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L’incubo degli studenti Erasmus in Spagna: «Abbandonati tra voli fantasma, ragazzi ammassati sugli aerei e università che ci dicono “arrangiatevi”»

28 Marzo 2020 - 13:35 Fabio Giuffrida
studenti erasmus in aereo
studenti erasmus in aereo
Gli studenti Erasmus italiani nella penisola iberica: «Rientro difficile e poco sicuro, l'università si è completamente disinteressata»

Quella che «doveva essere un’esperienza indimenticabile è diventata un incubo» è l’efficace sintesi di Michela Guiotto, 22 anni, di Torino, che quando è scoppiata la pandemia del Coronavirus si trovava in Spagna per l’Erasmus. A quel punto ha comprato due voli Alitalia per cercare di tornare nel suo Paese, «quello del 18 marzo, però, era fantasma, l’altro previsto per il 26». «Non riuscivo a fare il check-in, così ho chiamato in aeroporto, visto che Alitalia non mi rispondeva, e ho scoperto che il volo del 18 marzo non esisteva, non era programmato» racconta a Open.

Un incubo che è durato giorni, almeno fino al 26 marzo, quando Michela è riuscita a rientrare in Italia. Da ieri notte è a casa. «Ora sono in isolamento per 14 giorni» ma, ci dice, «ci sono molte persone nella mia stessa situazione e altre che si trovano ancora in Spagna».

Open | Così erano disposti i passeggeri

«Mascherine introvabili»

«Per salire a bordo dell’aereo – ci spiega – bisognava indossare per forza una mascherina, introvabile in Spagna. A me l’ha spedita papà grazie a un corriere espresso, davvero per miracolo. Altri ragazzi, invece, non ce l’avevano e così Alitalia ne ha fornite alcune, ma parlare di mascherine è davvero esagerato. Sembravano dei pezzi di stoffa. Insomma, siamo stati abbandonati a noi stessi e lasciati nell’incertezza».

Open | Queste le mascherine incriminate

E ancora: «La cosa che mi ha fatto più male è stata l’email della mia università. Il giorno prima mi hanno chiesto se volessi tornare in Italia, l’indomani che avrei dovuto fare da sola, che mi sarei dovuta arrangiare: “Consigliamo di organizzare con urgenza il rientro in autonomia”».

email università
Open | L’email inviata dall’università di Torino

«Il mio volo spostato dalle 12 alle 23»

«Ieri ho provato a tornare a casa, dovevo partire alle 12.25 ma hanno cominciato ad annunciare ritardi. L’aereo sarebbe partito alle 23. Io, però, non posso permettermi di arrivare a Roma all’una e mezza di notte, preoccuparmi di trovarmi un hotel e poi spostarmi verso casa, Napoli, dato che a quell’ora non ci sono trasporti disponibili. Così ho rinunciato al viaggio e chiesto il rimborso», questo l’audio inviato da una giovane studentessa italiana, anche lei in Spagna, a Fabio Guarino, studente di 23 anni in Erasmus a Madrid che, diversamente dai suoi colleghi, ha deciso, almeno per il momento, di non ritornare a casa. Per tanti motivi.

C’è chi ha scelto di non tornare

Fabio, che ha cominciato l’Erasmus il 26 gennaio, inizialmente ha pensato di rientrare, poi però ci ha rinunciato: «Nella residenza universitaria in cui mi trovo siamo rimasti in 9. Sa quanti eravamo prima? 500. Dalla fila per fare la lavatrice alla desolazione più totale. Non c’è più nessuno, molti di loro, gli spagnoli, sono tornati a casa, un po’ come succede in Italia per i fuorisede del Nord che tornano al Sud» ci racconta.

E allora perché ha deciso di non partire? «Perché i rimpatri sono stati gestiti male. Dalle foto che mi hanno mandato i colleghi, si vedono ragazzi ammassati sullo stesso aereo, sì con le mascherine, introvabili in Spagna, ma uno accanto all’altro. Dov’è il distanziamento sociale? Assembramenti prima della partenza e smarrimento al rientro in Italia. Visto che gli aerei, in partenza da Madrid o Malaga, arrivano a Roma, molti di noi sono stati costretti a prendere altri mezzi, come i treni, per tornare a casa. Così facendo si rischia di portare il virus in famiglia e io non posso permettermelo. A Napoli, infatti, vivo con mio padre che ha avuto un ictus 5 anni fa e mia nonna che ha 95 anni. Due soggetti vulnerabili che non voglio mettere in pericolo». Per questo motivo, proprio come Stefano di “Un terrone a Milano” ha deciso di restare.

«Non si combatte così una pandemia»

La Farnesina inizialmente «ci aveva consigliato di fare scalo in altri Paesi», poi è arrivata l’organizzazione dei rimpatri «fatti male e poco accessibili», visti i prezzi («fino a 450 euro») che «dobbiamo anticipare noi studenti e che in alcuni casi vengono rimborsati dalle università». «Non è questo il modo di combattere una pandemia» conclude Fabio. Adesso, facendo una ricerca sul sito di Alitalia, risulta un volo per domani 29 marzo, da Madrid, al costo di 67 euro. Poi il nulla.

C’è anche chi, come Lisa Alborghetti, 21 anni, in Erasmus in Catalogna, ha optato per un viaggio in nave: Barcellona-Civitavecchia con uno zaino e una valigia che scoppiava.

Intanto in Spagna la situazione si fa sempre più drammatica: 832 morti in 24 ore per un totale di 5.690 decessi. I contagiati sono 72.248, i ricoverati 40.630 di cui 4.575 in terapia intensiva.

Foto di Open

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