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Coronavirus, decreto scuola: tutti promossi ed esami online se non si torna in classe il 18 maggio. Azzolina: «Non si tratta di 6 politico» – Video

06 Aprile 2020 - 17:01 Angela Gennaro
Mentre per gli esami terza media in tempi di epidemia si deciderà in base alla valutazione di un elaborato del candidato

Approvato oggi in Consiglio dei ministri il decreto «misure urgenti sulla regolare conclusione e l’ordinato avvio dell’anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato»: se non si dovesse tornare in aula entro il 18 maggio, l’esame di Stato per la maturità vedrà tutti ammessi e la valutazione attraverso un esame orale on line. Mentre per gli esami terza media in tempi di Coronavirus si deciderà in base alla valutazione di un elaborato del candidato.

«Abbiamo pensato due possibili opzioni che permetteranno di fare gli esami secondo i reali apprendimenti anche grazie al lavoro sulla didattica a distanza – ha detto la ministra Lucia Azzolina – Abbiamo messo in sicurezza l’anno scolastico. Non si può però assolutamente parlare di sei politico: sono categorie vetuste, la valutazione guarda alla crescita e maturazione dello studente, che è messo al centro. Se ci saranno apprendimenti da recuperare, li recupereranno a settembre».

Le novità

Tra le novità principali: le commissioni per i quasi 500 mila maturandi saranno tutte interne; potrà essere modificata la data di inizio delle lezioni per il prossimo anno scolastico, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni; l’eventuale integrazione e recupero degli apprendimenti relativi a questo anno scolastico potranno avvenire nel nell’anno scolastico successivo; potranno essere confermati i libri di testo adottati quest’anno anche per il prossimo, richiesta avanzata dai sindacati della scuola; diventa obbligatoria la didattica a distanza. «Il personale docente assicura comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza, utilizzando strumenti informatici o tecnologici a disposizione». Se non si rientrerà a scuola, anche gli scrutini quest’anno saranno a distanza.

Il decreto scuola

Il decreto mette quindi nero su bianco i due scenari che erano circolati nelle ultime ore, ma soprattutto l’ipotesi affatto remota che per quest’anno la scuola per come la conosciamo non riprenda più. Da un lato il caso improbabile che si riesca a far riprendere le lezioni in presenza. Dall’altro, quello più realistico, che gli studenti non rientrino più in classe per l’anno scolastico 2019-2020.

Nella prima ipotesi, per la maturità ci sarà una prova nazionale di italiano e la seconda prova sarà semplificata e preparata dalla commissione interna. Nella seconda ipotesi invece sarà previsto un esame orale on line. Per quanto riguarda invece l’esame di Stato nella scuola media, nell’ipotesi in cui non si dovesse tornare in aula entro il 18 maggio, niente esame vero e proprio, ma valutazione dei professori su elaborati degli studenti. E tutti promossi all’anno successivo.

ANSA/Maurizio Brambatti | Palazzo Chigi, Roma, 31 marzo 2020.

Il decreto dovrà essere ora recepito da una o più ordinanze per divenire ‘operativo’.

Assunzioni in arrivo

Oltre alle decisioni sugli esami, in Consiglio dei Ministri arriva anche il via libera alle assunzioni chieste dal ministero dell’Istruzione per recuperare parte dei posti liberati nell’estate del 2019 da quota 100. Si attua così, scrive l’Ansa, una norma inserita nel decreto scuola approvato in autunno voluta dalla ministra Lucia Azzolina: 4.500 posti che andranno ad altrettanti insegnanti, vincitori di concorso o presenti nelle Graduatorie ad esaurimento, che non hanno potuto occupare questi posti lo scorso settembre perché non erano stati messi a disposizione. Per i libri di testo, sarà possibile la conferma, per l’anno scolastico 2020/2021, di quelli adottati per l’attuale anno scolastico.

Fermi restando «i limiti e le restrizioni» sullo svolgimento di tutte le prove stabilite dalle procedure concorsuali, secondo le ultime bozze circolate di decreto si sancisce anche la possibilità, durante lo stato di emergenza, per il ministero dell’Istruzione di bandire i concorsi per l’assunzione di personale docente ed educativo per i quali possegga possiede le necessarie autorizzazioni. Vengono sospese, sempre secondo l’ultima bozza che dovrebbe essere stata approvata, le procedure concorsuali e degli esami di abilitazione per l’accesso alle professioni vigilate dal Ministero della giustizia, comprese le misure compensative per il riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite all’estero.

Il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI) deve rendere il proprio parere entro sette giorni dalla richiesta da parte del Ministro dell’Istruzione sui provvedimenti che riguardano la scuola. Decorso il termine di sette giorni, si può prescindere dal parere: a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del provvedimento e fino al perdurare della vigenza dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020.

Il semestre di tirocinio professionale all’interno del quale ricade il periodo di sospensione delle udienze dovuto all’emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del COVID-19, è da considerarsi svolto positivamente anche nel caso in cui il praticante non abbia assistito al numero minimo di udienze previste dal Decreto del Ministro della Giustizia del 17 marzo 2016.

È ridotta a sedici mesi la durata del tirocinio professionale, per i tirocinanti che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza. Durante il periodo di sospensione delle udienze dovuto all’emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del COVID-19, sono sospese tutte le attività formative dei tirocini all’interno degli uffici giudiziari. Il Ministro della giustizia predispone con proprio decreto tutti gli strumenti necessari alla prosecuzione delle attività formative a distanza durante il suddetto periodo di sospensione.

I commenti

Il blocco dei concorsi, insieme a quello delle graduatorie d’istituto da cui sono chiamati 200mila supplenti e la mancata conferma dei precari in servizio, «metterà in ginocchio l’avvio delle lezioni a settembre», commenta a caldo Anief, associazione sindacale professionale. «Sulla didattica a distanza Anief chiede chiarezza: o è inutile, oppure deve essere premiato il lavoro svolto da tutta la comunità educante. Sulla conferma dei vincoli imposti ai trasferimenti non c’è niente di più sbagliato. Bisogna agevolare e non penalizzare il diritto al ricongiungimento familiare, in un momento in cui siamo tutti sottoposti a distanziamento sociale», dice il presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico.

