Coronavirus. L’intervista a un medico sulla «epidemia inventata» e l’ombra della propaganda russa
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Ci avete segnalato l’intervista a un medico, tale Claus Köhnlein, che scopriamo essere un internista e medico sportivo di Kiel, il quale nega l’esistenza di un’emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid-19, lamentando l’esistenza di numerosi falsi positivi.
Il contesto è quello del format «Der fehlende Part» (La parte mancante), di Margarita Bityutski, per conto della sezione tedesca dell’emittente di Mosca, Russia Today, già accusata di diffondere fake news di propaganda filo-russa a sostegno dei movimenti populisti occidentali.
La data dell’intervista è collocabile probabilmente tra il 14 e il 15 marzo, lo capiamo da una affermazione del Medico, il quale fa riferimento a 20mila casi in Italia, numero superato nel nostro Paese proprio in quel periodo (21157 casi).
Precedenti negazionisti di Köhnlein
Ricordiamo che diffondere questo genere di contenuti trasforma chi lo fa in una potenziale marionetta, di chi ha interesse a estremizzare il dibattito politico, per esempio diffondendo disinformazione sui vaccini, come avevamo rilevato in un precedente articolo.
Non a caso Köhnlein è già noto negli ambienti complottisti come negazionista del collegamento tra Hiv e Aids, e per le affermazioni anti-vacciniste. Per maggiori approfondimenti potete consultare quanto egli stesso diffonde in rete sui «dogmi» riguardanti l’Aids.
I falsi positivi della Pcr
Köhnlein nell’intervista fa subito confusione, sostenendo che il 50% dei test con la Pcr (reazione a catena della polimerasi), diano dei falsi positivi. In realtà quel che potrebbe succedere è il contrario: dal momento che il test si effettua sul Rna del virus, una quantità minima di geni rilevati darebbe probabilmente dei falsi negativi, mentre diventa più precisa esaminando più frammenti genetici. Il problema non sono dunque i falsi positivi, ma quelli che risultano negativi ma ancora contagiosi, come spiegavamo in un precedente articolo sul problema dei convalescenti.
Trattamenti mortali
Köhnlein riferisce di un paziente di 50 anni che sarebbe morto a causa dei trattamenti contro il Covid-19, non per la malattia in sé. Sostiene che il caso viene riportato sulla rivista scientifica The Lancet. Sorprendentemente, nessuno di quelli che fanno circolare l’intervista si è posto il problema di trovare e linkare il paper.
Anche i colleghi tedeschi che si sono occupati delle dichiarazioni del medico sul sito di fact checking Mimikama, non sono riusciti a risalire all’articolo. Non è la prima volta in cui qualcuno, indossando un camice bianco, ha spaventato la gente, ipotizzando che le cure fossero la causa della malattia, una contraddizione suggestiva, ma lascia il tempo che trova.
Prendendo per vero che esista uno studio su un paziente di 50 anni deceduto nonostante il trattamento, torniamo a parlare di mere “correlazioni spurie” in un singolo caso. Mentre esiste un’ampia letteratura che spiega le caratteristiche dei pazienti, escludendo un significativo ruolo dei trattamenti.
Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English)
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