Coronavirus. La teoria di complotto del virus che non esiste perché è colpa della rete 5G
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Le tesi di complotto che vedono la rete 5G collegata all’epidemia di Covid-19, fanno ormai parte del bagaglio di presunti medici e militanti No Vax, che hanno riciclato le vecchie tesi sui collegamenti tra onde elettromagnetiche e tumori. La questione è più seria di quanto potrebbe sembrare, tanto che vengono prese sul serio persino dal consulente economico del premier Giuseppe Conte, Gunter Pauli.
«La scienza deve dimostrare e spiegare causa ed effetto – afferma l’economista – Tuttavia la scienza osserva innanzitutto le correlazioni: fenomeni apparentemente associati. Applichiamo la logica scientifica. Qual è stata la prima città al mondo coperta dal 5G? Wuhan! Qual è la prima regione europea del 5G? Nord Italia».
Purtroppo le affermazioni di Pauli non sono affatto logicamente scientifiche, spiegheremo a breve perché.
La rete 5G in breve
Col termine «rete 5G» definiamo lo standard di quinta generazione delle comunicazioni. Doveva essere adottato in buona parte del Mondo entro quest’anno, ma probabilmente la pandemia provocherà dei ritardi nella tabella di marcia.
Meno potente in termini di onde elettromagnetiche utilizzate, migliorerà invece la qualità delle connessioni Internet e della telefonia mobile. Nei frangenti complottisti è invece considerato un pericolo per la salute. Esistono infatti studi correlativi, che cercano di dimostrare un collegamento tra il cosiddetto «elettro-smog» provocato dalle radiofrequenze, e l’insorgenza di tumori.
Si tratta di correlazioni spurie, come quelle su cui si basano i No vax, che non dimostrano un collegamento causale. Lo Iarc le classifica comunque nel gruppo 2B, assieme ad altre 284 sostanze in commercio, in quanto non ritenute pericolose. Le radiofrequenze fanno parte del gruppo di onde elettromagnetiche «non ionizzanti», al contrario di quelle «ionizzanti», per esempio delle sostanze radioattive, che sono invece capaci di fare danni al Dna.
Gli studi usati a sproposito sulle onde elettromagnetiche
Chi protesta contro le antenne della rete 5G solitamente si appoggia a due studi: quello dell’Istituto Ramazzini di Bologna, e quello del National toxicology program (Ntp). In entrambi sono gli stessi ricercatori a non ritenere le conclusioni degli esperimenti significative.
Il Comitato scientifico europeo – citato a sproposito dai complottisti – chiamato a verificare i presunti pericoli del 5G sulla salute, ha riscontrato che non esistono prove di effetti nocivi nelle persone.
Abbiamo a disposizione oltre 28mila studi e più di seimila sommari di studi scientifici, sui presunti effetti nocivi dei campi elettromagnetici, dagli anni ’60 a oggi. Nessuno dimostra che possano nuocere alle persone.
Le onde elettromagnetiche sono sempre più utilizzate nel Mondo, almeno dagli anni ’80. Questo significa che possiamo trovare correlazioni con parecchi altri fenomeni, in aumento per altre ragioni. I tumori per esempio sono diagnosticati sempre meglio, mentre i casi di autismo si possono rilevare fin dai primi anni di vita, quando si cominciano a fare le prime vaccinazioni.
Vecchi complotti per nuovi capri espiatori
Non stupisce quindi se il boom di contagi da Covid-19 viene oggi collegato alla rete 5G. Parliamo sempre di correlazioni spurie, coniugate a un altro fenomeno che l’individuo non può controllare, suscitando ansie e paure, su cui si può far leva. Lo stesso è stato fatto per gli accostamenti tra Covid-19 e vaccini antinfluenzali, o coi presunti complotti nei laboratori biologici.
Le tesi di complotto sul 5G che causerebbe il Covid-19 circolano anche negli Stati Uniti, e sono spesso correlate a narrazioni No vax e negazioniste della malattia, o dello stesso virus.
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