Soddisfatte invece le rappresentanze degli studenti. «Dopo settimane di tavoli, incontri e pressione, abbiamo ottenuto dalla Ministra Azzolina le modifiche che chiedevamo per l’esame di maturità», dice la coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti Giulia Biazzo. «Come proponevamo, tutti gli studenti saranno ammessi all’esame» – spiega l’UdS «perché non si è potuto garantire a tutti di fare lezione e recuperare le insufficienze; chiaramente ciò accoglie anche la proposta di non mantenere i PCTO e le prove Invalsi come requisito per l’ammissione».

Non solo: «Abbiamo ottenuto l’eliminazione della seconda prova nazionale», proseguono gli studenti «dal momento che ogni classe ha svolto il programma in maniera differente. Se si rientrerà a scuola entro il 18 maggio sarà diversa per ogni classe poiché preparata dalla commissione interna; se invece il 18 maggio le scuole non dovessero riaprirsi sarà la materia caratterizzante sarà affrontata all’orale come unica prova d’esame».

«Per tutte le altre classi abbiamo ottenuto l’ammissione all’anno scolastico successivo: nessun bocciato e nessuno che verrà penalizzato dal virus» – conclude il sindacato studentesco – «Ora bisogna garantire a tutti di poter recuperare le insufficienze a settembre!», conclude Biazzo.

Il decreto imprese

Nel frattempo non è stata trovata ancora la quadra sulle misure per il secondo decreto, quello sulle imprese e la liquidità. Il consiglio dei ministri è stato sospeso infatti intorno alle 14, dopo l’approvazione del decreto scuole, e riprenderà a breve: lo scontro sarebbe politico e riguarderebbe il ruolo di Sace.

Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, Pd, vorrebbe che fosse Sace a emettere le garanzie finanziarie, portandola quindi sotto al controllo del suo dicastero. Attualmente Sace, società per azioni specializzata nel settore assicurativo-finanziario, è controllata al 100% dal gruppo italiano Cassa Depositi e Prestiti. E CDP è oggi a guida 5 Stelle, per questo il Movimento “accusa” i partner di governo di volerne indebolire il ruolo. Sull’importo di garanzie alle aziende, fonti del Mef fanno sapere che nel pacchetto liquidità per le imprese si mobiliteranno 200 miliardi di prestiti con garanzie fino al 90%, fanno sapere ufficiosamente fonti del Mef.

Governo e opposizioni

Nell’ordine del giorno anche una deliberazione per l’assegnazione di risorse al commissario straordinario Domenico Arcuri, il cui ruolo è stato istituito dal decreto Cura Italia per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento a contrasto dell’emergenza.

Il commissario, a quanto si legge nel testo del decreto Cura Italia, è dotato di risorse per l’acquisto dei beni necessari a contrastare l’epidemia: le risorse sono «versate su apposita contabilità speciale intestata al commissario» che può aprire un «apposito conto corrente bancario» per regolare le transazioni in maniera più celere, nel caso richiedano pagamento immediato o anticipato delle forniture, anche senza garanzia.

Un terzo decreto, quello che Nicola Zingaretti chiama il «Semplifica italia» per sburocratizzare il Paese in vista della ripartenza è previsto nei prossimi giorni, mettendo insieme – auspica il leader dem – anche le opposizioni e le parti sociali.

In mattinata il premier Giuseppe Conte aveva riunito a Palazzo Chigi i capi delegazione dei partiti di maggioranza con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. Mentre è durata oltre due ore la cabina di regia prevista questa mattina tra governo e opposizioni sui decreti economici sull’emergenza Coronavirus. Alla cabina di regia, per l’esecutivo, ha partecipato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, arrivato per questo in leggero ritardo a Palazzo Chigi per il Cdm. «Nel pomeriggio la commissione lavorerà sugli emendamenti» al Cura Italia, ha confermato il ministro.

In copertina ANSA / Fabio Frustaci | Lucia Azzolina, ministra dell’istruzione, nell’aula della Camera dei Deputati in occasione del question time sull’emergenza coronavirus, Roma 25 marzo 2020.

Video Agenzia Vista

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Mali, «il missionario Maccalli e Nicola Chiacchio sono vivi»: la speranza in un video di Avvenire

La prova, un video che risale al 24 marzo, è stata recapitata dai sequestratori al quotidiano Avvenire

Ci sarebbe un filmato che li mostra entrambi vivi, seduti uno a fianco dell’altro, le barbe incolte, lo sguardo rivolto direttamente alla fotocamera. Entrambi indossano vestiti tradizionali. È stato fatto recapitare al quotidiano Avvenire che ha successivamente diffuso la notizia e un fermo immagine. Per il momento però ci sono pochi dettagli ulteriori e il luogo di prigionia di padre Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio, rimane ignoto. Padre Maccalli, religioso della Società delle Missioni Africane (Sma), originario della diocesi di Crema, era stato sequestrato la sera del 17 settembre 2018 nella missione di Bomoanga in Niger, a circa 150 chilometri dalla capitale Niamey. Su di Chiacchio invece non ci sono molte informazioni. Sarebbe stato stato sequestrato mentre viaggiava in Mali come turista. Entrambi sono stati rapiti da un o più gruppi jihadisti. Come prova, oltre al fermo-immagine, anche un video che risale al 24 marzo in cui si sente i due identificarsi per nome. Come nel caso di un cittadino italiano recentemente liberato in Mali a metà marzo, Luca Tacchetto, il Paese da tempo ormai viene usato da Al Qaeda e altri gruppi terroristici di matrice islamica come base per nascondere gli ostaggi. Nel caso di Maccalli si era ipotizzato che a rapirlo fossero stati jihadisti provenienti dal Mali o da Burkina Faso. Negli ultimi anni, il Niger è stato “contagiato” sia da gruppi terroristici provenienti dal Mali, sia per mano di Boko Haram in Nigeria.

Foto di copertina: Facebook – Padre Maccalli

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Slovacchia, condannato a 23 anni di carcere l’assassino del giornalista Jan Kuciak

06 Aprile 2020 - 15:52 Redazione
La confessione dell'ex militare Marcek era avvenuta lo scorso gennaio

L’ex soldato Miroslav Marcek, 37enne accusato di aver eseguito l’omicidio del giovane giornalista Jan Kuciak e della sua fidanzata Martina Kusnirova, è stato condannato a 23 anni di reclusione. La sentenza della Corte Penale Speciale di Pezinok (sud-ovest della Slovacchia) è arrivata oggi, 6 aprile. Lo scorso gennaio, Marcek aveva confessato di aver sparato ai due giovani, uccisi nel febbraio del 2018.

