
Per equilibrare questo scompenso si fa presto a creare suggestive teorie, le quali spiegano che in realtà il virus lo ha creato l’uomo, magari è «un’arma biologica finita male» dei tedeschi sconfitti. «Insomma, siamo una civiltà avanzata, non più in balia della Natura»: presto il complotto sarebbe stato smascherato, e grazie a un antidoto tutto sarebbe tornato come prima.
Questa si chiama «dissonanza cognitiva»: è un fenomeno che si innesca da sempre nella nostra mente – specialmente se siamo in ansia per qualche fenomeno che non possiamo controllare – fin da quando Nerone accusò i cristiani di aver incendiato Roma, scrollandosi egli stesso di dosso l’accusa infondata.
Quando gli untori erano i soldati tedeschi
Per tanto non dovremmo stupirci se anche ai tempi della Spagnola circolarono teorie di complotto. Continuiamo a leggere cosa raccontava Haftman nella Madrid di un secolo fa:
«Anche i giornali – continua il giornalista – hanno trovato in questo [disastro] ragioni per scatenare l’ira delle masse contro la Germania e i suoi alleati. Hanno pubblicato un breve rapporto affermando che una delle barche tedesche che navigano sott’acqua [i primi sommergibili u-boot] ha portato sulle coste della Spagna quegli strani bacilli che infettano le persone con la malattia».
Da notare la narrazione, che rimanda come fonti alcuni non meglio precisati “giornali” – oggi si scriverebbe “studi indipendenti dimostrano” – mentre la potenza che spaventava maggiormente all’epoca era la Germania, i cui sommergibili dovevano essere percepiti come l’apice di quanto la tecnologia e la scienza potessero far paura, assieme ai gas asfissianti – vere e proprie armi chimiche – utilizzati durante la Grande guerra.
Effettivamente all’epoca si diffuse presto l’idea che la Spagnola fosse una «terribile nuova arma di guerra». Non si parlava direttamente di virus ingegnerizzati in laboratorio, probabilmente era più forte l’immagine dello scienziato pazzo con l’accento tedesco. Poco più di dieci anni prima Albert Einstein pubblicava quattro memorie, che sconvolgeranno quel che si sapeva fino ad allora sulle leggi che governano l’Universo.
Erano principalmente due le versioni complottiste in circolazione, molto in voga negli Stati Uniti: nella prima i tedeschi si sarebbero infiltrati nel porto di Boston con una nave «mimetizzata», rilasciando i «germi» della malattia; nella seconda l’irruzione sarebbe avvenuta nella stessa città e con modalità analoghe, ma con un sommergibile come mezzo di trasporto.
Per entrambe le versioni si possono trovare testimonianze oculari e quotidiani locali disposti a fare da megafono a tali suggestioni, come il Philadelphia Inquirer, che arrivò addirittura a lanciare un appello al capo della sezione sanitaria della Emergency Fleet Corporation.
Tali narrazioni vengono approfondite dalla giornalista scientifica del New York Times Gina Kolata, nel libro «Flu: The Story of the Great Influenza Pandemic of 1918 and the Search for the Virus that Caused It». Una lettura che consigliamo in questi giorni di quarantena.
Quei misteriosi laboratori delle case farmaceutiche tedesche
Gli esempi sono davvero tanti. Si sostenne per esempio, che proprio le aspirine – di quella che sarebbe poi diventata nel secondo dopoguerra, la casa farmaceutica Bayer – fossero state prodotte dai tedeschi per diffondere l’epidemia. Anche in questo caso si sarebbero potute trovare correlazioni spurie, come quelle che vengono fatte oggi dai No vax, tra vaccini antinfluenzali e Covid-19.
Chi aveva i primi sintomi e poteva disporne, avrebbe potuto benissimo affidarsi a delle aspirine. Del resto si era già espresso recentemente un medico omeopata in rete, accusando i salicilati in generale di essere i potenziali vettori della pandemia attuale.
Insomma, i tempi potranno anche essere cambiati, ma eventi globali di questo genere ci ricordano che restiamo sempre e comunque gli stessi esseri umani, capaci di raggiungere vette straordinarie di progresso, ma anche di non saperle del tutto comprendere, arrivando a concepire i complotti più assurdi, perché in fondo ci illudiamo da sempre di avere noi il controllo sulla Natura, fino a quando qualcosa ci ricorda che le cose stanno diversamente.
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