«Ho bussato alla porta, Ján Kuciak mi ha aperto, io gli ho sparato al cuore», aveva detto Marcek, dando poi alle autorità i dettagli dell’omicidio avvenuto al civico 558 di via Brezova, una piccola casa di Velka Maca, a nord-est di Bratislava «Mi sarei fermato a quel punto, ma purtroppo mi sono accorto che in casa era presente anche un’altra persona. Ho udito rumori, i suoi passi. Allora sono entrato, l’ho trovata. Cercava di nascondersi fuggendo in cucina, ho sparato anche a lei».

Il presunto mandante sarebbe l’oligarca Marián Kocner, il quale, secondo le 93 pagine dell’atto d’accusa, «avendo visto che era inutile continuare a insultare diffamare o minacciare i reporter, non ha esitato a trovare un’altra via per farli tacere: eliminarli fisicamente».

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Tamponi, zone rosse, anziani abbandonati negli ospizi: ecco l’atto di accusa dei medici contro Fontana e la regione Lombardia

06 Aprile 2020 - 14:54 Felice Florio
Una lettera forte e sette esempi che fanno luce sulle mancanze della Regione Lombardia nella gestione dell’emergenza sanitaria: «La presa d’atto degli errori occorsi nella prima fase dell’epidemia può risultare utile per il futuro»

Gli anziani morti nelle Rsa non sono numeri. I medici e gli infermieri deceduti dopo aver contratto il Coronavirus non sono numeri. Sono persone, sono storie di familiari che non hanno potuto dire addio al proprio caro e di salme cremate chissà dove. Tuttavia, «non è questo il momento dell’analisi delle responsabilità, ma la presa d’atto degli errori occorsi nella prima fase dell’epidemia può risultare utile alle autorità competenti per un aggiustamento dell’impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative fasi». Inizia così il j’accuse della Federazione regionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri della Lombardia e firmata dai responsabili degli ordini di tutte le province lombarde. Una lettera scritta da chi indossa ogni giorno il camice per affrontare l’emergenza sanitaria e rivolta a politici e dirigenti della Regione. I primi della lista, l’assessore al Welfare Giulio Gallera e il presidente Attilio Fontana: «È evidente l’assenza di strategie relative alla gestione del territorio – scrivono dall’ordine, nonostante – l’ottimo intervento sul potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, per altro reso possibile dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari».

Il testo racconta di morti che si sarebbero potute evitare, di personale sanitario che sarebbe potuto sfuggire dal contagio, e di «una situazione disastrosa in cui si è trovata la nostra regione, anche rispetto a realtà regionali vicine, che può essere in larga parte attribuita all’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica». Tradotto? Gli amministratori regionali sarebbero stati abbagliati dalla carenza di terapie intensive e non si sarebbero concentrati sul resto. Uno sbaglio riconducibile anche a politiche scellerate: «La sanità pubblica e la medicina territoriale – scrive l’ordine dei medici – sono state da molti anni trascurate e depotenziate nella nostra regione». Dopo un elenco di errori commessi e relative proposte per cercare di recuperare il tempo perso, la federazione si congeda con amarezza nei confronti delle istituzioni regionali: «Nell’esprimere queste considerazioni, la FROMCeO ritiene di svolgere le proprie funzioni di organo sussidiario dello Stato ed esprime disponibilità a un confronto costante con le istituzioni preposte alla gestione dell’emergenza. Spiace rimarcare come tale collaborazione, più volte offerta, non sia ad oggi stata presa in considerazione».

Ma quali sono state le pecche imputabili a Regione Lombardia? «Ricordiamo a titolo di esempio non esaustivo», si legge sempre nella lettera:

«La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’ esecuzione di tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre stati presentati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” e la mortalità calcolata è quella relativa ai pazienti ricoverati, mentre il mondo si chiede le ragioni dell’alta mortalità registrata in Italia, senza rendersi conto che si tratta solo dell’errata impostazione della raccolta dati, che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti».

«L’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio».

«La gestione confusa della realtà delle Rsa e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane. Nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6000 ospiti in un mese».

«La mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (Mmg, Pls, Ca e medici delle Rsa) e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia».

«La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica, ad esempio negli isolamenti dei contatti, nei tamponi sul territorio a malati e contatti, eccetera».

«La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio».

«Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero».

La federazione degli ordini dei medici non rivolge alle istituzioni un semplice documento che evidenzia gli sbagli, ma offre anche alcune proposte che partono dal particolare ruolo ricoperto dagli operatori sanitari durante questa emergenza. «Sottoporre tutti a test rapido immunologico, una volta ufficialmente validato, e, in caso di riscontro di presenza di anticorpi, sottoporre il soggetto a tampone diagnostico». E aggiungono: «In caso di positività in assenza di sintomi potrebbe essere da valutare la possibilità, in casi estremi con l’attribuzione di specifiche responsabilità e procedure, di un’attività solo in ambiente COVID, sempre con protezioni individuali adeguate. Il test immunologico andrebbe ripetuto con periodicità da definire negli operatori sanitari risultati negativi».

Verifiche che, in misura minore, andrebbero estese ai «soggetti che si possono riavviare al lavoro». La raccomandazione dei medici lombardi è di potenziare il più possibile l’attività diagnostica e di testare quanto prima tutti quei soggetti che lavorano nelle cosiddette attività essenziale. «La ripresa del lavoro dovrebbe essere subordinata all’effettuazione del test immunologico». «È evidente come tale procedura comporti un rilevante impiego di risorse, soprattutto umane, ed è altresì evidente come la stessa, al momento, sia l’unica atta a consentire la ripresa dell’attività lavorativa in relativa sicurezza – e concludono -. A tale scopo Regione Lombardia dovrà mettere in campo tutte le risorse umane ed economiche disponibili».

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Coronavirus, come funzionano i test sierologici per ottenere la “patente di immunità”. L’Iss: «Risposte sui criteri entro pochi giorni»

06 Aprile 2020 - 13:57 Redazione
Saranno test essenziali nella fase due, per capire chi può tornare alla normalità senza il rischio di contagiare altre persone. Ma sono ancora in fase di sperimentazione

Da quando è scoppiata la pandemia da Coronavirus in Italia la sua diffusione è stata accompagnata dal timore e dal sospetto che il numero reale di persone contagiate fosse molto più alto del totale di casi positivi effettivamente confermati. Un problema che si era intuito già dai primi casi di pazienti asintomatici – ovvero senza sintomi – in Cina ma che è diventato più urgente con la caccia al “paziente 0”, mai conclusa, e con l’esplosione dei contagi in Lombardia. Con i test sierologici però sarà possibile non soltanto verificare se una persone è stata positiva al Covid in passato, ma anche valutare se e come ha sviluppato l’immunità, contribuendo così anche a rispondere a un’altra domanda che assilla gli scienziati: una volta guariti, ci si può riammalare?

Iss: Risposte «in tempi brevi»

Il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli ha dichiarato che ci saranno risposte «in tempi brevi» ed in «pochi giorni» in merito alla validazione dei test sierologici da poter usare su un campione di larga scala. La validazione avverrà «sulla base di 4 criteri – ha spiegato – e dovranno essere test con una valenza nazionale, in modo che non vi sia il rischio di difformità tra le varie Regioni». I criteri sono:

  • le fasce d’età
  • le aree territoriali, anche sulla base della valenza epidemica
  • la differenza di genere uomo-donna
  • i profili lavorativi, anche in relazione alle attività di maggiore valenza strategica per la fase 2

Non si tratta di un tampone

A differenza dei tamponi, che misurano la presenza del virus nelle secrezioni, il test sierologico analizza il sangue. Potrebbero bastare anche le gocce di sangue su un dito, nei test rapidi, altrimenti servirà fare un prelievo. Non sono test diagnostici, nel senso che non servono a rilevare la presenza del Covid nel sangue di un paziente in un determinato momento, ma piuttosto servono a ricreare “la storia” del paziente per capire se in passato è entrato in contatto con il Coronavirus oppure no.

Si può ottenere questo risultato andando a cercare la presenza degli anticorpi specifici per il Sars-Cov-2, noti come anticorpi IgM, che vengono prodotti con l’infenzione ancora in corso e tendono a scomparire dopo qualche settimana, oppure le immunoglobine IgG, che invece compaiono in seguito e rimangono nel corpo a lungo, potenzialmente anche per interi mesi. La loro presenza associata a un tampone negativo potrebbero dare la garanzia che una persona non si possa riammalare di Covid, almeno nel breve termine, permettendo quindi il ritorno per loro a una vita normale e al lavoro, in maggiore sicurezza.

Serviranno anche per capire l’estensione del contagio e l’incidenza della mortalità in tutto il territorio. Per il momento sono in fase di studio e di sperimentazione in varie regioni e in alcuni casi sono stati fatti i primi test anche sul personale sanitario. A breve si passerà invece a sperimentarlo su altri gruppi a minor rischio rispetto a medici ed infermieri, per valutare la vera efficacia dei test e il loro potenziale.

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L’Aquila, il Coronavirus blocca ancora la città a 11 anni dal sisma. Mattarella: «La sua ricostruzione resta una priorità e un impegno inderogabile»

06 Aprile 2020 - 13:38 Redazione
Sergio Mattarella ha inviato una lettera al sindaco dell'Aquila: «L'Italia dispone di energia, di resilienza e di una volontà di futuro che ha radici antiche e che, nei passaggi più difficili della nostra storia, è sempre stata sostenuta da una convinta unità del popolo italiano»

Sono passati undici anni dal terremoto che, nella notte tra il 5 e il 6 aprile del 2009, ha cambiato per sempre la storia di una città e di un Paese intero. Nel vuoto e nel buio di Piazza Duomo, deserta e silenziosa a causa del Coronavirus, un fascio di luce azzurra ha aperto il cielo dell’Aquila in memoria delle 309 vittime che persero la vita sotto le macerie. Alle 23:30 di ieri, 5 aprile, un vigile del fuoco ha acceso un braciere, posizionato nei pressi della Chiesa di Santa Maria del Suffragio.

«Il ricordo della notte del 6 aprile di undici anni or sono è impresso con caratteri indelebili nelle menti e nei cuori dei cittadini de L’Aquila e di tutti gli italiani», ha scritto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una lettera all’attuale sindaco della città, Pierluigi Biondi. «Un terribile terremoto portò morte e devastazioni, gettò numerose famiglie nella sofferenza e talvolta nella disperazione, rese inaccessibili abitazioni, edifici, strade, costringendo a un percorso fortemente impegnativo, prima di sopravvivenza, poi di ricostruzione».

A distanza di undici anni da quella notte che seguì la domenica delle palme, i problemi che ancora accompagnano i cittadini aquilani si sommano a quelli portati dalla pandemia. I cantieri ancora incompiuti si sono nuovamente fermati per far spazio alla nuova emergenza e la piena rinascita della città dovrà tardare ancora a compiersi. Allora, l’attuale commissario per l’emergenza Covid-19 in Lombardia Guido Bertolaso, si trovava a ricoprire il ruolo di commissario per l’emergenza terremoto. Accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni per false rassicurazioni sul rischio sismico, venne poi assolto da tutte le accuse.

«La ricostruzione de L’Aquila resta una priorità e un impegno inderogabile per la Repubblica», ha scritto Mattarella. «Di fronte agli ostacoli più ardui possiamo avere momenti di difficoltà, ma l’Italia dispone di energia, di resilienza e di una volontà di futuro che ha radici antiche e che, nei passaggi più difficili della nostra storia, è sempre stata sostenuta da una convinta unità del popolo italiano».

Ieri sera, Biondi, che nel 2009 era sindaco del piccolo Comune di Villa Sant’Angelo, anche questo martoriato dalle perdite, e il cardinale Giuseppe Petrocchi hanno deposto un ramoscello d’ulivo benedetto sul luogo dove sorgeva la Casa dello Studente, sotto le cui macerie persero la vita 8 ragazzi. Alle commemorazioni erano presenti anche la prefetta della provincia dell’Aquila, Cinzia Torraco, e il sindaco di Barisciano Francesco Di Paolo, arrivato in rappresentanza dei comuni del cratere del terremoto 2009.

Il parere degli esperti:

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Immagine di copertina: credits: Twitter

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Smartworking? Studio a distanza? Al Sud 4 famiglie su 10 non hanno un computer – Il rapporto

Entrambe le pratiche sono diventate una norma a causa dell'emergenza. Ma per molte famiglie la "normalità" è fuori portata

Il lavoro agile e lo studio a distanza, adottati come soluzione temporanea per far fronte all’emergenza Coronavirus, sono stati oggetto sia di critiche, sia di lodi nelle ultime settimane. La pandemia ha accelerato il processo di digitalizzazione di questo Paese, si è detto in riferimento alla rincorsa da parte di professori, genitori e, in misura minore, studenti per imparare le basi così da poter seguire le lezioni da casa. L’epidemia ha anche sdoganato il lavoro da remoto come una pratica possibile e anche vantaggiosa per alcune aziende. Ma l’ultimo studio, pubblicato dall’Istat, mette in risalto uno dei limiti più grandi che caratterizza entrambe le cose e che limita severamente l’apprendimento scolastico: l’accesso ai computer.

Famiglie più svantaggiate nel mezzogiorno

Anche in questo caso le disuguaglianze condizionano l’efficacia di entrambe le soluzioni e, ancora una volta, incide il divario tra Nord e Sud. Secondo l’Istat, nel Mezzogiorno il 41,6% delle famiglie è senza computer in casa e solo il 14,1% ha a disposizione almeno un computer per ciascun componente. Un dato significativamente più alto rispetto alla media nazionale del 33,8%, una quota che scende al 14,3% tra le famiglie con almeno un minore. Soltanto in una famiglia su cinque circa (22,2%) ogni componente ha a disposizione un pc o un tablet.

Al Nord la proporzione di famiglie con almeno un computer in casa è maggiore, come è anche superiore il numero di famiglie in cui tutti i membri hanno un pc (il 26,3%). A Trento, Bolzano e in Lombardia – tre regioni “più virtuose” sa questo punto di vista – oltre il 70% delle famiglie possiede un computer, e la quota si avvinca al 70% in Veneto e, tra le regioni meridionali, nel Lazio.

Cosa manca ai ragazzi

La penuria dei Pc è un grande ostacolo dunque per molti ragazzi che in questi giorni non hanno altri modi per continuare la loro attività didattica. Negli anni 2018-2019 circa il 12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni non aveva un computer o un tablet a casa, una quota che si avvicina al 20% nelle regioni del Sud. Il 57% invece lo deve condividere con la famiglia e soltanto il 6,1% dei ragazzi (sempre tra 6-17 anni) vive in famiglie dove è disponibile almeno un computer per ciascun membro.

Non basta l’accesso a internet. Un grave problema a cui si aggiungono altre difficoltà. Innanzitutto, il sovraffollamento abitativo, che incide sulla concentrazione e sul rendimento, oltre che sull’accesso individuale ai Pc. Si tratta di un fenomeno che riguarda oltre un quarto delle persone e ben 41,9% dei minori. In più, nonostante i Gen Zers siano cresciuti nell’epoca del digitale e del web, stando ai dati Istat del 2019 meno di uno su tre dei ragazzi tra i 14-17 anni presenta alte competenze digitali (il 30,2%). Un tasso leggermente superiore tra le ragazze (il 32% contro la media del 28,7%), che dimostra tuttavia che l’uso frequente dell’internet non sia garanzia di competenza.

Foto di copertinaAnnie Spratt su Unsplash

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Foto, video, offerte di sesso (anche con minorenni): la pornografia infiltra Twitter, dalla Cina alla Sicilia

06 Aprile 2020 - 12:50 Felice Florio
Ragazzi, alcuni ancora studenti di liceo, coinvolti in un giro di prostituzione che si muove sulle chat dei social cinesi e arriva nelle spa e nei centri benessere delle maggiori città asiatiche

C’è una rete di centinaia di migliaia di account che guardano, condividono, e mettono “mi piace” a fotografie e video pornografici su Twitter. È un sistema di scatole cinesi: basta partire dal primo account, cliccare sugli utenti che interagiscono con lui e continuare questa attività per imbattersi in centinaia di migliaia di profili che mostrano interesse verso questo tipo di contenuti. I video totalizzano milioni di visualizzazioni e quasi tutti riprendono ragazzi asiatici mentre compiono atti sessuali. Ma non è solo un problema di diffusione di materiale pornografico.

L’account dal quale è partita l’inchiesta

Ci sono le evidenze per dire che una parte oscura di Twitter è stata trasformata in una bacheca di annunci sessuali: età, altezza, peso e città di provenienza è il tipo di biografia più utilizzata dagli utenti. Molti di loro condividono nel feed codici Qr e link per scriversi in privato su Wechat o Weibo. Non mancano, purtroppo, descrizioni del tipo «minorenne», «studente di liceo», «17 anni».

Screenshot di un account tradotto con il servizio di Google Translator

Un altro indizio che sembra condurre alle maglie della prostituzione è l’attività di alcuni account di spa e centri benessere sparsi per la Cina che invitano i clienti a raggiungerli per poter incontrare i ragazzi protagonisti dei video. I numeri di telefono sono in chiaro, così come l’indirizzo. E, ancora una volta, basta cliccare la sezione dei follower per aprire l’ennesima scatola di ragazzi che si offrono con tanto di nudi integrali.

Una spa di Pechino che offre «massaggi omosessuali»

Se nei video compaiono quasi esclusivamente ragazzi asiatici – le descrizioni dei post sono sia in mandarino che in giapponese -, sono persone geolocalizzate in tutto il mondo a seguire questi profili. Negli elenchi dei follower, tra i vari ideogrammi, è comparso persino un account localizzato in Sicilia e che mostra come immagine profilo il logo di Casapound.

L’utente di lingua italiana comparso tra i quasi 45.000 follower del primo account scoperto

L’organizzazione Rete italiana antifascista che svolge un’opera di controllo sui social se ne sta occupando. «Non ci capacitiamo di una cosa: è da dieci giorni che segnaliamo questi account a Twitter e, dalla piattaforma, non sono ancora intervenuti con la chiusura – racconta il fondatore dell’associazione Fabio Cavallo -. Dieci giorni in cui chiunque, anche i nostri figli, potrebbero aver visto quei video dato che Twitter è una piattaforma pubblica e accessibile da browser senza nemmeno registrarsi».

Anche la Rete dice di essersi imbattuta in account di minorenni: «Abbiamo visto un video pedopornografico, si trattava chiaramente di un bambino che offriva prestazioni sessuali». Cavallo conclude sostenendo che «il sito della Polizia postale italiana non funziona. In tanti nel nostro team abbiamo provato a segnalare questi profili anche alle autorità italiane, ma il form online da compilare non riconosce i link di questi account Twitter».

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No, nessun Istituto prestigioso sostiene un collegamento tra 5G e Covid-19

06 Aprile 2020 - 12:26 Juanne Pili
L'unico effetto avverso del 5G sarà quello di permettere la circolazione di bufale pseudoscientifiche sulla pandemia

Ci avete segnalato un voluminoso «studio», proveniente da un importante centro di ricerca americano. Ronald Neil Kostoff che firma il documento, presenterebbe evidenze di un collegamento tra rete Wireless ed effetti avversi sulla salute, arrivando a sostenere che il 5G sarebbe «Il più grande esperimento medico non etico nella storia umana».

Il presunto studio di oltre mille pagine, viene sbandierato oggi dai complottisti, che collegano l’ultima generazione della comunicazione mobile con un indebolimento del Sistema immunitario, tale da acuire la pandemia di Covid-19. Sarà vero? Per niente.

La presunta complicità del Georgia Institute of Techonology

Ronald Neil Kostoff non è un virologo, né un epidemiologo. Ha un Ph. D in Scienze aerospaziali e risulta effettivamente affiliato al Georgia Institute of Technology, il quale non ha partecipato al documento di cui Kostoff è la sola firma.

Nonostante il disclaimer nel testo con licenza Commons parli chiaro: «The views in this monograph are solely those of the author, and do not represent the views of the Georgia Institute of Technology», ecco come ne parlano i complottisti:

«“Il più grande esperimento medico non etico nella storia umana” è il titolo di un voluminoso rapporto di 1.086 pagine appena pubblicato in America dalla Scuola di Politica Pubblica del Georgia Institute of Technology, uno dei più importanti centri di ricerca tecnologica negli Stati Uniti, fondato nel 1885 ad Atlanta».

Mille pagine di Cherry picking

In mancanza di una pubblicazione su rivista di settore, con relativa verifica da parte di esperti (peer review), la monografia di Kostoff resta un insieme di congetture che si avvalgono di tutti gli studi appaganti il pregiudizio dell’autore: si chiama Cherry picking.

Il Cherry picking è quella fallacia logica che ci porta a collezionare correlazioni spurie tra fenomeni contemporanei – ma senza un collegamento causale dimostrato -oppure studi in laboratorio che non dimostrano alcun effetto sull’uomo, eccetera. Tutte cose già viste. Sono la cifra del documento redatto da Kostoff. Fatto così, anche se avesse 10mila pagine, non varrebbe di più. 

Esistono prove di effetti avversi della rete Wireless?

«Mentre la ricerca negli ultimi settant’anni ha mostrato prove concrete di gravi effetti avversi dalle radiazioni wireless, non è nota la portata completa del danno dall’infrastruttura di radiazione wireless esistente, tanto meno il danno atteso dall’infrastruttura 4G / 5G implementato rapidamente oggi», scrive l’autore.

Questo però semplicemente non è vero. L’autore è riuscito sicuramente a trovare studi sui topi che soddisfano i suoi pregiudizi e epidemiologici, dove si trova una correlazione spuria, ma niente di più. Per il resto, come facevamo notare in precedenti articoli, la letteratura scientifica negli ultimi 70 anni non ravvisa alcun effetto avverso accertato nelle persone.

Gli unici due studi più recenti – ritenuti i «migliori» – sono quelli dell’Istituto Ramazzini di Bologna e del National toxicology program (Ntp). Entrambi non mostrano evidenze significative di una pericolosità per le persone, figuriamoci nell’incentivare una pandemia.

Il nulla non può essere dimostrato

Riassumendo: Kostoff parte dal ragionamento – trito e ritrito – in base al quale, siccome non si riesce a dimostrare che le reti Wireless non sono pericolose, allora lo sono; quindi sarebbe in atto un esperimento sulla popolazione umana – senza il consenso dei cittadini – o al limite tramite un «consenso disinformato».

Siamo all’ultima fallacia logica, che spiega come mai documenti del genere – malgrado la lodevole dedizione nel portarli a mille pagine – poi non riescono a venire pubblicati su riviste scientifiche autorevoli, portando un prestigioso istituto dove Kostoff lavora, a far mettere un disclaimer, dove si spiega che non ne sono stati complici.

La fallacia è quella di pretendere che altri dimostrino il nulla, il quale per definizione non può essere dimostrato. Sono quelli che fanno una affermazione non riconosciuta dalla Comunità scientifica a dover presentare prove. Mille pagine che riportano una antologia di lavori poco significativi non sono una prova. 

Foto di copertina: Christoph Scholz | La Rete 5G.

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Coronavirus. Il messaggio Whatsapp complottista sulla Cina «C’è qualcosa che non va in questo virus»

06 Aprile 2020 - 12:00 David Puente
Un messaggio Whastaspp con informazioni false riguardo il coronavirus in Cina, tutto per alimentare il complottismo

Sta circolando un messaggio Whatsapp in cui vengono riportati alcuni dubbi in merito alla diffusione del nuovo Coronavirus in Cina, in particolare nelle città di Pechino e Shanghai. Il messaggio inizia con in questo modo:

C’è qualcosa che non va in questo virus
Wuhan a Shanghai = 629 km
Wuhan a Pechino = 1052 km
Wuhan a Milano = 8700 km
Wuhan a New York = 12000 km
Wuhan a San Paolo = 17.964 km
Wuhan a Londra = 8880 km
Wuhan a Parigi = 8900 km
Wuhan in Spagna = 9830 km
Wuhan in India = 3575 km
Wuhan in Iran = 6560 km
Qualcosa è sbagliato…!
Il virus cinese è nato nella città di Wuhan, in Cina, e ora ha raggiunto tutti gli angoli del mondo, ma questo virus non ha raggiunto la capitale della Cina: Pechino e la capitale economica: Shanghai, vicino a Wuhan.
Perché?

La segnalazione ricevuta da Carlo al numero 3518090911

Sostenere che il coronavirus non abbia raggiunto la capitale della Cina, Pechino, è un’affermazione falsa. Basta andare a leggere il sito Chinacdc.cn per leggere i report e i numeri dei casi riscontrati anche nelle città citate dal messaggio Whatsapp. Nonsolo, basta andare nella sezione dedicata del sito ufficiale Beijing.gov.cn per osservare i dati – anche in lingua inglese qui – aggiornati ad oggi 4 aprile 2020:

I casi di Covid-19 a Pechino in data 4 aprile 2020.

Lo stesso vale anche per Shanghai e tante altre città, ma a differenza di Wuhan il numero di casi è considerevolmente minore.

Pechino non è stata chiusa?

Il messaggio Whatsapp riporta quanto segue:

Pechino è la città in cui vivono tutti i leader della Cina, i leader militari vivono lì, quelli che controllano il potere della Cina vivono lì, e Pechino non è stata chiusa, non è stata messa in quarantena, non è stata chiusa. È aperto! Il virus cinese non ha alcun effetto lì.

Di fronte alla diffusione del virus le varie città della Cina, inclusa Pechino, avevano attivato sistemi di contenimento come la quarantena di 14 giorni per chi tornava nelle proprie abitazioni da altre zone del paese:

Beijing has ordered everyone returning to the city to go into quarantine for 14 days or risk punishment in the latest attempt to contain the deadly new coronavirus, state media report.

Pechino, per far fronte alla diffusione del virus all’estero, aveva attivato la quarantena per i nuovi arrivati in città per due settimane:

Beijing will quarantine all travelers from overseas, including Chinese citizens, at designated locations for 14 days as the government shifts its focus to limiting imported coronavirus cases.

Misure che avrebbero di conseguenza, visti i numeri diffusi, limitato la diffusione dei contagi anche nelle altre regioni al di fuori dell’epicentro cinese, Wuhan e la regione di Hubei.

La Cina non ha subito problemi economici?

Il messaggio Whatsapp riporta quanto segue:

Un altro aspetto molto importante è che il mercato azionario mondiale si è quasi dimezzato! Ma questo virus non ha effetti sul mercato cinese …! Perché?

Leggendo l’articolo del Financial Times del 16 marzo 2020 troviamo altre informazioni come ad esempio quella relativa alla produzione industriale calata del 13,5% nei primi due mesi del 2020:

Industrial output tumbled 13.5 per cent in the first two months of this year, the National Bureau of Statistics said on Monday. This would represent the largest contraction on record, according to Reuters data. The urban unemployment rate also surged to 6.2 per cent in February, the NBS said.

Grafico della produzione industriale in Cina. Il crollo è presente nei mesi di gennaio e febbraio 2020 proprio in corrispondenza con l’epidemia.

L’articolo del Financial Times riporta molti altri dati che smentiscono l’affermazione che il virus non abbia avuto effetti sull’economia della Cina. Le vendite al dettaglio, ad esempio, erano crollate del 20,5%:

The latest economic data also showed that China retail sales plummeted 20.5 per cent year on year in January and February and fixed asset investment fell 24.5 per cent, down from 5.4 per cent growth when the data were last reported.

Il complottismo

Il messaggio Whatsapp riporta una conclusione basata sulle falsità precedentemente riportate aggiungendo la teoria di complotto che il virus sia un’arma biologica della Cina:

Qualunque sia la risposta, indicano solo una cosa: il virus cinese è l’arma biologica della Cina, che la Cina ha lasciato per la distruzione nel mondo! Dopo aver ucciso alcune persone, la Cina ha ora controllato questo virus! Forse ha anche medicine che non condivide con il mondo!

Come abbiamo più volte spiegato a Open, il virus non è stato creato o manipolato in laboratorio e non è controllabile tramite chissà qualche sistema tecnologico. Si ribadisce comunque che le affermazioni riportate nel messaggio non provano in alcun modo le accuse.

Il testo completo del messaggio Whatsapp

Riporto di seguito il testo completo del messaggio Whatsapp:

C’è qualcosa che non va in questo virus
Wuhan a Shanghai = 629 km
Wuhan a Pechino = 1052 km
Wuhan a Milano = 8700 km
Wuhan a New York = 12000 km
Wuhan a San Paolo = 17.964 km
Wuhan a Londra = 8880 km
Wuhan a Parigi = 8900 km
Wuhan in Spagna = 9830 km
Wuhan in India = 3575 km
Wuhan in Iran = 6560 km
Qualcosa è sbagliato…!
Il virus cinese è nato nella città di Wuhan, in Cina, e ora ha raggiunto tutti gli angoli del mondo, ma questo virus non ha raggiunto la capitale della Cina: Pechino e la capitale economica: Shanghai, vicino a Wuhan.
Perché?
Pechino è la città in cui vivono tutti i leader della Cina, i leader militari vivono lì, quelli che controllano il potere della Cina vivono lì, e Pechino non è stata chiusa, non è stata messa in quarantena, non è stata chiusa. È aperto! Il virus cinese non ha alcun effetto lì.
Perché?
Shanghai è la città che gestisce l’economia della Cina, è la capitale economica della Cina, vivono tutti i ricchi della Cina! Quelli che fanno andare avanti l’industria. Non c’è nessun blocco lì, il virus cinese non ha alcun effetto lì !!!
Perché …?
Il virus cinese è un virus pandemico. Gli è stato detto che il panico dovrebbe essere creato in tutto il mondo, ma non verrà a Pechino e Shanghai.
È molto importante porre questa domanda alla Cina.
Il virus cinese ha creato terrore nelle grandi città del mondo, quindi perché questo virus non ha raggiunto Pechino …?
Perché non sei venuto a Shanghai …?
Perché …?
Pechino e Shanghai sono le aree adiacenti a Wuhan! Il virus Wuhan ha raggiunto tutti gli angoli del mondo, ma non ha raggiunto Pechino e Shanghai …!
Perché …?
Oggi, tutta l’India e 1,3 miliardi di persone sono rinchiuse. La nostra economia è paralizzata, ma tutte le principali città della Cina sono aperte e, dall’8 aprile, anche la Cina sta aprendo Wuhan! Il mondo intero è afflitto dal terrore! Tuttavia, non arrivano nuovi casi in Cina e la Cina è aperta …!
Perché?
Un altro aspetto molto importante è che il mercato azionario mondiale si è quasi dimezzato! Ma questo virus non ha effetti sul mercato cinese …!
Perché?
Qualunque sia la risposta, indicano solo una cosa: il virus cinese è l’arma biologica della Cina, che la Cina ha lasciato per la distruzione nel mondo! Dopo aver ucciso alcune persone, la Cina ha ora controllato questo virus! Forse ha anche medicine che non condivide con il mondo!
Perché…?
Perché è stato il più grande attacco terroristico nella storia umana. Anche con la partecipazione DIRETTA del presidente dell’OMS, un marxista militante etiope, guidato dalla dittatura cinese e posto alla presidenza dell’OMS attraverso lo sforzo diplomatico del governo cinese.

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Coronavirus, Piazza Affari apre in forte rialzo, sprint dei listini europei in attesa dell’Eurogruppo: il rallentamento dell’epidemia fa bene alle borse

I mercati restano volatili, vista anche l'andatura a tratti imprevedibile della pandemia. Le borse europee sono spinte dalla fiducia nell'Eurogruppo di domani. Bene anche Giappone e Usa

L’ottimismo dell’Istituto Superiore di Sanità italiano, che con tutte le cautele del caso ha aperto alla possibilità che l’epidemia di Coronavirus stia finalmente rallentando nel nostro Paese, sembra aver contagiato la borsa italiana. Piazza Affari ha aperto in forte rialzo: i primi minuti di scambio hanno visto il Ftse mib guadagnare il 3,5%. Apre a punti 200 base lo spread tra i titoli di Stato italiano (Btp) e quelli tedeschi (Bund) con un rendimento dell’1,60%, leggermente superiore a venerdì scorso, quando era dell’1,58%.

Le borse europee

Lo stesso trend in positivo si è visto per le principali borse europee. Il Dax a Francoforte ha messo a segno un +4,55% mentre a Parigi il Cac40 è cresciuto del +3,36%). Più contenuta la crescita a Londra, il Ftse 100 è aumentato del +2,55%. Il ricovero in ospedale del premier Boris Johnson, ancora affetto da Coronavirus, potrebbe anche aver inciso sul lieve calo del valore della sterlina.

Ad ogni modo, il rallentamento della pandemia in Spagna, Francia e in Italia apre alla possibilità di una parziale riapertura – il passaggio alla fase due – e quindi a una leggera ripresa dell’attività produttiva. Bisognerà aspetterà la riunione di domani, martedì, dei ministri delle finanze dell’eurozona per capire se all’ottimismo del rallentamento della pandemia si aggiungerà anche quello relativo a un “Piano Marshall” europeo, anche se le parziali aperture da parte della Germania e dell’Olanda fanno ben sperare.

Bene anche Giappone e Usa

Segnali di ripresa anche da Wall Street, dove S&P futures è aumentato del 3,6%, e dai mercati asiatici. Il Topix in Giappone e Kospi in Sud Corea sono cresciuti del 3,9%, mentre in Australia S&P&ASX 200 ha registrato un guadagno del 4,3%. A diffondere ottimismo negli Stati Uniti – dove pesa l’aumento nella disoccupazione al 4% e l’alto numero di richieste di sussidi, balzato a oltre 6 milioni – è stato il vicepresidente Mike Pence che ha parlato di un «barlume di speranza» all’orizzonte. Più cauto il governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, secondo cui è ancora troppo presto per valutare se è stato raggiunto il picco a New York.

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Coronavirus, rinvii fiscali, aiuti a imprese e fine anno scolastico: cosa c’è nei decreti in Consiglio dei ministri oggi

Esecutivo al lavoro per mettere a punto il decreto di aprile contenente le misure di sostegno per le imprese e le famiglie. Tra gli aiuti, lo stop a Iva, Irpef e contributi

È in programma per le 11 il Consiglio dei ministri al lavoro da giorni su un decreto legge con le misure urgenti per fronteggiare la crisi prodotta dall’emergenza Coronavirus e dare nuova liquidità alle imprese in difficoltà. All’ordine del giorno ci dovrebbero essere anche i dossier Golden Power e fisco.

Il decreto in attesa di approvazione contiene una proroga delle ritenute Irpef e Inps e dei versamenti Iva. Non sono ancora sul tavolo dunque – bisognerà aspettare fino a dopo Pasqua – il rifinanziamento della cassa integrazione, il bonus partite Iva e il reddito di emergenza.

Gli aiuti a imprese e partita iva

Il decreto consentirà alle banche di sostenere le aziende in difficoltà con una iniezione fino a 550 miliardi di euro. Uno dei nodi da scogliere riguarda chi, tra Cassa depositi e prestiti e Sace (società specializzata nel sostegno alle imprese italiane controllata da Cdp), si prenderà in carico le garanzie sui prestiti alle aziende e sulla loro entità, ovvero se saranno coperte al 100% o meno.

È certo invece lo stop ai pagamenti di aprile di Iva, ritenute e contributi per imprese e partite Iva con volumi di affari fino a 10 milioni e un calo nel fatturato del 25 per cento. Inoltre, non dovrebbe esserci nessuna sanzione per chi ha sbagliato i versamenti del 20 marzo scorso e ha saldato i conti di Iva e ritenute entro i 31 marzo. Lo stesso riguarda il mese di giugno: moratoria sulle sanzioni per chi ha sbagliato il calcolo degli acconti.

Sul tavolo anche la norma Golden Power, lo scudo anti scorrerie per proteggere l’assetto proprietario delle aziende italiane dalle scalate ostili .Tradizionalmente ha riguardato settori ritenuti strategici nell’interesse nazionale; adesso dovrebbe estendersi a settori come l’alimentare, l’assicurativo e il finanziario, coinvolgendo anche la piccola e media impresa.

Si decide sul destino dell’anno scolastico

Oggi il Consiglio dei ministri dovrebbe dare l’ok anche al decreto inerente la fine di questo anno scolastico e l’inizio di quello nuovo a settembre. Sono due le ipotesi che ruotano attorno alla data chiave del 18 maggio. Se si tornerà a scuola entro quella data, la maturità avverrà tramite una prova di italiano gestita dal Miur e una seconda prova gestita da una commissione interna. Nel caso invece non fosse possibile, ci sarà solo una prova orale. Per la terza media si va invece verso un esame “alleggerito”.

Allo studio anche un piano per una ripresa delle scuole con un maggiore distanziamento in classe se in autunno dovessero esserci ancora pericoli legati al Coronavirus.

Il parere degli esperti:

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